redazione il torinese

ARMA DEI CARABINIERI, UNA CAMPANA DELLA LIBERTA’ PER TORINO

I distretti piemontesi del Rotary 2031 e Lions 108 Ia1 donano alla Caserma Cernaia un sacro bronzo per celebrare il Primo Centenario dalla fine vittoriosa della Grande Guerra

‘Una campana fa un popolo’, recita un antico adagio. La saggezza popolare, infatti, ha sempre ragione: specie quando si trova a celebrare valori fondanti e fondamentali come l’unità e la menzione storica attraverso la funzione sacrale della Memoria. In occasione dalla fine vittoriosa per l’Italia della Grande Guerra (1918-2018), i distretti piemontesi di Rotary 2031 e Lions 108 Ia1, per sottolineare degnamente tale importante ricorrenza, hanno scelto di donare congiuntamente alla illustre Caserma Cernaia (dal 1864 a oggi Polo di riferimento assoluto nella formazione della Legione Allievi del Corpo dei Carabinieri) per lodevole iniziativa dei rispettivi Governatori Antonietta Fenoglio e Luigi Tarricone, una pregiata campana commemorativa che verrà benedetta e inaugurata con una cerimonia 13 ottobre 2018 alla presenza di numerose autorità. Per poi essere collocata definitivamente all’ingresso del rinomato presidio militare, su di una elegante struttura artistica in ferro battuto frutto dell’estro creativo dell’Architetto Sonia Bigando. Il prezioso manufatto artistico è stato commissionato alla ‘Pontificia Fonderia Marinelli’ di Agnone, in Molise, guidata dai Fratelli Armando e Pasquale, dall’anno 1000 a oggi la più antica fabbrica di campane al mondo dichiarata ‘Sito Patrimonio dell’Umanità’ dall’Unesco. Il bronzo ha un diametro di 50 centimetri, pesa 75 chilogrammi e suona la nota Sol bemolle. Sui quattro lati finemente decorati a mano dai Maestri d’arte Marinelli (da 30 generazioni alla guida della rinomata impresa) che ne fanno un pezzo unico di altissimo valore realizzato con secolari procedimenti artigianali rimasti immutati nel tempo, esso reca l’intitolazione ‘Campana della Libertà – Suono festosa rintocchi di pace’ accompagnata dallo stemma della Repubblica Italiana, i loghi e i motti dei Service Club (‘Servire al di sopra di ogni interesse personale’ per il Rotary, e ‘We serve’ per il Lions), inclusa la data di donazione.  Con in più un pensiero sincero alla secolare tradizione delle numerose Campane dei Caduti, un gioiello artistico, culturale e architettonico tipico del nostro Paese. La nuova ‘Campana della Libertà’ è, di fatto, la seconda campana celebrativa effettiva nella storia della città di Torino, dopo la prima (di cui si sono perse le tracce) anticamente posta sul campaniletto tuttora esistente della Torre Littoria nei pressi di Piazza Castello, fusa all’epoca proprio a ricordo degli eroi caduti nella Prima Guerra Mondiale. Aprirà i lavori il Prof. Giovanni Oliva, storico di fama, con un intervento sul tema: ‘La Grande Guerra 100 anni dopo’, l’ammaina bandiera alla presenza degli Allievi Carabinieri, il saluto delle autorità E un occhio sempre attento al sociale: una parte del ricavato dell’evento verrà devoluta a un orfano figlio di un militare dell’Arma caduto in servizio.

