redazione il torinese

Allievi ufficiali in visita alla Oto Melara

applicazione gruppo

Il 7° corso Allievi Ufficiali in Ferma Prefissata accompagnato dal generale Berto

 

Il 7° corso Allievi Ufficiali in Ferma Prefissata insieme al Comandante per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito, Generale di Divisione Claudio Berto, hanno svolto ieri una visita didattica presso lo stabilimento della società Oto Melara di La Spezia. Gli ufficiali, accolti dall’Amministratore Delegato Ing. Roberto Cortesi, hanno partecipato alla presentazione dei principali programmi di ricerca e sviluppo in atto, dall’artiglieria ai veicoli blindati, dalle munizioni guidate ai sistemi navali ed antiaerei; successivamente hanno potuto seguire le varie fasi del processo produttivo aziendale direttamente nel sito di produzione e nei laboratori di testing, assistendo ad alcune prove che vengono effettuate per verificare la conformità dei sistemi e materiali ai requisiti tecnico-militari. La visita presso l’azienda, ha consentito di integrare la preparazione teorica degli ufficiali frequentatori del corso facendo loro acquisire un’esperienza professionale significativa, ovvero conoscere la realtà produttiva di sistemi d’arma tecnologicamente avanzati che costituisce punto di riferimento a livello internazionale. L’incontro è proseguito nella Sala Riunioni della Società, dove gli ufficiali hanno potuto dialogare con i Program Manager e i responsabili aziendali dei vari settori di produzione nel settore Difesa e si è concluso con il tradizionale scambio di crest, tra il  Generale Berto e l’Ing. Cortesi, a testimonianza della sinergia tra la formazione militare e l’azienda italiana.

Chiamparino e le firme "tarocche"? Calma e gesso

chiampa manifesto

LA GANGALA VERSIONE DI GIUSI / di Giusi La Ganga

 

“Vorrei tornare a suggerire ai nostri parlamentari un intervento sul Guardasigilli Orlando, perché si metta ordine in tutta la materia dei ricorsi elettorali, sulla base di una normativa speciale che porti a chiudere ogni contenzioso, in un senso o nell’altro, entro sei mesi”

 

“Calma e gesso”: così diceva il giocatore di biliardo davanti ad una difficile situazione di gioco. Calma, per valutare bene tutte le opzioni e gesso, per rendere perfetta la stecca.  “Calma e gesso” è uno dei tanti modi di dire che piacciono al nostro Presidente della Regione, che evita così astrusi ragionamenti politici assumendo i panni, che gli piacciono, del saggio uomo del popolo. Piemontese, perché spesso citati in dialetto. Di fronte all’esplosione mediatica della vicenda delle firme, con troppe parole inutili o controproducenti, viene anche a me voglia di consigliare “calma e gesso”. Due cose sono chiare: da un lato che per sprovvedutezza, faciloneria o arroganza la raccolta firme non si è svolta regolarmente; dall’altro che il presidente Chiamparino non intende stare sulla graticola e che, in caso di una pronuncia del TAR che non lo liberi subito dalle ombre, vuole ricorrere ad un nuovo voto per dare un governo pienamente legittimo al Piemonte.

 

C’è poco da discutere sia sulla prima che sulla seconda questione, che sono al momento però nettamente distinte. Le responsabilità penali sono individuali, saranno accertate, ma possono essere del tutto ininfluenti rispetto alla validità del voto dell’anno scorso. Il TAR si pronuncerà sui ricorsi. Non mi sento di escludere che possa decidere per la non decisività dei falsi denunciati. Potrebbe pesare il fatto che , in materia elettorale, conta anche la ricerca del miglior modo di rispettare la volontà degli elettori, e la valutazione dei danni collaterali che un annullamento del voto produrrebbe. “Calma e gesso”, dunque.

 

Va detto che, quando si parla di giustizia, e in specie di quella amministrativa, la certezza del diritto latita.   Al riguardo vorrei tornare a suggerire ai nostri parlamentari un intervento sul Guardasigilli Orlando, perché si metta ordine in tutta la materia dei ricorsi elettorali, sulla base di una normativa speciale che porti a chiudere ogni contenzioso, in un senso o nell’altro, entro sei mesi. La casistica oggi è infinita e ha portato ad esiti molto vari sia nel merito sia nei tempi. Il rischio dell’arbitrio, o, almeno, della casualità è molto alto.  Non è una riforma da reclamizzare con un tweet, ma sarebbe preziosa per ridare un po’ di prestigio alle istituzioni.

