redazione il torinese

I "Puritani" composti a Parigi e tanto amati dalla Regina Vittoria

regio

Nel nuovo allestimento del Maggio Musicale Fiorentino la più romantica delle opere di Vincenzo Bellini

 

In scena da martedì 14 aprile, alle 20, al taetro Regio di Torino una delle opere più romantiche, ma meno rappresentate, di Vincenzo Bellini, I Puritani, nel nuovo allestimento in coproduzione con il Maggio Musicale Fiorentino, per la regia di Fabio Ceresa. Protagonisti Desireé Rancatore nei panni del soprano, Olga Peretyatko in quelli di Elvira, figlia di lord Valdon, e  Dmitry Korchak in quelli del cavaliere, Lord Arturo Talbo. Fu l’ultima opera del compositore catanese, che sarebbe stato stroncato per un’infezione a soli 35 anni. Fu composta a Parigi per un pubblico essenzialmente francese.

 

Felice Romani, il proprio librettista favorito,  non fu più ingaggiato. Bellini, invece, incontrò, nei salotti di Cristina Trivulzio di Belgioioso, fuggita in Francia in seguito ai suoi contatti con la carboneria,  il conte Carlo Pepoli. E Proprio lui sarebbe stato il librettista dei Puritani. Pepoli si trovava anch’egli in esilio e si riteneva un poeta. Ricavò dal dramma storico Tetes rondes e Chavaliers di Jacques Francois Ancelot e Joseph Xavier Boniface uno dei libretti più  scombinati della storia del melodramma. Tuttavia Bellini a Parigi ebbe la fortuna di disporre di voci davvero eccezionali. Dopo una prima versione, ne scrisse una seconda per il San Carlo di Napoli, adattando i registri (in particolarer quello della protagonista, da soprano a mezxza soprano).

 

L’opera fu rappresentata per la prima volta a Milano, al teatro La Scala, il 26 dicembre 1835, tre mesi dopo la morte di Bellini, avvenuta il 23 settembre. Presenta una scrittura orchestrale di grande importanza. A differenza di altre composizioni liriche di Bellini si tratta di un’opera densa di presagi che la avvicinano molto al movimento romantico francese, e non solo di supporto al belcanto. Il libretto narra di amori, intrighi, tradimenti e pazzia, che si intrecciano ai tempi delle guerre di Cromwell con gli Stuart, con  un colpo di scena finale a lieto fine. Un celebre allestimento fu firmato da De Chirico.  Interpreti molto applaudite dell’opera sono state Joan Sutherland e Maria Callas, molto apprezzate nell’aria “O rendetemi la speme”. La regina Vittoria era molto legata a quest’opera che definiva affettuosamente “I nostri cari Puritani”.

 

(Foto: il Torinese)

Mara Martellotta

Vino pregiato? No, tarocco. Truffati i ristoranti

VINO

I carabinieri li hanno scoperti e denunciati: si tratta di due italiani di 29 e 55 anni

 

Proponevano ai ristoratori di Torino l’acquisto di casse di bottiglie di presunto Bordeaux pregiato da introdurre nella loro carta vini. Il prezzo?  80 euro a bottiglia. ma una volta passati all’incasso i truffatori spedivano invece vino di bassa qualità e facevano perdere le proprie tracce. I carabinieri li hanno scoperti e denunciati: si tratta di due italiani di 29 e 55 anni. Almeno quattro titolari di locali hanno sborsato 2 mila euro a testa.

Arrivano 700 profughi, Chiamparino: "Problema di portata europea"

CERUTTI

marroneProfughiMaurizio Marrone: “I nuovi 700 profughi imposti da Alfano alla nostra Regione si aggiungono ai 2.800 già presenti in questo momento nel sistema dell’accoglienza piemontese pagato con i nostri soldi, 1.128 solo a Torino!”

 

 AGGIORNAMENTO La dichiarazione del presidente della Regione, Sergio Chiamparino: “Dopo l’incontro con il Ministro Alfano ci siamo impegnati a fare fronte a una situazione che sta diventando una vera e propria emergenza umanitaria, con l’obiettivo di non lasciare le regioni rivierasche del Sud ad affrontare da sole questo fenomeno. Una risposta che è e deve essere corale e che presuppone una reale collaborazione tra Stato, Regioni ed enti locali. Per quanto riguarda il Piemonte, stiamo già collaborando con tutte le Prefetture  per dare in tempi rapidi una risposta che è prima di tutta umanitaria, ci auguriamo che anche le altre autorità dello Stato collaborino attivamente per trovare soluzioni efficaci. Dobbiamo comunque tenere presente che il problema profughi ha un’ampiezza tale da imporre un’urgente presa in carico a livello europeo, sia nella fase del contrasto al traffico di esseri umani, sia per quanto riguarda l’accoglienza e l’inserimento di queste persone.”