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“L’installazione della “Campana della Libertà” all’interno della Scuola Allievi Carabinieri, nell’evocare il ricordo dei Caduti della Grande Guerra, rappresenta simbolo di pace e fraternità”, dichiara il Colonnello Benedetto Lauretti, Comandante della Caserma Cernaia e della Scuola Allievi Carabinieri di Torino.”In un momento in cui sembra grandemente scemato il senso del dovere e dove i più esaltano prevalentemente i diritti, come Governatore del distretto 2031 del Rotary International ho sentito l’esigenza di ricordare quanti hanno combattuto, anche a costo dell’estremo sacrificio, per la nostra Patria. Per celebrare degnamente i 100 anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale ho deciso pertanto, unitamente al Governatore del distretto Lions 108Ia1, di donare una campana, simbolo di pace, alla caserma Cernaia, ove vengono formati i giovani Allievi dell’Arma dei Carabinieri che ha partecipato al conflitto con l’onore di sempre e che ancor oggi sempre la contraddistingue. Nel contempo, per unire a questo dono un gesto di solidarietà, verrà erogato un aiuto concreto per un bambino orfano di un Militare dell’Arma caduto in servizio” dichiara Antonietta Fenoglio, Magistrato e Governatore del Rotary Distretto 2031. Quale Governatore sono molto onorato di rappresentare tutti i soci del Distretto Lions 108ia1, in questo momento importante di memoria e di solidarietà, unitamente a tutti i soci del Distretto Rotary 2031.  Sottolineo questo grande segno di unità tra Rotary e Lions per un fine comune come quello della solidarietà per questo giovane che ha perduto il papà nell’adempimento del Suo dovere di militare a difesa della nostra sicurezza. Donare la campana a memoria della fine della Grande Guerra spero sia di auspicio per una vita senza più conflitti di ogni genere e contemporaneamente sia un segno di riconoscenza verso l’Arma dei Carabinieri che, ogni giorno, senza mai sosta e sacrificando anche vite umane, garantisce la nostra libertà e la nostra sicurezza”, racconta Luigi Tarricone, Dottore Commercialista e Governatore del Lions Distretto 108 Ia1.

Conclude infine il giornalista Maurizio Scandurra, designer della campana nonché Testimonial dell’Azienda produttrice: “Ancora una volta un sacro bronzo celebrativo della ‘Pontificia Fonderia Marinelli’ trova spazio a Torino, in oltre mille anni di storia di fama mondiale. Felici di averla realizzata per un’occasione così ricca di significato, in un contesto altrettanto degno di nota quale la culla della formazione dell’Arma dei Carabinieri grazie alla straordinaria, generosa sensibilità dei distretti piemontesi del Rotary e del Lions: e, in primis, dei rispettivi, autorevoli Governatori. Con una menzione speciale per il socio rotariano Giorgio Bolognese del Torino Ovest, anche insigne compositore, pianista e Direttore d’orchestra, per aver sapientemente coordinato tutte le operazioni che hanno permesso di arrivare al grande giorno, dal primo bozzetto alla solenne inaugurazione”.

 

“Emergenza” produzione a Mirafiori

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Si tratterebbe di “emergenza” per il Polo produttivo Fca di Torino

in relazione ai modelli Maserati. Lo sostiene il sindacato della Fim Cisl. La quota di  produzione della Levante a Mirafiori nei primi nove mesi 2018 è scesa da 26.000 a 16.000 esemplari, una diminuzione del 39% rispetto allo stesso periodo dell’anno prima. A luglio si è poi  interrotta la produzione dell’Alfa Romeo Mito, a quota 9.857 unità, mentre a Grugliasco la  Quattroporte è scesa da 3.283 a 2.485 unità la  Ghibli da 10.729 a 8.722 (-18,7%).

 

(foto: il Torinese)

Dipendenti Città della Salute donano i giorni di ferie ad un collega

Una storia di grande solidarietà ed umanità. Per la prima volta alla Città della Salute di Torino un gruppo di nove dipendenti dona una parte dei propri giorni di ferie ad un loro collega. L’articolo 34 del nuovo CCNL del personale del comparto sanità dello scorso maggio 2018 (personale non dirigente) stabilisce che su base volontaria ed a titolo gratuito, il dipendente può cedere, in tutto o in parte, ad altro dipendente della stessa Azienda che abbia necessità di prestare assistenza a figli minori che necessitano di cure costanti per particolari condizioni di salute. E’ quanto appena accaduto per la prima volta negli ospedali della Città della Salute, dove in considerazione di specifica richiesta da parte di un dipendente dell’Azienda, corredata di idonea documentazione, di poter utilizzare ferie e festività aggiuntive, è stato fatto apposito avviso da parte dell’Amministrazione del Personale a tutto il personale dipendente del comparto. Un gruppo di nove dipendenti ha risposto ed ha donato a titolo gratuito i 30 giorni che necessitavano al loro collega. Una storia a lieto fine. Nel frattempo è già arrivata una nuova richiesta di aiuto e di solidarietà. Ora l’Azienda farà un ulteriore avviso con la certezza che i propri dipendenti risponderanno prontamente come nel primo caso.