Motociclista muore durante le prove, gara annullata per lutto

MOTOCROSS

Ora la pista e il mezzo sono  sotto sequestro e i carabinieri stanno indagando

 

Un 57enne novarese è morto in un incidente di motocross sulla pista di frazione Sant’Antonino di Salmour, nel Fossanese, in provincia di Cuneo. L’uomo si stava allenando con una moto da cross d’epoca per una competizione prevista per domenica prossima sul circuito, ma ha perso il controllo del mezzo durante le prove. E’ stato soccorso immediatamente, ma è morto a causa di un  forte trauma toracico. Ora la pista e il mezzo sono  sotto sequestro e i carabinieri stanno indagando. La gara è stata annullata in segno di lutto..

Uber, il Piemonte dice no

 La nuova norma specifica: “Il servizio di trasporto di persone, che prevede la chiamata, con qualunque modalità, di un autoveicolo a esso dedicato e una corresponsione economica, può essere esercitato esclusivamente da soggetti che svolgono il servizio di cui alle lettere a) e b) del comma 3, dell’articolo 1, della presente legge”, vale a dire tassisti e noleggiatori con licenza

taxi6

 

La seconda Commissione del Consiglio regionale del Piemonte, riunita in seduta legislativa sotto la presidenza di Nadia Conticelli, ha approvato all’unanimità le norme che chiariscono l’impossibilità per Uber e per altri sistemi di chiamata di trasporto persone a pagamento, di operare sul territorio subalpino. Con il voto favorevole di maggioranza e opposizione, è stato infatti dato il via libera alla proposta di legge regionale n. 117 presentata da Gianluca Vignale (Fi) ed emendata unanimamente dalla Conferenza dei capigruppo su proposta della maggioranza, “Misure urgenti per il contrasto dell’abusivismo. Modifiche alla legge regionale 23 febbraio 1995, n. 24 (Legge generale sui servizi di trasporto pubblico non di linea su strada)”.

 

La nuova norma specifica: “Il servizio di trasporto di persone, che prevede la chiamata, con qualunque modalità, di un autoveicolo a esso dedicato e una corresponsione economica, può essere esercitato esclusivamente da soggetti che svolgono il servizio di cui alle lettere a) e b) del comma 3, dell’articolo 1, della presente legge”, vale a dire tassisti e noleggiatori con licenza.

 

taxiLa prima proposta Vignale prevedeva anche sanzioni fino a 1.500 euro per i “driver” e fino a 30.000 per i gestori delle “app”. Nel testo approvato, invece, si fa riferimento al codice della strada (articoli 85 e 86) per le sanzioni ai conducenti dei mezzi, mentre non è prevista alcuna pena pecuniaria per i gestori dei sistemi di chiamata.

Secondo il proponente “è un passo importante, perché chiarisce che la corresponsione economica per il transito su automezzi può essere effettuata solo a favore di tassisti e noleggiatori. Giusto fare riferimento al Codice della strada per le sanzioni, ma spiace che non si riescano a colpire i gestori”, ha detto Vignale.

 

taxi xxA parere di Giorgio Bertola (M5s) “non si tratta di una vera innovazione, perché è solo un’affermazione di legalità, che non vuole andare contro le nuove tecnologie, ma che non può nemmeno prescindere dal sistema di diritti e doveri vigente”.

 

“Sono soddisfatto per l’esito della mediazione e della votazione – ha detto Daniele Valle (Pd) – ma rammaricato per accuse di scarsa buona fede che la maggioranza ha subito nelle precedenti riunioni. Ora si dimostra che la volontà di trovare una soluzione nel rispetto della legalità non è mai mancata da parte nostra”.

