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Il libro di Arrigone: emergenza gioco d'azzardo

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Un prezioso lavoro sul gioco d’azzardo patologico, dello psicanalista milanese

 

 Joseph Huizinga, storico olandese, celebre per i suoi studi sulla storia della civiltà, in particolare quella medievale, scriveva nel 1938 che “la civiltà umana sorge e si sviluppa nel gioco come gioco”. Questa affermazione è ben presente nel libro di Marzio Marino e Carlo Arrigone “GAP – Il gioco malato”, edito per i tipi di Odon. Arrigone, 55enne , psicanalista che opera a Milano e in provincia di Varese, si occupa anche di nuove dipendenze, dal gioco, allo shopping, a quelle affettive che sono le più diffuse in quest’ultimo periodo.

 

Dottore, qual è la dimensione locale del gioco d’azzardo patologico ?

E’ difficile dire qualcosa a livello locale, anche se è evidente che si è registrato un certo allarme. Del resto i dati a livello nazionale parlano chiaro, con un giro che va dagli ottanta ai cento miliardi annui di euro. La dipendenza interessa una popolazione di 17 milioni, e le ultime tendenze vedono in crescita le slot ed il gratta e vinci rispetto al superenalotto

 

C’è un identikit del giocatore d’azzardo ?

Ai gioca a tutte le età dai 15 anni in su. Sono moltissimi i giovani che giocano, soprattutto nel gioco on line,  ma il problema è trasversale ad ogni età e ad ogni ceto sociale. Sicuramente oggi la maggiore diffusione è data dalle slot machines nei bar o nelle tabaccherie. Per ritornare alla domanda di prima, i pazienti che passano dal mio studio vanno dai 16/18 anni ai 60/65 e per questo motivo c’è l’allarme sociale in tutti i territori di cui dicevo poc’anzi.

 

Che cosa l’ha portato a scrivere questo libro e ad occuparsi di questo argomento ?

Anni fa, collaborando con il responsabile del Sert di Varese avevo fatto ricerche ed interventi di trattamento su un gruppo di giocatori patologici.

 

Il gioco d’azzardo è una dipendenza. Ci sono gruppi anonimi di giocatori che seguono dei percorsi simili agli alcolisti anonimi ?

Si ci sono anche i gruppi di giocatori anonimi, sono tutti composti da persone che hanno vissuto sulla loro pelle l’esperienza del gioco

 

Quali sono le motivazioni che portano una persona a sfidare la sorte ?

Tante volte è difficile trovare un motivo specifico. C’è il giocatore che inizia spedando di vincere, di avere un guadagno facile con poco sforzo, ma questa è soltanto la punta dell’iceberg. Le motivazioni, in realtà, sono più profonde e vanno dalla necessità di evadere, di sfidare la sorte, ci sono poi problemi personali legati ad eventi traumatici come il lotto, una perdita, una separazione o un divorzio. E il gioco diventa un modo per colmare la perdita. In sintesi per i giovani c’è l’orgoglio, il narcisismo, la sfida alla sorte, per gli anziani il problema è quello della solitudine, cui  il gioco dovrebbe colmare un vuoto.

 

Che rapporto c’è con la criminalità ?

Se si parla di criminalità organizzata sappiamo tutti come stanno le cose, ove c’è l’affare la criminalità si insinua se more e la maggior parte dei sistemi di gioco sono controllati da questa, con conseguenze quali l’usura. Don Luigi Ciotti e l’associazione Libera, con le loro profonde ricerche hanno affrontato questo problema.

 

Lo Stato, però, è un Giano bifronte, da un lato ci guadagna attraverso il Monopolio, dall’altro predica le buone prassi e mette in guardia dai rischi di dipendenza …

I guadagni del Monopolio di Stato non sono poi così forti proporzionalmente rispetto alla  diffusione si questo tipo di mercato. A parte questo, soprattutto a livello di enti locali ci sono in campo diverse iniziative.La spinta locale deve però arrivare al livello centrale. In ogni caso non è un fenomeno da demonizzare, il Totocalcio non è mai stato un problema di per sé, occorre evitare le estremizzazioni. La diffusione è tale che c’è un attacco pubblicitario massiccio: su questo punto non si sta facendo invece quasi nulla.

