redazione il torinese

Circoscrizione 7: FdI raddoppia

Nello scorso Consiglio della Circoscrizione 7 è stato ufficializzato il passaggio della Consigliera Giulia Gariglio nel gruppo di Minoranza Fratelli d’Italia. Assume il ruolo di vice capogruppo per lavorare in tandem con la Consigliera e Capogruppo Patrizia Alessi già collaudata attivista nel partito della Meloni fin dalla sua nascita. Alessi commenta: “sono soddisfatta e auguro un buon lavoro alla collega”.

Con l'alcol nel sangue si schianta in auto

Nonostante l’opera di prevenzione delle forze dell’ordine, che tengono la guardia sempre molto alta, tuttavia gli incidenti per persone che si mettono alla guida in stato di ebbrezza non smettono, anzi. Nella notte del 10 marzo scorso, a Castellar Guidobono, si era verificato un sinistro stradale nel quale il conducente di una Fiat Punto fuoriusciva dalla sede stradale, andando a impattare violentemente contro una recinzione di abitazione privata, causando gravissimi danni al veicolo nonché lesioni giudicate guaribili in 30 giorni al suo accompagnatore P.R., 20enne di Broni (Pavia). Come di prassi, il personale del NOR della Compagnia di Tortona aveva sottoposto l’autista, G.F., 25enne rumeno residente in Rivanazzano Terme (PV), agli esami clinici che hanno permesso di stabilire come lo stesso si fosse messo alla guida nonostante un tasso alcoolemico di 2,09 g/l: ben quattro volte superiore al limite consentito.L’uomo è stato denunciato alla Procura della Repubblica di Alessandria per guida in stato di ebbrezza da parte di neopatentato e lesione personali colpose stradali; inoltre gli è stata ritirata la patente di guida ai fini della revoca.

M.Iar.

 

In piazza contro il razzismo

Circa trecento persone con le bandiere della pace, e rapprentanze di  arci, cgil e cisl hanno preso parte alla manifestazione contro il razzismo svoltasi in centro città, con partenza da Porta Nuova.  L’iniziativa intendeva ricordare i 69 morti della manifestazione anti apartheid del 1960 in Sudafrica. Erano presenti gli assessori alle Pari Opportunità del Comune e della Regione,  Marco Giusta e Monica Cerutti.
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(Foto Carlo Granisso)

SINCRO, 15 piemontesi a Roma

La storica e maestosa piscina dei mosaici, al Foro Italico di Roma, sarà il palcoscenico del Campionato Italiano Invernale Junior, in programma da venerdì 22 a domenica 24 marzo

Dopo le varie manifestazioni e i campionato regionali, dopo gli Assoluti Invernali disputati a febbraio, numerose atlete di Piemonte e Valle d’Aosta sono pronte a rituffarsi in acqua per un importante evento nazionale. Le gare scatteranno nel pomeriggio di venerdì con i programmi tecnici di solo e duo e proseguiranno sabato con i liberi; domenica spazio agli obbligatori. Sono 272 le atlete iscritte nella prova di obbligatori e 15 di loro sono piemontesi, qualificatesi attraverso le gare regionali delle scorse settimane e in rappresentanza delle società Aquatica Torino (6 atlete), Abundance Synchro (4), Polisportiva UISP River Borgaro (2), SM Taurus Nuoto (2) e Aquafit (1). Sono invece più di 50 le atlete iscritte nelle prove di solo e duo, sia nel programma tecnico sia in quello libero; anche nei balletti saranno in campo alcune sincronette del nostro comitato regionale. Di seguito il programma completo del Campionato Italiano Invernale Junior. Programma completo su https://www.federnuoto.piemonte.it/finpiemonte/home_new/appro_new.asp?id_info=20190320104221&area=4&menu=agonismo&read=sincro

Si’ Tav in piazza a Torino il 6 aprile

Il prossimo 6 aprile sindacati e imprenditori scenderanno in piazza a Torino per ribadire il loro  Sì alla Tav. Sono 37 le associazioni torinesi e piemontesi che si sono confrontate con i movimenti ‘Sì Torino va avanti’, ‘Sì Tav Sì Lavoro’ e ‘Osservatorio 21’ allo scopo di individuare una linea  d’azione a favore dell’infrastruttura. Alla manifestazione potranno partecipare tutte le bandiere dei favorevoli alla tav.  Si scriveranno i punti di un Manifesto per definire il percorso per la realizzazione della Torino-Lione nel rispetto dei tempi concordati con l’Unione europea.