 

E Marco Grimaldi (Sel), ha precisato che “abbiamo voluto specificare una norma già esistente, per chiarire che i furbi non devono aggirare le leggi vigenti. Però non è giusto criminalizzare la povera gente che, magari per bisogno, trasforma la propria auto in fonte di reddito, trovandosi un lavoro autonomamente”.taxi2

 

Più critico Maurizio Marrone (Fdi), comunque “favorevole a questa proposta che accogliamo all’unanimità, perché nel caos normativo sulle nuove tecnologie, si chiarisce che il trasporto pubblico ha delle regole precise. Sono invece molto rammaricato che non si possa trovare un sistema sanzionatorio per i gestori delle ‘app’, forse i maggiori responsabili di questa situazione”. Anche per questo motivo Marrone non ha ritirato la sua proposta di legge n. 109 “Disposizioni per la razionalizzazione dell’utilizzo di servizi di trasporto pubblico locale non di linea e delle nuove tecnologie al fine di agevolare l’incontro tra domanda e offerta. Modifiche alla legge regionale 23 febbraio 1995, n. 24”, che tuttavia è stata bocciata.

 

gmonaco – www.cr.piemonte.it – foto: il Torinese

Sono minorenni "annoiati" i vandali che depredarono 19 alloggi a Bardonecchia

carabinieri xx

Ragazzini minorenni di età compresa tra 12 e 14 anni, che hanno anche devastato gli alloggi presi di mira in un condominio della cittadina turistica

 

Vi ricordate della notizia che avevamo dato lo scorso maggio, sui 19 appartamenti derubati in un colpo solo a Bardonecchia? Ebbene, i colpevoli dei furti sono cinque ragazzini minorenni di età compresa tra 12 e 14 anni, che hanno anche devastato gli alloggi presi di mira in un condominio della cittadina turistica. Ai carabinieri hanno detto di avere agito “solo per divertimento”. Tutta la refurtiva era ancora nelle mani dei piccoli vandali. I miliatri dell’Arma sono risaliti a loro partendo da un piede di porco rinvenuto  in una delle case depredate. I cinque ladri sono stati denunciati alla procura dei minori e le famiglie derubate potranno rivalersi sui genitori.

E’ morto Gianni Alasia, tra i protagonisti della sinistra torinese nel dopoguerra

Gianni AlasiaPartigiano, sindacalista, amministratore pubblico, deputato e saggista, Alasia è stato uno dei protagonisti della sinistra piemontese. Nato a Torino il 7 febbraio del 1927 ha attraversato tutte le concitate fasi della storia del secolo scorso

 

Dopo una lunga malattia è morto, all’età di 88 anni, Gianni Alasia. Partigiano, sindacalista, amministratore pubblico, deputato e saggista, Alasia è stato uno dei protagonisti della sinistra torinese e piemontese nel dopoguerra. Nato a Torino il 7 febbraio del 1927 ha attraversato tutte le concitate fasi della storia del secolo scorso. Durante la Resistenza, giovanissimo, era diventato, col nome di battaglia di “Astro”, partigiano della III Brigata della Divisione “Bruno Buozzi” delle Brigate Matteotti. Dopo aver partecipato agli scontri per la liberazione di Torino, Alasia decise di aderire al PSI, militando nella minoranza di quel partito. Nel 1950 sposò la compagna della sua vita,  Pierina Baima. Licenziato dalla Savigliano nel 1951, si dedicò a tempo pieno alla politica, entrando nella Federazione del Psi e, quindi, nel comitato centrale. I primi incarichi istituzionali lo videro eletto nel 1956 consigliere provinciale e nel 1960 consigliere comunale a Torino. Lo scorso 8 maggio era stato insignito dalla Città di Torino del Sigillo civico, la più alta onorificenza dell’amministrazione, “per il lungo e fattivo impegno politico e democratico svolto dai consiglieri comunali che hanno partecipato alla Resistenza contro il nazifascismo”. 

 