M5S, “Regionarie” al via

Martedì 9 ottobre tutti gli iscritti al MoVimento 5 Stelle del Piemonte abilitati a votare su Rousseau (da Statuto possono votare gli iscritti entro il 22 giugno 2018 con un  documento certificato), potranno votare per scegliere i candidati della futura lista M5S per la Regione Piemonte. Ogni iscritto avrà a disposizione 3 preferenze e potrà vedere solo i candidati della sua provincia: cliccando sul nome di ogni candidato potrà leggerne il profilo. Alla fine i 10 candidati più votati,  almeno uno per provincia, potranno proporre la candidatura a Presidente. La votazione avviene sulla piattaforma Rousseau  dalle ore 10 alle 19 di martedì , spiega il  “Blog delle stelle”.

Un morto e un ferito per un sorpasso azzardato

Ieri sera in via Reiss Romoli un drammatico incidente stradale il cui bilancio è di un morto e un ferito. Un’Audi A7 in fase di soprasso a velocità elevata ha speronato un’alfa Romeo. Per il conducente di quest’ultima, Antonio Matarrese di 54 anni, non c’è stato nulla da fare. L’uomo alla guida dell’Audi è rimasto ferito. La polizia municipale sta svolgendo gli accertamenti per capire l’esatta dinamica dello scontro.

Il Salone nel salotto buono

Apro un elegante Adelphi a metà prezzo (e già questa è una tentazione) e l’aforisma di Cioran colpisce come una stilettata: “Niente si può dire di niente. Per questo non ci può essere limite al numero di libri”.

Tipico incontro da Portici di Carta: frugare tra le bancarelle, trovare un titolo a lungo cercato, scoprire qualcosa che non ci si aspettava, convincersi con un improvviso innamoramento – perché in fondo, questo è il rapporto che ogni buon lettore ha con i suoi libri – di non poter fare a meno proprio di quel testo, oppure, in un completo ribaltamento di prospettive, arrivare con l’idea fissa di trovare quel libro, quell’autore, magari completare una serie, una saga, addentrarsi ancor di più nelle pagine che una volta ci hanno colpito e fallire nella lunga caccia, tornando però a casa con chissà quanti altri trofei letterari da impilare, ripulire, sistemare soddisfatti, quasi dimenticando che in realtà quel testo – maledizione! – ancora manca alla vostra libreria, e chissà quali nuovi mondi e nuove ricerche vi apriranno i nuovi amici che avete accolto negli scaffali della vostra abitazione.Portici di Carta è una molteplicità di esperienze, un bouquet, e dico bouquet con l’accezione che la parola ha nel linguaggio del sommelier o del profumiere, perché davvero si tratta di un’esperienza assieme intellettuale e sensoriale, fisica e metafisica, un viaggio che si dipana in pieno centro, da Porta Nuova a Piazza Castello, su entrambi i lati di via Roma, attorno al Caval ‘d Brons, a piazza Carlo Felice.Qualche tempo fa, pareva addirittura che qualche ombra incombesse sul futuro dell’iniziativa, la quale non si conclude certo con la vendita di libri usati, ma si estende con iniziative culturali, letture e attività rispetto alle quali ciò che in queste righe si narra è, paradossalmente, solo una piccola parte.