 

Nella sua carriera c’è qualche episodio di giocatore patologico che le è rimasto particolarmente impresso ?

Una signora 65enne, pensionata, che non si era mai sposata è entrata in contatto con il mondo delle slot per caso. Una vincita di 80 euro l’ha spunta a giocare ripetutamente e a perdere quasi 20mila euro. Negli incontri che ho avuto si è saputo che era stata spinta al gioco per colmare il vuoto di una relazione clandestina che era durata molti anni ed era terminata.  Grazie all’aiuto di un gruppo e del fratello poco a poco si è ripresa da questa situazione.

 

Il vincitore per caso …

E’ un soggetto a rischio. Il desiderio di provare l’euforia della vincita lo porta a giocare nuovamente ma, si sa, il banco alla lunga vince sempre.

 

Massimo Iaretti

 

 

 

Dopo il malore di un infermiere i sindacati insistono nello sblocco delle assunzioni

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“Si tratta di un episodio gravissimo, specchio di una situazione al collasso che non è più in alcun modo sopportabile. La Regione ora comprenda che le assunzioni si devono sbloccare subito”

 

E’ stata quasi una premonizione. A brevissima distanza dalla denuncia fatta dal Nursing Up (rubrica Salute e welfare, in homepage)  sulla necessità di un potenziamento del personale, un infermiere si è sentito male dopo una  giornata molto pesante ed è stato ricoverato alla Città delle Salute con un’emorragia cerebrale. Claudio Delli Carri, segretario del Nursing Up Piemonte, Franco Cartella della Cgil Città della Salute e Michele Cutrì della Uil Città della Salute.  “Si tratta di un episodio gravissimo, specchio di una situazione al collasso che non è più in alcun modo sopportabile. La Regione ora comprenda che le assunzioni si devono sbloccare subito, perché la carenza d’organico negli ospedali è ormai al limite e probabilmente, come il caso di oggi dimostra, è arrivata anche oltre”. I sindacati ribadiscono che gli ospedali devono avere le persone ed i posti letto necessari affinché funzionino e le assunzioni, pertanto, vanno sbloccate. “Su questi punti – aggiungono – la Regione deve darci una risposta”.

 

(Foto: il Torinese)

 

Massimo Iaretti

Giovane marocchino picchiato a morte nella notte

POLIZIA CROCETTA

Il ragazzo circondato per strada da un gruppo di persone che hanno incominciato a colpirlo violentemente con calci e pugni

 

Un giovane di origini marocchine è stato aggredito e picchiato morte durante la notte a Torino. L’omicidio è avvenuto nella zona di Lucento. Una testimone ha detto alla polizia di avere visto il ragazzo circondato per strada da un gruppo di persone che hanno incominciato a colpirlo violentemente con calci e pugni. Al momento la polizia ha fermato due stranieri, mentre altri sono ricercati. Il movente del delitto potrebbe essere un regolamento di conti nel mondo della droga.

Anno nuovo, vita nuova! Ricominciamo dalla salute

benessere salute

“Il centro” è la casa di Ipsy, Associazione Sportiva Dilettantistica affiliata all’AICS e ospita corsi di varie discipline coerenti con la ricerca di una maggiore integrazione mente-corpo

 