 

“In Piemonte sono in arrivo 700 profughi e la Regione farà la sua parte nell’accoglierli”. Così l’assessore all’Immigrazione, Monica Cerutti. “La Regione deve fare la sua parte nell’accoglienza – spiega –  ma la nostra richiesta è di una maggiore programmazione, per poter garantire una sistemazione dignitosa e ben distribuita sul territorio”. Il 40% dei profughi sarà destinato Torino, mentre il 60% nel resto del territorio regionale.

 

<<Proprio nel giorno in cui il Ministero degli Interni comunica alla Regione Piemonte l’imposizione di nuovi 400 profughi da ospitare nel nostro territorio, ho avuto dalla Giunta regionale i numeri precisi degli ultimi arrivi e dei rifugiati attualmente presenti nelle nostre città, a partire dal Capoluogo: dati che mettono i brividi, cifre insostenibili per il nostro welfare già allo stremo, insufficiente già a sostenere gli Italiani in difficoltà>> attacca Maurizio Marrone, Capogruppo di Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale in Regione e Comune di Torino.

 

Spiega: <<I nuovi 700 profughi imposti da Alfano alla nostra Regione si aggiungono ai 2.800 già presenti in questo momento nel sistema dell’accoglienza piemontese pagato con i nostri soldi, 1.128 solo a Torino! Nell’ultimo anno sono arrivati in Piemonte ben 7.110 profughi, di cui 2.563 solo a Torino.Ora basta! Il Piemonte ha già dato con un intero ghetto abusivo nato a Torino alle palazzine olimpiche dell’ex MOI, occupato da un migliaio di immigrati già scaricati dal welfare piemontese: di fronte alla macelleria sociale annunciata nel bilancio regionale 2015 è il caso di pensare prima agli Italiani, imporremo a Chiamparino lo stop a qualsiasi ulteriore accoglienza con una mozione in Consiglio Regionale!>> annuncia Marrone.

Fassino, Missione turismo a Barcellona

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Verrà presentata la città della Mole a tour operator e stampa

 

Piero Fassino è in missione a Barcellona, accompagnato dal console generale d’Italia, Stefano Nicoletti. Verrà presentata la città della Mole a tour operator e stampa, come “porta di accesso” all’Expo 2015. L’iniziativa si tiene nell’antico ospedale di San Pau. E’ anche in programma  un momento musicale, per far conoscere il Jazz Festival di Torino, ea una degustazione enogastronomica di prodotti piemontesi.

Piemonte re del turismo straniero, gli arrivi crescono e aumentano i posti letto

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Le difficoltà economiche del Paese non hanno fermato il turismo domestico, che in Piemonte continua a crescere anche nel 2014 segnando oltre il +3,5% sui pernottamenti e +3% sugli arrivi. In aumento anche i posti letto, che hanno superato la quota di 193 mila, e le strutture ricettive, che sono ormai quasi 6 mila

 

Nel 2014 il turismo in Piemonte ha superato i 13 milioni di pernottamenti, in crescita del 3% sull’anno precedente e di quasi il 30% nell’ultimo decennio. Oltre 4,4 milioni invece gli arrivi (+3,8%), con un periodo di permanenza che sfiora i tre giorni. Un settore sano, in costante sviluppo e che parla sempre di più straniero: se a livello nazionale i turisti dall’estero si confermano sostanzialmente stabili, in Piemonte, invece, registrano una crescita del 5,4%. I pernottamenti di chi arriva da altri paesi sono più di 5,1 milioni, con una quota di mercato che sfiora il 40%: in testa si conferma la Germania, con oltre 1,2 milioni di presenze (e arrivi in crescita del 3,3%, a quota 332mila). Seguono BeNeLux con 707mila pernottamenti, Francia con 585mila e Regno Unito con 469mila.