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Portici di Carta è la controparte del primo autunno al Salone del Libro, è un’altra testimonianza del rapporto stretto e sempre di successo tra la città e i suoi libri, l’uno concentrato nel Lingotto, regolamentato dai biglietti, documentato su scala nazionale; l’altro è libero, attraversa il salotto buono di Torino, si guadagna al massimo la citazione al tiggì regionale, accompagna turisti, visitatori, passanti lasciando loro lo spazio di andare dove devono andare sussurrando appena “vieni a dare un’occhiata, non ti deluderò”; c’è l’elegante e sabaudo anziano signore con cappotto beige che discute di antiquariato e bibliofilia, ci sono padre e figlio che frugano tra i fumetti e non si capisce chi dei due si diverta di più, probabilmente il babbo, ma capita anche che, all’improvviso, il gruppetto di ragazzi o la coppietta intenta alla passeggiata mattutina scarti improvvisamente dal suo cartesiano recarsi in un luogo preciso ed all’ora precisa, per dare un’occhiata (” ma sì, non compro niente” oppure ” vediamo, tanto per vedere, se c’è qualcosa di interessante; anzi, adesso che mi viene in mente, chissà se ha…”) e ritrovarsi improvvisamente avvinti dalla ricerca, dallo scartabellare avanti e indietro, sotto le pile di libri disordinate oppure, con due delicate dita, togliendo il libro dalla fila nel quale è stato ordinatamente infilato e controllato con occhio vigile dal libraio poco distante.Al Salone del Libro si va perché si va, è scopo esso stesso; è un evento pop, ci va l’appassionato, il lettore medio, il lettore sporadico, ci si va per comprare, per affari o per conferenze di ogni genere, per l’autografo o per poter dire di esserci stati; di Portici di Carta, se non te ne ricordi o non ne sei appassionato, è probabile che te ne dimentichi, al massimo ti viene in mente passandoci: ah già, c’è Portici di Carta, è una manifestazione intimamente torinese, un po’ vintage, amante dell’understatement.

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È in tono minore, ci sono editori, librai, robivecchi, si comincia con l’usato, l’antico, il consunto e l’antiquario, poi, nel primo tratto di via Roma, avanti piazza CLN, comincia la transizione verso il nuovo, oltre ci sono le librerie e gli espositori di qualche casa editrice locale; per quanto mi riguarda, dirò della magia del primo tratto, fino più o meno all’incrocio con via Cavour, perché è lì, al confine dove le bancarelle più di tutte simili ai boquinistes parigini si interrompono che la magia di Portici di Carta si esaurisce ed anche perché è lì- quasi sempre dopo aver percorso in almeno tre ore il primissimo tratto – che mi fermo, attraverso la strada e riprendo ad andare verso la stazione dalla parte opposta: le gambe cominciano a fare male e anche le finanze cominciano a scarseggiare, meglio passare dall’altro lato prima che sia troppo tardi. Inevitabilmente, il primo vantaggio di Portici di Carta è il notevole risparmio economico che quest’iniziativa garantisce all’acquirente, tanto più se questi è il tipico lettore forte, che saccheggia le librerie, non ha una particolare propensione all’estetica del libro, lui vuole, per prima cosa e su tutto, leggere, conoscere, vivere mille vite, ignora altri vizi e seduzioni ma in cuor suo sa che sì, se c’è una ragione per violare il settimo comandamento, i libri sono la Ragione per eccellenza, forse perché i libri sono una forma di fame e qualcuno ha cantato che non è peccato il rubare quando si ha fame.A questo genere di persona i costi della carta stampata sono ben noti, costi legati al grande dilemma aperto dalla necessità di pagare come dovuto chi lavora per la conoscenza e il bisogno, da parte di chi cerca la conoscenza, di potervi accedere a prezzi ragionevoli, dilemma non troppo diverso dal complicato dibattito che in rete si protrae tra open source e diritto d’autore.