Questo l’invito e il proposito de “Il centro” di via Filangieri 6/b, inaugurato recentemente, due sale completamente attrezzate per corsi in gruppo e incontri individuali in un ambiente accogliente e silenzioso .Presidente è la Dott.ssa Marina Levi,medico reumatologo. “Il centro” è la casa di Ipsy, Associazione Sportiva Dilettantistica affiliata all’AICS e ospita corsi di varie discipline coerenti con la ricerca di una maggiore integrazione mente-corpo ,attraverso l’esercizio fisico e l’ascolto di sé e degli altri. Fra questi, Hatha Yoga, Yoga bimbi, Satatam Yoga, Yoga in gravidanza e canto carnatico, Meditazione, Tai Chi e Qui Gong, Do in Ankyo, Pilates, Dao Yin, Ayurveda, Shiatsu, Linfodrenaggio Vodder, Osteopatia biofluidica, oltre agli appuntamenti individuali di Personal Yoga e Supporto psicologico. “Attraverso l’esperienza professionale e personale (siamo medici, psicolgi, biologi, filosofi dell’India e dell’Estremo Oriente, ma anche genitori e nonni)- spiega la dott.ssa Levi – abbiamo maturato la convinzione che la salute e la qualità della vita traggono enorme aiuto dalla pratica di discipline che rafforzano il senso di connessione tra corpo e mente”. “Il centro” organizza anche seminari, incontri e vari eventi. Per conoscere il calendario dei corsi, i costi e per avere altre informazioni, si può visitare il sito www.ilcentrotorino.com o telefonare dopo le 15,30 al 3273019245.

 

Helen Alterio

La comunità ebraica si apre alla città

Molto attiva nel recupero delle proprie radici storiche (ricerche, mostre, restauri) e nell’educazione, è ormai da anni un punto di riferimento nella vita culturale torinese. Ecco il ritratto tracciato dal sito internet della comunità

 

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La sinagoga si erge maestosa in Corso Vittorio Emanuele II. Tutti ci passano davanti ma non molti hanno avuto occasione di visitarla. E, soprattutto, sono pochi i torinesi che conoscono le molteplici iniziative della comunità israelitica cittadina. Prima di visiatre il tempio israelitico, vale la pena visitare il sito web della comunità:www.torinoebraica.it .

 

Oggi, quella di Torino è la comunità ebraica più importante della nostra regione e la quarta in Italia. E’ composta da un migliaio di persone e ha raccolto nel corso della storia le comunità di Alessandria, Asti, Acqui Terme, Carmagnola, Cherasco, Chieri, Cuneo, Ivrea, Mondovì e Saluzzo. La comunità subalpina, molto attiva nel recupero delle proprie radici storiche (ricerche, mostre, restauri) e nell’educazione (con la Scuola dell’Infanzia “Colonna e Finzi” e la Scuola secondaria di 1°grado “Emanuele Artom”), è da decenni un prestigioso punto di riferimento nella vita culturale e sociale torinese.

 

Ecco le tappe storiche più salienti, raccontate nel sito web:

 

“Le prime presenze ebraiche in Piemonte risalgono all’inizio del XV secolo e pare vadano collegate all’espulsione degli ebrei francesi decretata nel 1394. La comunità più popolosa era allora quella di Savigliano, di cui si hanno notizie fin dal 1404. A Torino gli ebrei furono ammessi ufficialmente solo nel 1424: per i secoli precedenti non si hanno informazioni circa una loro residenza nella città sabauda. Gli Statuta Sabaudiae di Amedeo VIII (1430) regolamentarono, oltre alle questioni fondamentali dello Stato, la situazione degli ebrei. Accanto ad una certa severità, anche una basilare accettazione ispirò questo documento: rigida separazione tra ebrei e cristiani, segno giallo distintivo, limitazione delle sinagoghe; ma anche rispetto della libertà religiosa. Nel Cinquecento un forte impulso venne alle comunità piemontesi dalla cacciata degli ebrei dalla Spagna. Giungendo dalle regioni costiere della Francia meridionale, dalla Provenza e, attraverso itinerari più intricati, dalla Germania, gruppi piuttosto folti di ebrei approdavano in Piemonte alla ricerca di sicurezza, stabilità, possibilità di sviluppo economico.