Museo Storico Reale Mutua: i primi cinque anni tra festa e bilanci

Un museo gratuito, ricco di storie e accessibile a tutti
Il Museo Storico Reale Mutua ha appena festeggiato i suoi primi cinque anni di vera vita. Nato quasi per gioco nel lontano 2007, ha assunto la fisionomia di un vero e proprio museo d’impresa tra 2013 e 2014. Infatti, risalgono a cinque anni fa i lavori di ampliamento e riallestimento delle sue sale, grazie ai quali il percorso di visita è diventato un vero e proprio viaggio, interattivo e multimediale, nel mondo di Reale Mutua. Ogni sala del museo custodisce numerosi documenti e oggetti che narrano storie e curiosità interessanti, non solo strettamente legate alla compagnia assicurativa. In effetti, si tratta di racconti che consentono di «scoprire la memoria e l’identità della nostra azienda — ha spiegato Carlo Enrico de Fernex, responsabile comunicazione istituzionale di Reale Mutua — e che, nel contempo, permettono di ripercorrere la storia di Torino e del nostro Paese».  Negli ultimi anni il museo ha lavorato molto affinché queste storie siano accessibili a tutti. Non si tratta solo di aver progettato un museo moderno, senza barriere architettoniche e sempre a ingresso gratuito, ma di lavorare quotidianamente per renderlo un luogo accogliente. Così, oltre a proporre percorsi didattici ad hoc per le scuole, si sta lavorando per disporre lungo il percorso strumenti che rendano la visita un’esperienza piacevole e arricchente anche per ciechi, ipovedenti e sordi. D’altronde, la volontà di migliorarsi è una costante della compagnia assicurativa che, nella prima sala del museo, si presenta al pubblico affermando: «noi siamo il risultato delle nostre scelte e della nostra storia».
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La festa con lo spettacolo di Alice Basso e delle Soundscape 2.0
Proprio per celebrare tale storia e festeggiare il primo lustro di vita del Museo Storico Reale Mutua, lo scorso 8 marzo  si è tenuto lo spettacolo “Signorina Bertero, dattilografa”. Quasi duecento persone si sono presentate all’ingresso di via Garibaldi per assistere alla performance della scrittrice Alice Basso. Nel suggestivo cortile porticato del museo, l’autrice si è esibita in compagnia delle musiciste della sua rock band tutta al femminile, le Soundscape 2.0. Dall’intesa che unisce Alice Basso a Claudia Fassina, Elisa Lorenzo, Maria Chiara Maccarrone e Daria Orami è nato un avvincente racconto in musica e parole. Facendo divertire e riflettere, giocando tra realtà e fantasia, Alice Basso e le sue musiciste hanno ripercorso la storia della prima donna impiegata in Reale Mutua. Egle Bertero (Bertone in realtà) venne assunta come dattilografa nel 1926, quasi cento anni dopo la nascita della compagnia assicurativa. Nonostante fosse abilissima nell’utilizzo della macchina da scrivere, nel 1928 fu costretta a lasciare il lavoro. La giovane si innamorò di un funzionario di Reale Mutua, che decise di sposare. I vertici della compagnia non ostacolarono la loro unione, ma dovettero rispettare la clausola di licenziamento per “causa di matrimonio” presente nel contratto di assunzione, in linea con quanto stabilito dalle leggi allora in vigore. Fu così che Egle Bertone lasciò il lavoro di dattilografa dopo soli ventiquattro mesi dal suo ingresso in Reale Mutua.  Quella di Egle Bertone è la storia di tante donne del secolo scorso. Una storia che la compagnia ha deciso di raccontare non solo attraverso lo spettacolo di Alice Basso, ma anche e soprattutto  nel percorso di visita. Non è un caso che le vicende della prima donna assunta dalla compagnia siano protagoniste della sala dedicata agli impiegati di Reale Mutua. Uno spazio nato per celebrare il lavoro di migliaia di uomini e donne che, a partire dal 1828, insieme hanno costruito il successo della compagnia.
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Giulia Amedeo
(foto di Claudio Ferrero)

Markale, il "mercato delle stragi" di Sarajevo

Vječna Vatra è la “fiamma eterna”, al centro di Sarajevo, all’angolo tra la Maršala Tita e Fehradija, la via pedonale principale del centro storico. Quella del memoriale alle vittime militari e civili della seconda guerra mondiale e ai partigiani, si dice sia l’unica fiamma che non si è mai spenta nemmeno sotto l’assedio