Nel 1959 Gianni Alasia venne eletto segretario della Camera del Lavoro Cgil di Torino, carica che ricoprirà per quindici anni,  fino al 1974. InAlasia Nelle verdi vallate dei tassi seguito alla scissione del partito socialista fu tra i fondatori del Psiup, con Lucio Libertini, Vittorio Foa e Tullio Vecchietti. Nel 1972, sciolto il partito socialista di unità proletaria , Alasia entrò nel Pci, all’interno del quale ricoprirà numerosi incarichi istituzionali a livello piemontese  (dal 1976 al 1980 Assessore al Lavoro e all’Industria della Regione Piemonte) e nazionale (venne eletto nel 1983 alla Camera dei Deputati nelle liste del Pci ). Nel 1991 dopo il XX congresso del Pci che, dopo la “svolta della Bolognina” che segnò lo scioglimento di quel partito,  fu tra i fondatori, con Armando Cossutta, Sergio Garavini e Lucio Libertini, del Movimento per la Rifondazione Comunista (sarà  proprio Alasia il coordinatore unico per Torino) da cui nacque nel 1992 il Prc. Nel 1995 verrà candidato alla Presidenza della Regione Piemonte per Rifondazione , ottenendo il 9,3% dei voti. La costante che ha accompagnato tutta la sua vita, segnando il suo profilo sociale e civile,  è stata la battaglia per il lavoro, per la sua dignità e valorizzazione, insieme alle lotte per l’ambiente e la pace. Gianni Alasia ha scritto molti libri. Il primo, uscì nel 1984, col titolo Socialisti, centro sinistra, lotte operaie nei documenti torinesi inediti degli anni ’50-’60 e l’ultimo, nel 2008, Nelle verdi vallate dei tassi: la libertà!. Di quest’ultimo lavoro, Gianni – del quale sono stato amico e compagno – mi chiese di curare l’introduzione.

 

L’ultimo libro di Gianni è una favola sulla Resistenza dal sapore tragicomico che trae chiaramente ispirazione del greco Esopo, dal latino Fedro, ma anche da La Fontaine e Orwell. Sullo sfondo dei boschi del Vergante, luogo di origine dell’amata moglie Pierina, alla quale questo lavoro è stato dedicato, si muovono un gruppo di animali, tassi, cani, volpi, provenienti da esperienze diverse, ma tutti uniti nella lottà per la libertà, per il trionfo dei valori della democrazia, della pace, della giustizia. Gli animali di Gianni sono l’allegoria, il simbolo di una battaglia che travalica quel preciso periodo storico e che supera lo spazio per collocarsi in tutte le epoche e in tutti i momenti in cui un popolo, in qualche parte del mondo, si batterà per riaffermare la propria dignità e la propria identità. Gianni teneva molto a quest’ultimo racconto, quasi rappresentasse una sorta di testamento, un congedo anticipato dalla vita, dagli uomini, dal mondo, quasi volesse affidarvi un messaggio che non deve essere disperso; “Molte di quelle sperenze sono state deluse” vi scriveva “Ma non c’è da perdersi d’animo. In fondo i tassi ci sono ancora”. Esattamente come in tutti coloro che hanno avuto la fortuna di incrociare il loro cammino con quello di Alasia resteranno e ci saranno sempre i suoi insegnamenti di coerenza, di passione civile, di orgoglio, quelli che nemmeno la morte potrà cancellare. Requiescas in pace, Gianni. Che la terra ti si lieve.

 

Marco Travaglini

Barbara Castellaro

"Ogni anno bruciamo 278 milioni in pannoloni"

ANZIANI 25

Secondo il Centro Studi SIC ammontano a 137 MLN di euro i risparmi possibili per il SSN inserendo la rimborsabilità dei farmaci per l’incontinenza con un investimento stimato in soli 28,5 MLN 


Pazienti incontinenti costretti a scegliere gli ingombranti pannoloni, spesso di scarsa qualità, passati dal sistema sanitario, o a tirar fuori 18 milioni di euro dalle proprie tasche per pagare le cure farmacologiche, non rimborsate dal SSN. Una situazione che allontana l’Italia dall’Europa, riguarda 680.000 persone e genera per lo Stato uno “spreco” di ben 137 milioni di euro. La denuncia viene da FederAnziani, che rende i noti i dati della ricerca condotta dal proprio Centro Studi SIC Sanità in Cifre, evidenziando un possibilerisparmio per il SSN di 137 MLN di € con l’introduzione della rimborsabilità delle terapie farmacologiche per l’incontinenza d’urgenza, che oggi gravano sui pazienti per 18 MLN di €. Secondo la ricerca in Italia oltre l’80% dei pazienti con incontinenza da urgenza viene trattato con pannolini e solo il 20% con terapia farmacologica. Questa patologia nel nostro Paese interessa circa680.000 persone ovvero l’1,4% della popolazione. A rivolgersi ad un medico per questo problema sono 2 pazienti su 3; di questi solo 1 su 4 riceve cure farmacologiche, appena il 19% del totale, mentre gli altri ricevono il classico “pannolone”. Il costo complessivo per la gestione di questa patologia oggi è di 296 milioni di euro, di cui 278 milioni relativi al costo dei pannoloni, esclusi i costi per la distribuzione, a carico del SSN, e 18 milioni a carico dei privati per la terapia farmacologica non rimborsata dallo Stato.