 

Tra alti e bassi, condotte concesse e revocate, agiatezza economica e diffusa povertà, grandi commerci e piccoli traffici ambulanti, la condizione degli ebrei era comunque legata alla politica di rafforzamento ed accentramento con cui il Ducato di Savoia andava trasformandosi in stato moderno. La Controriforma segnò anche in Piemonte un netto peggioramento della situazione degli ebrei. Nel 1679, in ottemperanza a quanto ormai si stava realizzando altrove da più di un secolo (Venezia 1516; Roma 1555; Firenze 1571), Maria Giovanna Battista di Nemours, reggente in nome del figlio Vittorio Amedeo II, decretava che tutti gli ebrei torinesi dovevano prendere residenza nella zona dell’antico Ospedale di Carità: tra le contrade S. Filippo (oggi via Maria Vittoria), dietro al Palazzo del Principe Carignano (l’attuale via Bogino), dietro S. Filippo (ora via Principe Amedeo) e la via S. Francesco di Paola nasceva il primo ghetto piemontese, destinato a prendere corpo e a popolarsi già dal 1682, per iniziativa del nuovo duca. Divenuto re dopo la guerra di successione spagnola nel 1723, Vittorio Amedeo II confermò e accentuò le rigide regole per la società ebraica piemontese con le sue Regie Costituzioni.

 

La situazione socio-economica degli ebrei piemontesi tendeva uniformemente ad abbassarsi di livello, scendendo gradualmente fino a quello stato di miseria che caratterizza la vita delle comunità nella prima metà dell’Ottocento. La prima emancipazione, giunta in Piemonte al seguito dell’esercito napoleonico, non arrivò del tutto inaspettata agli ebrei subalpini, mentre inatteso e traumatico fu il ritorno nei ghetti sancito dalla Restaurazione. La liberazione definitiva giunse nel 1848 con lo Statuto albertino e gli ideali del Risorgimento. Parità di diritti, intensa e proficua partecipazione alla vita della società circostante sul piano economico e culturale, impegno emergente nel processo risorgimentale, ma anche graduale allontanamento dalla tradizione e dall’osservanza dei precetti: questo il quadro di un ebraismo piemontese emancipato e sempre più urbanizzato. Le leggi razziali nel 1938 furono l’avvio verso il precipizio. Poi la tragedia, la Shoah: quasi quattrocento furono gli ebrei torinesi deportati. Molti gli ebrei piemontesi impegnati nella Resistenza. Nel dopoguerra la difficile ricostruzione della sinagoga bombardata e della Comunità.”

 

La comunità torinese si avvale anche dell’opera della Fondazione ebraica Marchese Guglielmo De Levy, eretta Ente Morale con decreto del Presidente della Repubblica nel 1951. “Il Marchese De Levy, – si legge nel sito internet – nato a Bonn nel 1861 e deceduto in Torino – dove è sepolto – nel 1947, ha destinato la sua cospicua eredità ad una erigenda Fondazione con lo scopo di promuovere una migliore conoscenza dell’ebraismo e di combattere l’ignoranza e il pregiudizio, mediante lezioni, pubblicazioni, conferenze e ogni altro mezzo giudicato idoneo”.

 

E’ attivo anche il Gruppo di Studi Ebraici, sorto nel 1968, dedicato al confronto delle opinioni sui principali temi di cultura e di attualità nell’ebraismo, alla diffusione e allo sviluppo di posizioni ed iniziative mirate alla pace in Israele ed alla convivenza nel Medio Oriente. Inoltre, a dimostrazione che la comunità è davvero attiva nella vita torinese e collabora con le altre realtà religiose, è nato il nuovo premio collaterale Interfedi, in occasione della trentunesima edizione del Torino Film Festival. Nella città che vide nel 1848 la concessione dei diritti civili alle minoranze valdese ed ebraica, la Chiesa Valdese e la Comunità Ebraica locali hanno promosso, con il patrocinio del Comitato Interfedi, l’istituzione del “Premio per il rispetto delle minoranze e per la laicità attribuito dalla Giuria Interfedi”. Il nuovo Premio mira a richiamare l’attenzione su film che contribuiscono a dare voce a tutti i tipi di minoranze.