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Portici di Carta è una buona soluzione: si possono spendere cifre relativamente alte -anzi, considerato che semel in anno… – ma con un prezzo medio per libro decisamente appetibile: da diversi anni, alla fine dei conti spendo per una ventina di libri circa 3,50 euro a volume; contemporaneamente, si accede a una quantità di testi variegata tanto in argomento, quanto in età e diffusione, si può fare il colpaccio acquistando un libro usato da pochi anni o risparmiare notevolmente acquistando testi di una quarantina e più di anni fa. Ce n’è per tutti i palati, edizioni eleganti ed altre decisamente scarse, libri in ottimo stato e libri che lo sono un po’ meno, ma d’altra parte, se l’occasione è unica, si può anche accettare un testo che esibisce fieramente le ferite del tempo. Occorre anche un po’ di pazienza, è vero, accettare di frugare in mezzo a tanti testi di dubbio valore, la fanno da padrone devozionali, santoni, chiromanti, esoteristi, erotismi di dubbia raffinatezza per non parlare dell’onnipresente letteratura sul fascismo (per non parlare di ninnoli, oggettistica ed altro materiale tra il nostalgico e il kitsch che qua e là si vede) e il nazismo, non sempre di alto valore storico, e gli ibridi un po’ inquietanti di erotismo esoterico o esoterismo nazista, ma, se si riesce ad attraversare questo strato ingombrante e superficiale – che deve però avere mercato, visto che altrimenti tali testi non sarebbero continuamente riproposti sulle bancarelle – praticamente in ogni bancarella troverete qualcosa che varrebbe la pena comprare, che soppeserete, confronterete, abbandonerete magari per ritornarvi alla fine del giro oppure ritroverete a un prezzo più o meno conveniente qualche stallo più avanti.Si diceva di Portici di Carta come esperienza: il consiglio è di andare a Portici di Carta come si va al mercato, oppure considerarlo un semplice diversivo alla passeggiata; specialmente se si è lettori appassionati, conviene organizzarsi, scarpe comode, zaini o trolley capienti, magari amici con i quali chiacchierare, scherzare, contendersi i testi furiosamente, scambiarsi consigli e passare tempo in compagnia.

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Portici di Carta è la quintessenza della flânerie letteraria, e dunque occorre atteggiarsi a flâneur, passarci ore, andando pian piano senza saltare nulla, godersi l’umidità triste di questo principio di autunno ormai irreversibilmente diretto verso il freddo, senza più la settembrina illusione estiva, il profumo di libri, di vecchio, di sigaro dei librai, sostando per arrivare finalmente faccia a faccia con i volumi, i veri protagonisti. Ognuno di essi, proprio perché usato, ha una storia, ha una vita che lo accompagna che incrocia la vostra e non attende nient’altro che diventarvi compagno fedele, ha trasceso la sua dimensione di oggetto e pure quella un po’ ingombrante, capace di intimorire, di severo custode della conoscenza: ce n’è per tutti i gusti, da una ricca messe di fumetti, di ogni genere e spesso pronti a farvi ritrovare quel numero che vi mancava, ai romanzi fino a ricchissima e interessante saggistica, molto spesso non più ripubblicata. Si può scherzare su certi titoli bizzarri, ci si può commuovere per qualche istante pensoso di fronte a una raccolta di libri raffinata, varia e interessante, evidentemente appartenuta alla stessa persona i cui parenti, alla sua dipartita, hanno deciso un nuovo destino per quei testi letti, amati, appuntati, un destino che può essere incarnato dal passante che li incrocerà e si deciderà a metter mano al portafoglio riportandoli al caldo di una casa e all’amore di un lettore; si può sfogliare un testo che pure non si comprerà, senza timore, per la curiosità di vedere quello che contiene; si potrà pensare a quale Jorge da Burgos abbia scritto il minaccioso cartello che invita a non bagnarsi i polpastrelli per sfogliare libri vecchi e preziosi, e non importa che il divieto sia dovuto al pericolo di guastarli con macchie antiestetiche; si potrà viaggiare nel tempo tenendo tra le mani fotografie, cartoline, oggetti da collezione o testi antiquati che pure, sicuramente, avrebbero tanto da raccontarci e rivelarci, si potrà acquistare un testo meravigliandosi della sua perfezione, del suo essere intonso dopo quarant’anni o, al contrario, incuriosirsi propri per quella dedica o quelle fitte note che un altro testo contiene; si potrà restare a lungo indecisi sul da farsi, se comprare o meno, sapendo che certi treni, per i libri come nella vita, passano una volta sola, oppure agire d’istinto, sapendo che bisogna avere quel libro, come mi è capitato trovandomi improvvisamente tra le mani una copia de “Il ponte di San Luis Rey” tornato di attualità dopo i recenti fatti di Genova e consigliato da Montanelli ad ogni giornalista, oppure acquistare senza sapere bene perché il libro che probabilmente traguarderete a lungo, abbandonato su qualche scaffale, senza ricordare il motivo preciso per il quale abbiate deciso di farlo diventare vostro compagno di strada, per poi ricordarsi che ogni libro usato è prima di tutto un incontro, e di ogni incontro porta con sé le dimensioni della scoperta e della curiosità, dell’amicizia non necessariamente istantanea, il colpo di fulmine o l’inaspettato e l’altro. Ogni anno, ad un certo punto, la passeggiata arriva alla fine, più di questo non si compra non solo perché il budget si è esaurito, ma perché sì è soddisfatti, più di così quest’anno la manifestazione non poteva dare al lettore, che può felicemente ingrandire l’infinita lista di libri che lo attendono, pronto a svicolare all’eterna domanda del povero di spirito, se li leggerà mai tutti, attendendo l’anno prossimo per quel mattino di ottobre in cui avrà di nuovo da camminare a lungo per la sua bella Torino godendo di queste semplici bancarelle dove i libri si mescolano al tempo e alla vita, ricordandoci perché da così tanti millenni siamo incapaci di fare a meno della lettura e della parola scritta.