“L’Italia è uno dei pochi Paesi in Europa in cui le persone incontinenti devono pagarsi le cure farmacologiche di tasca propria – commenta il Presidente di FederAnziani Roberto Messina. – Oltre al danno, la beffa, visto che l’attuale sistema, centrato sulla dispensazione dei pannoloni, invece di generare risparmio è fonte di uno spreco di ben 137 milioni di euro. Soldi che il servizio sanitario potrebbe risparmiare passando dal costoso e obsoleto sistema attuale alla rimborsabilità delle cure farmacologiche, come accade ovunque. Per non parlare del miglioramento che questo comporterebbe in termini di qualità della vita, considerato che oggi le Regioni, nella scelta dei sistemi assorbenti, privilegiano spesso il pannolone di minore costo, incuranti dei disagi per i malati che, disperati, rinunciano sempre più spesso a ritirare il pannolone alla ASL per acquistarne uno di marca in farmacia pagando di tasca propria”.

 

Nella maggior parte dei Paesi europei le terapie farmacologiche sono rimborsate fino al 100% del costo, con significativi benefici per le casse dello Stato, visto che il costo medio a paziente risulta inferiore fino al 60% rispetto all’Italia. La spesa media per paziente, infatti, in Italia è quasi il doppio della media europea, ovvero 706€ contro 386€. A rendere il costo così elevato è proprio la voce pannolini, pari a circa 3 volte il dato europeo. Secondo la ricerca, considerando il 71% dei pazienti come rispondenti alla terapia farmacologica (318.000), in caso di rimborsabilità della terapia farmacologica il totale della spesa per quest’ultima ammonterebbe a 28,5 milioni di euro, mentre i pazienti non rispondenti continuerebbero a ricevere le forniture di pannolini all’attuale costo di 870€ per paziente, generando una spesa di 112,5 MLN di €. La stima dei costi complessivi a carico del SSN passerebbe, dunque, dagli attuali 278 MLN di € a 141 MLN di €, con una riduzione pari a 137 MLN. “FederAnziani – aggiunge il Presidente, Roberto Messina – chiede al Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin e al Direttore Generale dell’AIFA, Luca Pani, di approfondire lo studio in questione e qualora ne siano confermati i risultati, chiede di rendere operativo il modello proposto”.

 

(Foto: il Torinese)

Il caso Grecia tra diritti del popolo e doveri del governo

“Mio padre operaio sindacalista mi spiegava, o perlomeno cercava di spiegare a me, giovane massimalista, che le lotte erano necessarie per affermare i diritti. Diritti sanciti da accordi contrattuali o aziendali. Mio padre era un uomo di buon senso”

 

grecia partenoneMolto bello l’articolo di Barbara Castellaro (Rubrica TEMPO DI CRISI  – ndr).  Letto e riletto. Perché ho imparato delle cose. Precisamente si sono rinverditi i ricordi degli studi liceali, in particolare sulla Grecia, culla della natia della democrazia e della filosofia, base per tutti i saperi. L’articolo parlava di Storia. Sicuramente di Storia con la Esse maiuscola, ma sempre di Storia. Il popolo greco ha due diritti fondamentali: vivere dignitosamente e difendere la propria sovranità nazionale. Ha un dovere:  restituire i soldi prestati. Del resto non sarebbe un popolo orgoglioso se non facesse fronte anche ai propri doveri. Sicuramente trattando i tempi di restituzione e sugli interessi, anche opponendosi ad eventuali altri sacrifici. Ma dopo le trattative si dovrà suggellare il tutto con un accordo. Ecco la parola magica e sintetica: accordo. 