 

Comunità Ebraica di Torino, Piazzetta Primo Levi, 12 – Torino

Tel. 011.650.83.32 – Fax 011.669.11.73 – www.torinoebraica.it

 

La Sala Rossa rende omaggio a Parigi ferita

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Cerimonia a Palazzo Civico per manifestare solidarietà ai francesi

 

All’indomani della presenza del sindaco Piero Fassino alla grande manifestazione parigina per dire no al terrorismo dopo gli episodi drammatici dei giorni scorsi, anche la Sala Rossa intende rendere omaggio alle vittime e manifestare solidarietà e vicinanza al popolo francese. La conferenza dei capigruppo consiliari ha accolto infatti la proposta del sindaco Fassino e del Presidente del Consiglio comunale Giovanni Porcino. Torino ha con la Francia legami storici e culturali profondi. Nella Sala Rossa di Palazzo Civico, in presenza del gonfalone municipale,  gli interventi del Presidente del Consiglio Comunale, del Sindaco, del Console Generale di Francia Madame Edith Ravaux e del Presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte Alberto Sinigaglia.

 

(Foto: il Torinese- Essepiesse)

Turin Marathon: "Lo sport fa bene a Torino, l'assenza di regole no"

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Quindi come si può proporre la qualità a fronte delle scarse risorse economiche? Lo si fa con l’impegno verso la Città, diventando uno strumento sportivo di promozione turistica che genera sul territorio ricadute economiche adeguate all’investimento fatto, lo si fa con la fatica e la serietà quotidiana

 

Da troppi giorni, a seguito dell’articolo uscito sul quotidiano La Stampa in data 5 gennaio 2015, assistiamo a diverse prese di posizione: “Troppe gare di corsa fanno male a Torino”, come abbiamo già detto, è un titolo che non rispecchia il reale contenuto di quanto trattato nell’articolo. Turin Marathon è un gruppo che da sempre organizza eventi che hanno come finalità quella di far crescere il movimento delle corse su strada, focalizzandosi sulle necessità degli atleti che vi partecipano: salute, sicurezza e sport.

 

L’attività sportiva fa sicuramente bene a tutti coloro che vivono a Torino e nella nostra regione ma, per fare veramente bene alla Città e al territorio piemontese, tutti noi organizzatori dovremmo pensare più in larga scala, facendo sì che i grandi eventi che organizziamo diventino uno strumento che generi ritorni economici sul territorio in cui viviamo. Pensiamo a New York; una società che vuole organizzare una gara sulle strade cittadine deve versare alla Città una quota di 30 dollari a partecipante. Qui non è così, non ancora e dobbiamo essere i primi a creare delle alternative a quello che potrebbe essere un possibile e spiacevole futuro.

 

Rimanendo in tema di tasse come si fa a “consigliare” di adottare delle quote di iscrizione alle gare e dall’altro canto sottolineare che il problema sollevato sia la qualità organizzativa? Qualità non è forse sinonimo di costi? E la Turin Marathon Gran Premio La Stampa è costata in termini di sole tasse federali più di 10.000 euro. Leggiamo con interesse il punto di vista della FIDAL Piemonte: assistere a uno scenario in cui, lo stesso giorno, si svolgono due eventi nella stessa città, che differiscono per lunghezza di 97 metri e i cui percorsi vanno quasi a lambirsi non richiede forse un maggiore controllo? O dobbiamo, forse, pensare che sia un nuovo metodo strategico impiegato per ampliare la diversificazione delle proposte? 

 

Quindi come si può proporre la qualità a fronte delle scarse risorse economiche di cui si dispone? Lo si fa con l’impegno verso la Città, diventando uno strumento sportivo di promozione turistica che genera sul territorio ricadute economiche adeguate all’investimento fatto, lo si fa con la fatica e la serietà quotidiana e, lo si fa, con l’attenzione verso il nostro pubblico, gli amanti della corsa e dell’attività all’aria aperta.

 

Sentiamo parlare di date di gare imposte d’ufficio. Per quello che concerne la Turin Marathon, possiamo dire che l’organizzazione ha seguito, per mesi, l’intero iter comunicativo a livello internazionale, nazionale e regionale. Ricordiamo, inoltre, che in anni passati si organizzava un incontro con tutte le società per presentare l’ipotesi del calendario al fine di condividerne le criticità. Oggi lo scenario proposto è quello di un gruppo chiamato Albo organizzatori FIDAL Piemonte a cui si aderisce pagando un’altra tassa e attraverso il quale si otterrebbe un diritto di prelazione sulla data in caso di concomitanze di gare.