 

Guardando oltreoceano, segna +16% il turismo dagli Usa, ma il vero e proprio boom si registra dalla Cina, mercato emergente con una crescita del 37% e oltre 57mila notti trascorse in Piemonte. Un dato questo particolarmente interessante dal punto della ricaduta commerciale, perché oggi i turisti cinesi sono i top spender dello shopping italiano (rappresentano il 25% del mercato nazionale) con uno scontrino medio di 895 euro. Tra le mete che prediligono in Piemonte ci sono Torino, la provincia di Alessandria e le colline di Langhe e Roero, ma la crescita si registra anche su tutto il resto del territorio regionale. I numeri confermano che la Cina è uno dei mercati emergenti su cui puntare – commenta l’assessore alla Cultura e al Turismo della Regione Piemonte, Antonella Parigi – Proprio in quest’ottica, all’interno di Expo, saremo nel padiglione cinese delle aziende con una presenza di quattro settimane dedicate al nostro territorio, in sinergia con BookingPiemonte, il portale istituzionale per le prenotazioni turistiche online. Più in generale, le previsioni per il 2015 sono di una crescita del turismo, a livello mondiale, del 3-4% e per quanto riguarda il  Piemonte la prospettiva è positiva, anche in virtù della capacità attrattiva dei prossimi mesi, arricchita dagli eventi in programma e dall’offerta turistica predisposta dai territori per l’occasione.”

 

Le difficoltà economiche del Paese non hanno fermato il turismo domestico, che in Piemonte continua a crescere anche nel 2014 segnando oltre il +3,5% sui pernottamenti e +3% sugli arrivi. In aumento anche i posti letto, che hanno superato la quota di 193mila, e le strutture ricettive, che sono ormai quasi 6mila. Dal punto di vista della forma scelta per il pernottamento, i mercati emergenti confermano di preferire la ricettività alberghiera. Sul fronte, invece, delle stagionalità, le presenze hanno registrato un aumento in quasi tutti i mesi, con gli incrementi maggiori ad aprile (quasi +17%) e giugno (+12%).

 

 

UNO SGUARDO AI PRINCIPALI PRODOTTI TURISTICI

VALENTINO3Torino e la sua area metropolitana vedono crescere i pernottamenti oltre la soglia dei 4 milioni (+3,5%) e gli arrivi oltre 1,6 milioni (+3,3). Il mercato nazionale rappresenta la quota principale, ma si registra una forte crescita degli arrivi internazionali (+7,2%), a cominciare dal boom della Cina (+40%), ma anche di Germania (+63%), Usa (+60%), BeNeLux (+24%) e Svizzera (+19%). Nel 2014 torna a crescere anche l’Aeroporto di Torino, che ha chiuso l’anno con 3.431.986 passeggeri (+8,6 %). A trainare il dato molto positivo, il numero dei passeggeri dei voli di linea internazionali: +18,1%. La montagna conferma ottimi risultati, crescendo sia in inverno (+13% e oltre 1,6 milioni di presenze) che
in estate (+1% e oltre 1,5 milioni di presenze).

 

Le colline Unesco e il prodotto enogastronomico si confermano una meta sempre più internazionale, con un incremento generale degli arrivi del 2% circa. Il mercato straniero vale la metà degli oltre 1,6 milioni di pernottamenti su questo territorio. In testa sale la Svizzera (+4,8% e quasi 141mila presenze), seguita da Germania (oltre 133mila) e BeNeLux (quasi 93mila presenze). Buona la crescita di Usa (+4,47% e oltre 41mila presenze) e Regno Unito (+3,5% e oltre 32mila presenze), oltre al boom della Cina che si conferma anche nelle colline il mercato emergente, sfiorando una crescita delle presenze del 50%. Per il segmento lacuale, in estate, si registra un aumento dello 0,4% di turisti stranieri, ma i pernottamenti totali risentono della flessione del mercato domestico, con un calo generale del 2,9% che attesta comunque le presenze oltre i 2,5 milioni.