 

Mio padre operaio sindacalista mi spiegava, o perlomeno cercava di spiegare a me, giovane massimalista, che le lotte erano necessarie per affermare i diritti. Diritti sanciti da accordi contrattuali o aziendali. Mio padre era un uomo di buon senso. E, a volte, mi sembra che questo buon senso manchi. Può anche darsi che, che in Europa ci sia uno scontro tra potere finanziario e diritti dei lavoratori. Analisi e categorie interpretative datate. Che non colgono la complessità della situazione. Ma, ripeto, ammettiamo, diciamo per semplificazione di ragionamento, che il conflitto sia tra questi due opposti. Dunque? Sempre l’accordo ci vuole. Sapendo ovviamente che l’accordo si fa con l’altro, che non siamo noi. Che l’accordo può essere insoddisfacente, ma migliore della rottura. Ecco la seconda parola chiave: rottura! Queste convinzioni mi hanno portato ad essere molto scettico sull’uso del referendum.

 

Se vincessero i “sì” si dimetterebbe il presidente del Consiglio e probabilmente il governo greco si scioglierebbe. Se vincessero i “no” si allontanerebbe la possibilità d’accordo. Mentre scriviamo è tornata in auge la voglia del Governo greco di trattare. Vedremo sperando. Alle possibili accuse di personale arrendevolezza verso la Bce rispondo: l’accordo serve anche a chi, come il popolo greco, ha bisogno di ulteriori prestiti, per continuare a “sbarcare il lunario”. In altre parole hanno bisogno di prestiti per continuare a vivere. Le conseguenze della rottura ricadrebbero non solo sulla comunità europea, ma inizialmente e principalmente sulla comunità greca. E ciò, sono sicuro, la brava autrice dell’articolo, Barbara Castellaro, non lo  desidera.

 

Patrizio Tosetto

Guglielmo Marconi e il brevetto della radio

MARCONI 1MARCONI3MARCONI 2

Era il 2 luglio del 1897, 118 anni fa 

 

Avere 118 anni e non mostrare nemmeno una ruga, denunciare un malanno, soffrire di un acciacco, è più unico che raro. Ed è così per l’invenzione che cambiò per sempre la storia dell’uomo: la radio. Era il 2 luglio del 1897 quando Guglielmo Marconi, a Londra,  ricevette il brevetto brevetto “Perfezionamenti nella trasmissione degli impulsi e dei segnali elettrici e negli apparecchi relativi”. Tre anni prima, a vent’anni, il giovane  Marconi iniziò i primi esperimenti sulle onde elettromagnetiche nella villa paterna di Pontecchio (oggi frazione del comune di Sasso Marconi, nel bolognese) ispirato agli studi sulle onde elettromagnetiche realizzati dal fisico tedesco  Heinrich Rudolf Hertz. Da quel momento lo scienziato iniziò una serie di esperimenti sulle trasmissioni a distanza, utilizzando mezzi di fortuna. La prima trasmissione telegrafica senza fili avvenne dal suo laboratorio alla collina di fronte, dove si era posizionato il fratello Alfonso insieme con l’aiutante Marchi. Marconi trasmise il segnale che azionò un campanello al di là della collina e un colpo di fucile in aria lo avvertì che l’esperimento era riuscito. Così Marconi, classe 1874, nel giro di qualche anno, realizzò l’apparecchiatura che, oltre a renderlo uno degli uomini più celebri del suo tempo, rese il mondo più vicino e più piccolo, annullando le distanze. Buona parte delle sue attività la svolse  tra l’Inghilterra e l’Irlanda poiché sua madre era irlandese e suo padre, pur essendo italiano, decise di assumere la cittadinanza britannica.

 

Il traguardo successivo dell’intraprendente Guglielmo, ottenuto il brevetto,  fu la prima comunicazione transoceanica, creando un collegamento dalla Cornovaglia,nella zona di Poldhu, all’isola canadese di Terranova, dall’altra parte dell’Atlantico, dimostrando così che la curvatura terrestre non rappresentava un ostacolo alle trasmissioni radio. L’esperimento riuscì il 12 dicembre 1901 ed è facilmente immaginabile l’entusiasmo che suscitò quando dal Canada Marconi inviò all’antenna installata in Inghilterra i tre punti che nel codice Morse indicano la lettera “S”. S’inaugurò da quel periodo l’era commerciale degli apparecchi radio, che lo stesso Marconi iniziò a costruire in serie con la propria società, la Marconi Wireless Telegraph Company. Il nuovo dispositivo si rivelò presto uno strumento essenziale per la sicurezza del trasporto marittimo, al punto che ogni nave ne venne dotata e l’addetto al suo funzionamento fu indicato con il nome di “marconista”, in onore dell’inventore del radiotelegrafo. Vale la pena ricordare, a riprova dell’utilità dei segnali radio i 1.700 viaggiatori del transatlantico Repubblic che vennero tratti in salvo durante il naufragio di quel piroscafo proprio grazie alla possibilità di lanciare un S.o.S via radio. A coronamento di questi successi venne  assegnato a Guglielmo Marconi il Nobel per la Fisica nel 1909, riconoscendogli “il contributo dato allo sviluppo della telegrafia senza fili”.