 

Quando nelle comunicazioni federali regionali si legge FPN n. 161: variazioni calendario FIDAL Piemonte – 20° elenco, questo ci fa pensare che il problema sia di gran lunga superiore allo spostamento della data di svolgimento della Turin Marathon, dato che siamo arrivati al ventesimo elenco. A fronte di tutte queste riflessioni, che sicuramente non appartengono solamente alla Turin Marathon, ci chiediamo come mai così tante persone si siano sentite colpite e tirate in causa e, anziché fare fronte comune a un evidente problema di fondo, abbiano assunto prese di posizione così forti nei confronti del presidente di Turin Marathon e del gruppo stesso.”

 

Turin Marathon Ufficio stampa

Estate fuori stagione, bruciano i boschi del Torinese per il forte vento e la siccità

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In valle di Susa un rogo ha divorato nella notte un’area di 5 ettari a Gravere

 

La protezione civile aveva allertato tutto il territorio e la Regione aveva vietato l’accensione di ogni genere di fuoco in Piemonte. Il forte vento di questi giorni, che ha portato una strana estate anticipata con punte di 25 gradi, rappresenta infatti la condizione ideale per lo sviluppo di incendi. Così purtroppo è stato. E il vento, unito alla siccità ha favorito gli incendi boschivi un po’ in tutto il  Piemonte, un centinaio di casi. In valle di Susa un rogo ha divorato nella notte un’area di 5 ettari a Gravere. E’ stato necessario l’intervento di un elicottero della Regione e di varie squadre del Corpo Forestale e dei volontari Aib – Antincendi Boschivi per domare le fiamme. Un incendio anche nel Canavese, nei pressi di Cuorgnè. C’è da augurarsi che le cause non siano legate alla disattenzione di qualcuno.

 

(Foto: archivio il Torinese)

Il sindaco Fassino in piazza a Parigi in memoria delle vittime del terrore

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Il premier Renzi: “Siamo qui per dire che noi non ci fermiamo, non ci facciamo arrestare dall’orrore e dalla paura, da Parigi deve partire un messaggio di dolore e vicinanza, ma anche di ripartenza e futuro”

 

Una enorme folla (1 milone e mezzo) di cittadini, ministri, capi di Stato e imponenti misure di sicurezza a Parigi per la marcia in memoria delle vittime della strage terroristica. Presente anche il sindaco di Torino,  Piero Fassino con il collega milanese Giuliano Pisapia. I primi cittadini di Torino e Milano, sono anche  presidente e vicepresidente dell’Anci. In tutto il Piemonte bandiere listate a lutto e numerose iniziative di solidarietà e cordoglio dei comuni che hanno esposto nei municipi anche la bandiera  francese abbrunata.

 

Il presidente Hollande ha dichiarato che oggi ”Parigi è la capitale del mondo”. E il prossimo 18 febbraio la Casa Bianca ospiterà un vertice  internazionale sulla lotta al terrorismo. In piazza anche il premier Matteo Renzi: “Siamo qui per dire che noi non ci fermiamo, non ci facciamo arrestare dall’orrore e dalla paura, da Parigi deve partire un messaggio di dolore e vicinanza, ma anche di ripartenza e futuro perché l’Europa non è solo passato”.

 

 

 

 

Allegri su Charlie: "Certe cose non dovrebbero accadere"

juve logo nero

“Per tutto il mondo, e non solo per i francesi, questo è un momento molto difficile”

 

Anche Massimiliano Allegri è intervenuto sui drammatici fatti di Parigi. “Per tutto il mondo, e non solo per i francesi, questo è un momento molto difficile”. Così ha dichiarato ai giornalisti in merito alla strage di Charlie Hebdo. “Viviamo nel 2015 e certe cose non dovrebbero più succedere”.