 

 

I DATI A LIVELLO LOCALE

montagneAnalizzando l’andamento delle singole ATL (Agenzie Turistiche Locali), al primo posto per numero totale di turisti si conferma Torino con la sua provincia, in crescita del 6% sia sul fronte degli arrivi (quasi 2,2 milioni) che dei pernottamenti (circa 6,3 milioni). Ottimo l’incremento del Novarese con +22% sui pernottamenti (che salgono a 389mila) e +11% sugli arrivi (a quota 169mila). Buona la percentuale di crescita anche per il territorio di Asti che registra +9,5% sui pernottamenti (293mila) e +8% sugli arrivi (oltre 119mila). Nella provincia Granda l’Atl di Cuneo registra circa +2,4% sugli arrivi (311mila) e +2,2% sui pernottamenti (che superano la soglia del milione), mentre le colline di Langhe e Roero guadagnano +3,7% sugli arrivi (275mila) e +2,1% sui pernottamenti (oltre 640mila). Sostanzialmente stabile il Biellese con +1,4% sugli arrivi (quasi 78mila) e un lieve aumento dei pernottamenti (circa 220mila). Nel Distretto turistico dei Laghi gli arrivi crescono di mezzo punto percentuale (917mila), ma con una permanenza media più breve che si riflette sui pernottamenti in calo del -2,4% (oltre 3,2 milioni). In flessione, invece, l’Alessandrino che registra -2% sugli arrivi (310 mila) e -4% sui pernottamenti (670mila). Un calo che si riscontra anche sul territorio Vercellese con una lieve flessione, -1,2% degli arrivi (84mila) e una contrazione del tempo di permanenza che si riflette sul -5% dei pernottamenti (283mila).

Grimaldi (Sel): "No all’ampliamento del nucleare di Saluggia"

GRIMALDI

“Sotto la dicitura “nuove volumetrie” non vi è altro che il progetto di costruzione di altri depositi di cui non si era mai parlato. Il fatto più grave dell’istanza di disattivazione è la richiesta di raddoppiamento del Deposito Nucleare D2: da due a quattro campate (circa 40.000 m3)”

 

 Dando seguito alla mozione n. 9 del 2014 sono proseguiti i lavori della commissione Ambiente sulla denuclearizzazione del Piemonte, audendo i vertici di SOGIN, le associazioni ecologiste (Legambiente e Pro Natura) e il comune di Saluggia.Come noto, il 98% delle scorie radioattive italiane si trova a Saluggia, un luogo inidoneo perché situato in un triangolo tra il fiume Dora Baltea e i due canali artificiali Cavour e Farini che portano l’acqua alle risaie del Vercellese. Questa area è inoltre attraversata dalla falda acquifera che alimenta l’acquedotto del Monferrato e dichiarata inedificabile dalla Regione Piemonte.

 

Per questo anche i dirigenti della Sogin, l’azienda incaricata della riconversione, continuano ad affermare che i depositi sono temporanei e che unico scrupolo dei molti lavori fatti negli anni è di “metterli in sicurezza”. Oggi Sogin ha inoltre ribadito che l’iter di individuazione del deposito nazionale è in corso e la mappa dei siti idonei, mandata da Sogin a Ispra, è già in mano ai Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo e che si attende che il MISE depositi il Programma nazionale per la gestione del combustibile nucleare.Tuttavia, il 22 gennaio 2015, Sogin ha consegnato al Comune di Saluggia il suo nuovo piano industriale, che soppianta i precedenti e cambia direzione. La stessa documentazione era stata trasmessa alla Regione Piemonte il 19 dicembre 2014. 

 

Sotto la dicitura “nuove volumetrie” non vi è altro che il progetto di costruzione di altri depositi di cui non si era mai parlato. Il fatto più grave dell’istanza di disattivazione è la richiesta di raddoppiamento del Deposito Nucleare D2: da due a quattro campate (circa 40.000 m3).Sogin ha giustificato la richiesta sostenendo che il volume occupato dai contenitori dei rifiuti pregressi e dal decommissioning del sito eccederà la capienza dei depositi esistenti o previsti. Ma soprattutto, ha precisato che la necessità di nuove volumetrie dipenderà dai tempi di realizzazione del Deposito Nazionale, tradendo scarsa fiducia nella sua realizzabilità nei tempi previsti.Il 23 settembre 2014 il Consiglio Regionale si era espresso, ribadendo la richiesta al Governo di individuare rapidamente il sito unico nazionale, senza il quale qualsiasi processo di decommissioning sarebbe stato incompleto.

 

“Per noi l’istanza Sogin è irricevibile” dichiara il Capogruppo di SEL Marco Grimaldi “il rischio reale è che depositi come questi, bunkerizzati e con caratteristiche di funzionalità non inferiori ai 50 anni, finiscano per diventare la tappa ultima delle scorie ‘espatriate’ che faranno ritorno in Italia”. 