Andrea Rubiola

(foto: il Torinese)

 

 

L’ansia di raccontare indebolisce l’affresco della Germania, tra nazismo e DDR

Pianeta Cinema a cura di Elio Rabbione

A Florian Henckel von Donnersmarck – per parte di madre discendente da quel generale von Blücher che con Wellington sconfisse Napoleone a Waterloo – è tornata la voglia di raccontarci (dopo l’intermezzo affatto felice di The Tourist) della sua Germania, della sua Storia travagliata nel Novecento, del catastrofico bombardamento su Dresda, del passato ingombrante, del nazismo e della DDR, di quanti si siano riciclati da un regime all’altro, conducendo la storia di Opera senza autore (il film più gettonato dal pubblico presente all’ultima Mostra di Venezia ma snobbato dalla giuria di Guillermo del Toro) attraverso la colonna portante dello sguardo, come nel precedente Le vite degli altri, vincitore dell’Oscar nel 2007, era l’udito a guidare la vicenda delle intercettazioni e l’attenzione del pubblico. A quello stile altamente e sofisticatamente drammatico, calibrato, attraversato da significative suggestioni, il regista preferisce oggi operare attraverso il drammone, il romanzone popolare umanamente sfacciato, gli scossoni delle tragedie familiari, gli intrecci più o meno inaspettati, i buoni e i cattivi a fosche tinte espresse al centro di un manicheismo puro e leggermente urticante, le sbandierate emozioni, dandoci – in una ricostruzione pur rispettosa delle diverse epoche – 188’ di cinema che soprattutto ben oltre la prima metà giocano a infilare fatti e le troppe particolarità che non evitano di certo il ripetitivo, lo sbandieramento di un percorso che ti aspetti di trovare in un prodotto televisivo. Ammettiamolo, inizi a guardare l’orologio abbastanza in là, ma alla fin fine i tempi diventano lunghi e in parecchie occasioni angoli di noiosaggine. S’invocano le cesoie di rito: e in primo luogo, se ti mettessi a fare una graduatoria, è chiaro che la robustezza, la sincerità, il racconto forte e asciutto delle Vite la vincerebbero di gran lunga sull’avventura dell’artista Kurt Barnert. Che vive i suoi primi anni sotto il nazismo, protetto e istruito da una giovane zia libera di pensiero ma altrettanto instabile mentalmente, pronta a fargli conoscere la bellezza dell’arte come quella che altri definiscono “degenerata” e lui disposto con i suoi grandi occhi a farsi rapire dalle opere di Grosz, di Klee o di Kandinski. In un regime che sceglie la purezza della razza e manda i figli al macello, riportando morti e feriti, non c’è posto per la giovane donna in case di cura o in ospedali, e verrà con altre disgraziate gasata. Nella sua autobiografia, Elia Kazan scrisse: “Negli individui dotati di doni misteriosi, ho notato che spesso, nella loro vita, avevano subito, presto, una ferita e ciò li ha spinti a impegnarsi di più o li ha resi ipersensibili; il talento, il genio, è la crosta sulla ferita, è lì per proteggere un’area debole, un’apertura verso la morte”. A Donnersmarck la metafora è piaciuta, Kurt – presa a prestito la vita dell’artista Gerhard Richter – ha alle spalle quella ferita e su quella ferita e nel suo superamento costruisce la propria maturità. Nel nuovo regime sovietico, dove la pittura è al servizio del popolo, dove s’inneggia al lavoro e alla solidarietà ma dove pure il genio è guardato con sospetto, una sorta di pericolo per l’ordine prefisso, vive la sua storia d’amore con Ellie e il rapporto con il suocero, il famosissimo e ambiguo professor Seeband, dal passato che nasconde più di un segreto, pronto a disapprovare con ogni mezzo quell’unione. Conosceranno insieme l’Ovest e le nuove avanguardie: è il momento convincente del film, allorché Kurt, attraverso i ricordi legati al passato, individua e stabilisce una propria strada, salda nella realtà ma altresì guardata attraverso la lente sfocata della memoria. Componendo le proprie tele, in un silenzio che si affida unicamente alle immagini, Kurt e l’intero film abbandonano quel fastidioso didascalismo che attraversa l’intera vicenda, Donnersmarck rinuncia a voler raccontare a tutti i costi, con estrema insistenza, lascia che le immagini, in una storia pensata “per” e “attraverso” la pittura, parlino da sole.