Marco Travaglini

 

Alla Venaria la preghiera come arte ed esperienza umana

venaria pregare

Una mostra coglie attraverso l’atto della preghiera il filo rosso che accomuna fedi e culture diverse

 

È un’estate all’insegna delle mostre quella in corso alla Reggia di Venaria Reale, alla Sala delle Arti. Alla luce della forte affluenza di pubblico, le due esposizioni presenti sono state prorogate. Quella intitolata “L’arte della bellezza. I gioielli di Gianmaria Buccellati” sarà visitabile  fino al 29 novembre. L’esposizione dal titolo “Pregare. Un’esperienza umana” sarà visitabile fino al 23 agosto. Inaugurata l’11 aprile scorso,  in concomitanza con l’Ostensione della Sacra Sindone a Torino, la mostra sulla preghiera, presso la Sala delle Arti al secondo piano, si concentra sull’atto della preghiera nell’arte, intesa come un fenomeno antichissimo che accomuna universalmente culture e culti diversissimi tra di loro, rappresentando l’anelito dell’uomo verso la divinità,  l’ascesi, la perfezione, ma anche la richiesta di aiuto e di protezione rivolta al divino.

 

L’esposizione ne traccia un significativo racconto attraverso oggetti, immagini, video e opere provenienti da musei di tutto il mondo. Ideata e curata da Franco La Cecla e Lucetta Scaraffia,   la mostra è realizzata dal Consorzio La Venaria Reale in collaborazione con l’associazione Sant’Anselmo Imago Veritatis.  Si compone di mille metri quadrati di oggetti e testimonianze della pietà popolare, colte attraverso culti diversi, quali l’induismo, il buddismo,  il cristianesimo occidentale e orientale,  l’islam,  l’ebraismo. nLa continuità,  la ripetizione,  la circolarità sono i tre fenomeni che accompagnano il visitatore in questo viaggio speciale. L’uomo prega, infatti, creando magnifiche coreografie, ruotando, saltando, inginocchiandosi e prostrandosi,  intonando canti e cori, andando anche in trance. Il visitatore viene invitato a entrare in questi mondi attraverso gli oggetti che aiutano la preghiera, i suoni e le musiche che l’accompagnano. Figurano la statua di Shiva danzante, la ruota che moltiplica i mantra, costruita da due lama,  oggetti in argento provenienti dalla Sinagoga di Casale Monferrato, il culmine dorato di un minareto, fino agli astrolabi per calcolare i tempi annuali della preghiera islamica e all’inginocchiatoio di San Carlo Borromeo.

 

È anche possibile una partecipazione agli stessi riti nella profondità di una multiproiezione avvolgente, curata dal regista Stefano Savona, che ha realizzato due ore circa di filmati negli ultimi mesi in Nepal, Turchia, Etiopia,  Francia e Italia, in cui la preghiera è colta da tre punti di vista diversi e proiettati in uno spazio che avvolge lo spettatore.  Da parte dei curatori della mostra, la storica Lucetta Scaraffia e l’antropologo Franco La Cecla,  è stato individuato un sottile fil rouge che lega gli esseri umani, proprio a partire dalla riflessione sulla preghiera, simbolizzata dalle centinaia di rosari in esposizione; si tratta di uno strumento che i fedeli delle più diverse religioni usano per formulare in maniera ripetitiva la propria devozione, come se si percorresse un circolo. Il rosario è, infatti, presente con più o meno grani nella religione cristiana, nel buddismo, nell’Islam, nell’induismo,  in Asia e in Europa, oltre che in America latina. La mostra è sotto l’Alto patronato dell’Arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia,  e patrocinata dal Comitato per la Solenne Ostensione della Sindone 2015.

 Mara Martellotta

 

Orari: da martedì a venerdì dalle 9 alle 17.

Sabato,  Domenica e festivi: dalle 9 alle 19.

Lunedì chiuso.