“La Regione deve essere al fianco dei tanti cittadini, delle associazioni ambientaliste e dei comuni interessati” – ha concluso Marco Grimaldi – “ nel ribadire a Sogin l’indisponibilità a qualsiasi ipotesi di ampliamento del sito di Saluggia. Il Piemonte non può continuare ad essere la discarica del nucleare italiano”. 

 

Marco Grimaldi

Capogruppo Sel in Consiglio regionale

Ecco il nuovo calendario venatorio

cacciatori

Non si potranno cacciare pernice bianca, lepre variabile, folaga e fischione, non si potrà sparare alla tortora in settembre, il carniere delle specie migratorie diminuisce da 10 a 8 capi e quello stagionale di tortore e quaglie da 25 a 20 capi

 

 

 La stagione venatoria 2015-2016, come proposto dall’assessore Giorgio Ferrero, inizierà domenica 4 ottobre secondo periodi e carnieri che variano di specie in specie. Stabiliti anche i periodi di addestramento e allenamento dei cani, che variano sulla base delle zone e delle aziende interessate. In particolare, a maggiore tutela delle specie “sensibili”, non si potranno cacciare pernice bianca, lepre variabile, folaga e fischione, non si potrà sparare alla tortora in settembre, il carniere delle specie migratorie diminuisce da 10 a 8 capi e quello stagionale di tortore e quaglie da 25 a 20 capi, il prelievo della tipica fauna alpina è consentito in un solo comprensorio a scelta del cacciatore. Inoltre, si può dare avvio dal 15 aprile al prelievo selettivo dei cinghiali e viene liberalizzata la quota di acquisto dei caprioli, in modo da completare i piani di prelievo e limitare i danni alle colture ed i problemi di sicurezza stradale.

 

(www.regione.piemonte.it)

Praga e Terezìn, l’Europa di mezzo e il “secolo breve”

terezin Praga Ponte Carlopraga1Reportage di Marco Travaglini

Praga è una città magica che si specchia da più di dieci secoli nelle acque della Moldava, dominata dal Castello (Pražský hrad), la più grande fortezza medievale esistente, oltre che simbolo emblematico del grande passato storico, culturale e sociale della capitale. Terezìn  si trova ad una sessantina di chilometri a nordovest di Praga. Con l’autobus, dalla stazione praghese di Florenc, s’impiega quasi un’ora per arrivare. Fa abbastanza freddo e le nuvole grigio ferro lasciano trapelare solo qualche timido e intirizzito raggio di sole

 

 

“Loro” ad Artstetten, “lui”  a Sarajevo

Mentre l’arciduca Francesco Ferdinando e la sua consorte Sofia, uccisi nell’attentato di Sarajevo, sono sepolti nella tomba di famiglia al castello di Artstetten,  nella valle di Wachau, in bassa Austria, il corpo del ragazzo che quel 28 giugno mise fine alle loro vite dando l’avvio all’escalation che avrebbe portato alla prima guerra mondiale, giace a Ciglane, sobborgo nel centro di Sarajevo. È all’interno di una piccola cappella che non viene segnalata, nemmeno dalle guide turistiche, che sono conservate le spoglie mortali di Gavrilo Princip. Solo una scritta, in cirillico, recita: “beato colui che vive per sempre, perché non è nato invano”.

 

 

Tra una guerra e l’altra

 La regione di Theresienstadt/Terezìn, quella dei Sudeti, era da molti secoli abitata prevalentemente da popolazioni di etnia e lingua tedesca, pur trovandosi in territorio boemo. Dopo l’anschluss dell’Austria nel marzo del ’38, Hitler annesse anche la regione dei Sudeti nell’ottobre dello stesso anno, dopo aver ottenuto il consenso dei governi inglese e francese (ma non di quello Cecoslovacco) alla Conferenza di Monaco. Così, nel 1940, la Gestapo iniziò la costruzione di un enorme ghetto nella fortezza, facendone un campo di lavoro forzato.