 

Sospesi gli abbattimenti dei cinghiali nel Torinese

ORDINANZA DEL TAR PIEMONTE

 

Vittoria giudiziaria delle associazioni animaliste LAC, LAV, SOS GAIA, OIPA nella causa  contro la Città Metropolitana di Torino. Con l’Ordinanza n. 403 della 2° sezione del  TAR Piemonte , depositata la sera del 4 ottobre,  viene fissato in fase cautelare dai Giudici amministrativi un punto fermo  in materia di controllo straordinario della fauna selvatica: gli abbattimenti di animali devono essere l’extrema ratio, potendosi eseguire solo se l’Istituto Superiore per la Protezione la Ricerca Ambientale (ISPRA) certifica l’iniziale inefficacia di interventi ecologici alternativi incruenti. Il pretesto dei costi degli interventi di prevenzione non giustifica alcuna violazione della normativa statale.Il prossimo 10 gennaio 2019,  nella udienza di merito,  le associazioni ricorrenti, assistite dallo studio Fenoglio-Callegari di Torino, auspicano di far annullare in via definitiva il  decreto del consigliere delegato n. 533/2017,  “Programma per il contenimento del cinghiale (Sus scrofa) anno 2018”, approvato dalla Città Metropolitana (ex Provincia) di Torino.Ora ci aspettiamo che il Vicesindaco Marco Marocco  (M5S) della Città Metropolitana di Torino,  titolare della delega sulla materia, concordi con le Associazioni ricorrenti, come promesso negli incontri svoltisi nel corso di quest’anno, un Piano 2019 di controllo del cinghiale rispettoso degli animali selvatici e della legge.

Per:

LAC,   LAV,   OIPA, SOS Gaia

 

    Roberto Piana

Vice Presidente nazionale LAC

 