 

 

terezin2Da Terezìn alle camere a gas di Auschwitz

Nel periodo in cui durò il ghetto – dal 24 novembre 1941 fino alla liberazione avvenuta l’8 maggio 1945 – passarono per lo stesso 140.000 prigionieri. Proprio a Terezìn perirono circa 35.000 detenuti. Degli 87.000 prigionieri deportati a Est, dopo la guerra fecero ritorno solo 3.097 persone. Fra i prigionieri del ghetto di Terezìn ci furono all’incirca 15.000 bambini, compresi i neonati. Erano in prevalenza bambini degli ebrei cechi, deportati a Terezìn insieme ai genitori, in un flusso continuo di trasporti fin dagli inizi dell’esistenza del ghetto. A maggior parte di essi morì nel corso del 1944 nelle camere a gas di Auschwitz. Dopo la guerra non ne ritornò nemmeno un centinaio e di questi nessuno aveva meno di quattordici anni. I bambini sopportarono il destino del campo di concentramento assieme agli altri prigionieri di Terezìn.

 

 

Fame, miseria e sofferenza

Dapprima i ragazzi e le ragazze che avevano meno di dodici anni abitavano nei baraccamenti assieme alle donne; i ragazzi più grandi erano con gli uomini. Tutti i bambini soffrirono assieme agli altri le misere condizioni igieniche e abitative e la fame. Soffrirono anche per il distacco dalle famiglie e per il fatto di non poter vivere e divertirsi come bambini. Per un certo periodo i prigionieri adulti riuscirono ad alleviare le condizioni di vita dei ragazzi facendo sì che venissero concentrati nelle case per i bambini. La permanenza nel collettivo infantile alleviò un tantino, specialmente sotto l’aspetto psichico, l’amara sorte dei piccoli prigionieri.

 

 

La scuola del ghetto

Nelle case operarono educatori e insegnanti prigionieri che riuscirono, nonostante le infinite difficoltà e nel quadro di limitate possibilità, a organizzare per i bambini una vita giornaliera e perfino l’insegnamento clandestino. Sotto la guida degli educatori i bambini frequentavano le lezioni e partecipavano a molte iniziative culturali preparate dai detenuti. E non furono solo ascoltatori: molti di essi divennero attivi partecipanti a questi avvenimenti, fondarono circoli di recitazione e di canto, facevano teatro per i bambini. I bambini di Terezìn scrivevano soprattutto poesie. Una parte di questa eredità letteraria si è conservata.

 

 

L’Olocausto con gli occhi dell’innocenza

L’educazione figurativa veniva organizzata nelle case dei bambini secondo un piano preciso. Le ore di disegno erano dirette dall’artista Friedl Dicker Brandejsovà. Il complesso dei disegni che si è riusciti a salvare e che fanno parte delle collezioni del Museo statale ebraico di Praga, comprende circa 4.000 disegni. I loro autori sono per la gran parte bambini dai 10 ai 14 anni. Utilizzavano i più vari tipi e formati della pessima carta di guerra, ciò che potevano trovare, spesso utilizzando i formulari già stampati di Terezìn, le carte assorbenti. Per il lavoro figurativo i sussidi a disposizione non bastavano e i bambini dovevano prestarseli a vicenda.

 

 

Dalle farfalle alle esecuzioniterezin1

I disegni si possono suddividere in due gruppi fondamentali: da una parte di disegni sul loro passato, in cui i piccoli tornavano alla loro infanzia perduta. Disegnavano giocattoli, piatti pieni di cose da mangiare, raffiguravano l’ambiente della casa perduta. Disegnavano e dipingevano prati pieni di fiori e farfalle in fiore e farfalle in volo, motivi di fiaba, giochi di bambini. La maggior parte della collezione comprende questo tipo di disegni. Il secondo gruppo invece è formato da disegni sul ghetto di Terezìn. Raffigurano la cruda realtà in cui i bambini erano costretti a vivere. Qui si vedono raffigurate le caserme di Terezìn,i blocchi e le strade, i baraccamenti con i letti a tre piani, i guardiani. Ma i bambini disegnavano anche i malati, l’ospedale, il trasporto, il funerale o un’esecuzione.

 

 

Credevano in un domani migliore

Nonostante tutto però i piccoli di Terezìn credevano in un domani migliore. Espressero questa loro speranza in alcuni disegni in cui hanno raffigurato il ritorno a casa. Sui disegni c’è di solito la firma del bambino, talvolta la data di nascita e di deportazione a Terezìn e da Terezìn. La data di deportazione da Terezìn è anche in genere l’ultima notizia del bambino. Questo è tutto quanto sappiano sugli autori dei disegni, ex prigionieri bambini del ghetto nazista di Terezìn. La stragrande maggioranza dei bambini di Terezìn morì. Ma è rimasto conservato il loro lascito letterario e figurativo che a noi parla delle sofferenze e delle speranze perdute.

 

 

terezin praga venceslaoPiazza San Venceslao

Il ritorno a  Praga necessita di una visita  alla piazza di San Venceslao. La Vaclavské , come la chiamano i praghesi,  è un luogo alquanto anomalo. Più che una piazza vera e propria è un largo viale lungo 750 metri nel cuore di Nové Město, la città nuova. Per ammirarne la maestosità si può raggiungere il Museo Nazionale, alla sua sommità, e da lì  – dove è stata collocata la statua equestre di San Venceslao –  guardare il lungo viale. In questo punto, un tempo, c’era la Porta dei Cavalli, che alla fine dell’Ottocento venne abbattuta per far spazio al monumentale museo. Insieme al santo a cavallo ci sono i quattro patroni della Repubblica Ceca (Ludmilla e Procopio davanti, Adalberto e Agnese dietro). Sullo zoccolo si possono leggere delle parole che i cechi hanno sempre invocato nei momenti di difficoltà: “Non lasciarci perire, noi e i nostri discendenti”.

 

 

Simbolo dell’indipendenza 

Piazza San Venceslao, i Piccoli Champs-Élysées,  rappresenta il simbolo dell’identità praghese e ceca da quando, nel 1848, durante i moti rivoluzionari, venne chiamata così. Nel 1918 fu da qui che partirono le rivolte antiasburgiche a favore dell’indipendenza nazionale, dichiarata il 28 ottobre di quell’anno. E fu lì che, nell’agosto del 1968 i praghesi  protestarono contro l’invasione dei carri armati sovietici venuti a stroncare la Primavera di Praga, l’esperimento di “socialismo dal volto umano” (in pratica una vera e propria liberalizzazione e democratizzazione della vita politica) portata avanti dai dirigenti comunisti di quel paese guidati da Alexander Dubček. Alla mente ritorna una delle più belle canzoni di Francesco Guccini: “Di antichi fasti la piazza vestita, grigia guardava la nuova sua vita: come ogni giorno la notte arrivava, frasi consuete sui muri di Praga. Ma poi la piazza fermò la sua vita e breve ebbe un grido la folla smarrita, quando la fiamma violenta ed atroce, spezzò gridando ogni suono di voce”. La fiamma è quella che, la sera del 16 gennaio 1969, trasformò in una torcia umana il corpo di un giovane studente di filosofia praghese, il ventenne Jan Palach. Il suo sacrificio fu un gesto di libertà, un grido contro tutte le tirannie.

 

 

terezin palachIl “testamento” di Jan Palach

Sul suo quaderno scrisse quello che può essere definito, a tutti gli effetti, il suo testamento politico. Leggiamolo: “Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l’onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l’abolizione della censura e la proibizione di Zparvy (il giornale delle forze d’occupazione sovietiche). Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s’infiammerà”. Il gesto di Jan Palach non rimase isolato: almeno altri sette studenti, tra cui il suo amico Jan Zajíc ( la “torcia numero due” ),seguirono il suo esempio.

 

 

“..la città intera che lo accompagnava”

 Il funerale di Jan Palach ( che venne poi sepolto nel cimitero di Olšany)  fu programmato per domenica 25 gennaio 1969. L’organizzazione fu curata dall’Unione degli studenti di Boemia e Moravia. Vi parteciparono circa seicentomila persone, arrivate da tutto il paese. In silenzio, proprio  come racconta la già citata canzone di Guccini (“dimmi chi era che il corpo portava,la città intera che lo accompagnava:la città intera che muta lanciava una speranza nel cielo di Praga”). Quel giorno, in una Praga plumbea,  scrisse  Enzo Bettiza sul Corriere della Sera .. “il suono delle sirene a mezzogiorno e il rintocco delle campane trasformano l’intera città in un «paesaggio pietrificato», dove tutti rimangono fermi e silenziosi per cinque minuti”.

 

 

A terra, la croce..