Salvate il liceo classico, ultimo baluardo contro la deriva

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di Pier Franco Quaglieni

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Che il governo giallo-verde si occupi di cultura e di scuola diventa di per sé un motivo di grave ansia e di notevole preoccupazione. Non hanno le basi per affrontare questi temi, come non hanno le basi per affrontare i temi dell’economia e della politica estera, come appare sempre più evidente
Un ministro dell’istruzione ex professore di educazione fisica è già di per sè un biglietto da visita certo non molto qualificante, anche se il precedente della ministra Fedeli costituisce una vetta difficilmente raggiungibile.  Ma la Fedeli almeno, da quanto si sa,  non ha cercato di cimentarsi su temi a lei del tutto sconosciuti come quelli relativi al liceo classico, un tema parimenti estraneo al ministro in carica che, però ,intende occuparsi dell’argomento ,promuovendo  una serie di sei seminari ,il primo dei quali si è tenuto a Torino il 4 ottobre al liceo d’Azeglio.  Il fine di questi incontri  non è tanto raccogliere idee, un intento di per sé sempre lodevole, quando quello di iniziare a parlare in concreto della modifica del curriculo scolastico  del liceo classico. Constata la diminuzione del numero degli allievi iscritti al liceo classico ( tutti gli ordini di scuola hanno subito , in verità , un calo dovuto alla decrescita demografica), i Soloni ministeriali di viale Trastevere vorrebbero “aggiornare” i programmi scolastici del liceo classico, inserendo  più elementi scientifici e linguistici stranieri con l’inevitabile riduzione delle materie qualificanti che sono il Latino , il Greco, la Storia dell’Arte, per non parlare della Filosofia e della Storia.  Vorrebbero insegnare il Latino e il Greco (sic) in modo più moderno. Era già un progetto che il ministro Gelmini aveva avviato, danneggiando il liceo classico a vantaggio di altri tipi di scuola.

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Il quotidiano “Repubblica” dà incredibilmente  una mano al ministro -ginnasta e scrive testualmente : ”Solo una revisione  coraggiosa del percorso e del modo di insegnare quelle che gli studenti percepiscono come lingue “morte” potrà invertire la tendenza”. Cosa significhi la “revisione coraggiosa” non ci è concesso sapere.  Sulle cosiddette lingue morte ci sarebbe molto da dire. Basterebbe rileggere Concetto Marchesi e lo stesso Augusto Monti per rendersi conto della demagogia che si è fatta attorno agli studi classici che i comunisti definivano tout -court classisti, ma che uomini di sinistra come Marchesi e Monti appunto  difesero a viso aperto.  Gli studia humanitatis aprono la mente, non hanno un’utilità pratica come l’estimo per i geometri. Solo i grossolani pensano che una scuola debba insegnare solo nozioni pratiche e immediate come una scuola guida.  Aver studiato o non aver studiato le lingue classiche continua a fare una differenza anche nell’epoca di internet. Anzi, soprattutto in epoca di internet. Ritorna oggi , non a caso, la vecchia, logora polemica, ammantata da pretesti pedagogici  solo apparentemente nuovi. La verità è una sola. Vogliono smantellare il liceo classico, quello che crea spirito critico e consente anche giudizi politici autonomi, non legati all’”uno uguale uno”.

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Aver letto Cicerone e Seneca, Virgilio e Tacito, Omero, Tucidide  e i tragici greci  fa la differenza.   Umberto Eco parlava dei Babbei di internet e della loro stupidità . E aveva ragione.   Certo i padani o i grillini non sono in grado di capire discorsi che appaiono loro  astrusi e fuori dalla  portata intellettuale di gente che non ha studiato ed esibisce la propria ignoranza come una virtù’.  In un Paese alla deriva in cui il valore della cultura è disprezzato, un ultimo baluardo volto a formare giovani titolari del proprio cervello, verrà abbattuto con l’intesa di tutti i demagoghi e di tutti gli ignoranti che purtroppo sono la diventati la maggioranza. Un arco di  consensi che metterà insieme la sinistra e i nuovi governanti.  Un liceo classico con qualche residua  nozione di latino e greco può anche chiudere i battenti: non avrebbe più nessun significato culturale ,sarebbe  un segno dell’imbarbarimento dei tempi che viviamo.  Un nuovo Medio Evo molto prossimo in cui saremo destinati a precipitare, ci attende inesorabilmente . Ciò che non è riuscito a fare ,cinquant’anni fa, il ’68, riusciranno a farlo i nuovi governanti che, andando ben a vedere , sono proprio i figli o i nipoti dell’ignoranza che generò la contestazione studentesca e il facilismo che ne derivò e che promosse “oves et boves “che, tradotto, significa pecore e buoi, cioè tutti, animali compresi.    

 

 

scrivere a quaglieni@gmail.com