 Il monumento in sua memoria ( e di Jan Zajíc ) è poco visibile. Si trova a pochi metri dalla fontana davanti all’edificio del Museo Nazionale, dove Jan si cosparse di benzina e si dette fuoco. Nei giorni seguenti, in quello stesso luogo, si tenne lo sciopero della fame a sostegno delle rivendicazioni espresse da Palach e fu esposta la sua maschera funebre.  Il monumento, realizzato dall’artista Barbora Veselá e dagli architetti Čestmír Houska e Jiří Veselý, è stato realizzato in forma orizzontale. Dal lastricato del marciapiede emergono due bassi tumuli circolari collegati da una croce di bronzo (che simboleggia allo stesso tempo un corpo come una torcia umana). La posizione della croce indica la direzione in cui Jan Palach cadde a terra. Sul braccio sinistro della croce si leggono i nomi di Jan Palach e Jan Zajíc con le rispettive date di nascita e morte. Entrambi , e prima di loro, gli insorti di Budapest nel 1956, furono i primi caduti per la nuova Europa. Ci vollero vent’anni per riconquistare pienamente indipendenza e libertà, fino al novembre del 1989, quando s’avvio la “rivoluzione di velluto” che in breve rovesciò il regime cecoslovacco e filosovietico di  Gustáv Husák ed elesse presidente della Repubblica lo scrittore e drammaturgo Václav Havel, mentre Dubček fu acclamato, riabilitato ed eletto presidente del Parlamento.

 

Marco Travaglini

La Compagnia di SanPaolo ha un programma per le chiese

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Attraverso una cartina propone un percorso in 33 tappe

 

La  Compagnia di San Paolo ha investito 25 milioni in 15 anni per restaurare 23 fra le più belle chiese del centro storico di Torino. E ora realizza un programma per valorizzare le chiese più importanti durante l’Ostensione della Sindone. Attraverso una cartina propone un percorso in 33 tappe, in ognuna delle quali  il visitatore trova una scheda storico-artistica. Tre Chiese ospitano inoltre concerti, letture e conferenze. 

 

(Foto: il Torinese)

Discarica Molinette: le macerie nel cortile

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Per diversi mesi alla fine del 2014 e all’insaputa degli amministratori del complesso ospedaliero, diversi imprenditori edili, che avevano le proprie ditte impegnate nei lavori di manutenzione della struttura sanitaria, scaricavano in cortile sia le proprie macerie che quelle di altri cantieri, materiali pericolosi compresi

 

Quando si sente parlare di rifiuti, discariche a cielo aperto e roghi tossici, si pensa sempre sia un problema riguardante le città dell’ormai “martoriato” Sud-Italia. Invece l’ultima frontiera del degrado riguarda proprio la città di Torino che ha visto l’ospedale Molinette trasformato in una vera e propria discarica abusiva. Macerie, vetri, imballaggi misti imbrattati di vernice e in un caso addirittura la spazzatura di un bar, rappresentano lo scenario di deterioramento ed incuria che nell’ultimo periodo ha visto come protagonista persino uno dei più importanti ospedali del Piemonte.Per diversi mesi alla fine del 2014 e all’insaputa degli amministratori del complesso ospedaliero, diversi imprenditori edili, che avevano le proprie ditte impegnate nei lavori di manutenzione della struttura sanitaria, scaricavano in cortile sia le proprie macerie che quelle di altri cantieri, materiali pericolosi compresi.Ora sette persone, tutti imprenditori eccetto un dipendente della Città della Salute (che nel cortile abbandonava i rifiuti del suo bar), sono indagati con l’accusa di frode, truffa e di gestione di rifiuti non autorizzata, in un’ inchiesta penale della procura di Torino che in questi giorni ha notificato la conclusione delle indagini.

 

L‘inchiesta, nata da una segnalazione dell’ospedale, ha permesso di scoprire una serie di ditte (con sede in Corso Bramante) che approfittavano del libero accesso alle strutture per scaricare nel cortile delle Molinette detriti, macerie e talvolta anche rifiuti nocivi e pericolosi. Quintali di materiali che avrebbero dovuto essere smaltiti secondo rigide procedure e soprattutto in sicurezza, venivano invece abbandonati lì, in attesa che fosse l’ospedale a liberarsene a proprie spese.Dalle indagini condotte e coordinate dal pm Andrea Padalino, è emerso che negli anni “incriminati” 2013 e 2014 sia i titolari delle ditte che soprattutto il proprietario del bar (nonché dipendente delle Molinette), hanno visto praticamente azzerarsi la loro tassa rifiuti. Insomma un modo per gli indagati di ”smaltire” tutto a costo zero, o meglio a spese di una sanità che come purtroppo possiamo constatare ogni giorno, ha già i suoi grossi problemi.

 

(Foto: il Torinese)

Simona Pili Stella