E’ un monumento dall’alto valore evocativo. La lapide ricorda una data, il 6 aprile del 1945. Il giorno della liberazione della capitale bosniaca dall’occupazione nazista e della   vittoria di serbi, bosniaci e croati che insieme riconquistarono la libertà. Insieme, uniti come le dita di una mano chiusa a pugno per resistere e colpire sotto le insegne dell’esercito partigiano di Tito. La dimostrazione visiva di una lotta comune, segnata dall’antifascismo  degli slavi del sud. Poi, dalla Vječna Vatra si va in direzione del mercato di Markale. La strada è breve: neanche il tempo di tirare il fiato e compare la piazza con i banchi di ferro e di legno del coloratissimo mercato della frutta e della verdura. Come in tutti i mercati c’è un via vai di gente. Donne anziane e ragazze si aggirano con le loro sporte tra cassette colme di patate, cetrioli e zucchine, peperoni rossi e verdi, sedano, mele e pere, gialli limoni, lunghe carote di un’arancio sfolgorante, melanzane dai riflessi violacei, cipolle e lunghe trecce d’aglio. Per non parlare dei funghi e delle varietà di frutta secca. Si rimane storditi dall’effluvio di profumi e dall’esplosione dei colori. Il vociare fitto è la colonna sonora di questo luogo d’incontro dove si chiacchiera, si ascoltano gli inviti dei venditori a comprare i loro prodotti, le domande curiose di chi, prima di scegliere, vuol sapere, soppesare, valutare la convenienza tra la merce e il prezzo. Nei mercati c’è vita e quello di Sarajevo non fa eccezione. Non si dovrebbe far molta fatica ad immaginare cosa poteva essere questo luogo d’incontro durante l’assedio sul finire degli anni ’90, con le poche cose offerte a prezzi da mercato nero, pagate a prezzo d’oro o scambiate per sigarette. Negli occhi di molti si nota ancora quel velo di tristezza e di dolore accumulati negli anni degli stenti e della guerra. In fondo al mercato, lungo la parete, una lunga lapide rossiccia ricorda i caduti delle stragi di Markale. Sì, stragi al plurale, poiché per due volte le granate serbe hanno massacrato i civili in questo mercato, nel cuore antico di Sarajevo. La prima volta, il 5 febbraio del 1994: 67 morti e 142 feriti. La seconda, il 28 agosto 1995, quando l’ultimo di cinque colpi di mortaio causò la morte di 37 civili e il ferimento di novanta. Adriano Sofri era là, quel giorno di febbraio del 1994. Così lo racconta: “Arrivammo in mezzo alla strage, cominciavano appena a raccattare i corpi e i feriti. C’ era un rumore terribile di pianti, di urla, di richiami concitati, di auto caricate alla rinfusa che sgommavano via. C’ era una gamba artificiale, staccata e diritta sul suolo. C’ erano scarpe, è incredibile come le scarpe si spandano nelle carneficine. C’ erano uomini grandi e grossi che soccorrevano e piangevano a dirotto. Toni Capuozzo si buttò nella falcidie, io non seppi fare niente. Da giorni avevo adottato, e viceversa, una banda di ragazzini che faceva capo a quella piazza del mercato. Avevo appuntamento con loro là, ogni giorno fra le tre e le quattro. Conoscevo ormai quasi una per una le persone del mercato, le vecchie che vendevano calzettoni fatti a mano e bacche selvatiche, il bambino che vendeva a malincuore un gallo, i vecchi che vendevano rubinetti e distintivi e medaglie, le fioraie: ero il più prodigo compratore di fiori della città. Anche quando mancavano il pane e le candele, a Sarajevo le case avevano voglia di fiori; e poi tutti avevano qualche tomba fresca alla quale destinare un fiore. I morti di Markale furono 68, i feriti nessuno li ha contati”. E’ necessario, a questo punto, raccontare qualcosa in più, oltre il sangue, l’odore della morte, il fumo tra le macerie. E’ la storia di una seconda violenza, quella del tentativo di rimuovere, nascondere, negare. Quello del mercato di Sarajevo è un caso tra i più clamorosi. Bisogna tener conto, innanzitutto, che quella guerra fu seguita dai media come mai era accaduto prima e come mai accadde dopo. Per diverse ragioni, quella bosniaca fu una guerra che entrò direttamente nelle case di tutti e in tutto il mondo. Le immagini erano in presa diretta, senza filtri. I giornalisti potevano documentarla fino nei minimi particolari sia con i mezzi moderni della tecnologia sia con quelli tradizionali degli inviati che, taccuino alla mano e reflex al collo, rischiavano del loro sulla front line. E poi, diciotto anni fa, i giornalisti erano più liberi di fare il proprio lavoro, non erano “embedded” come al giorno d’oggi. “Embedded” è una parola inglese che, applicata ai giornalisti, equivale a dire che quest’ultimi sono “incastrati” nell’esercito, che si muovono solo con le truppe, con l’impossibilità di informarsi da fonti che non siano quelle dei comandi militari (in uno studio di una università americana , su 750 articoli presi in esame le fonti in “divisa” rappresentavano l’unica voce nel 93 per cento dei casi).   Risulta evidente come questo voglia dire che oggi, agli inviati di guerra, è concesso di vedere, sentire, filmare e trasmettere solo quello che conviene alle gerarchie militari che li hanno autorizzati. In Bosnia la realtà stava lì, sotto gli occhi di tutti. C’erano le prove, sanguinanti e urlanti. Nessuno poteva dire di non sapere. In centinaia sono andati in Bosnia Erzegovina come inviati di guerra”, scrive Azra Nuhefendic. “Giravano ovunque pareva loro, guardavano, toccavano, filmavano, registravano, vivevano con gli accerchiati, soccorrevano le vittime, entravano nelle città assediate, brindavano con i criminali, dibattevano con presidenti, ministri, generali, osservavano i bombardamenti dalle posizioni di tiro. A Sarajevo alcuni giornalisti si appostavano nei luoghi dove, solitamente, i cecchini uccidevano i passanti, o dove si faceva la fila per qualcosa. Sapevano che prima o poi potevano filmare la morte in direttaA volte addirittura veniva offerto “un assaggino”, come è successo al mio collega e amico che lavorava per l’agenzia AP a Belgrado. Mi
raccontava che, quando visitava le posizioni dei serbi sopra Sarajevo, gli offrivano grappa e anche, se gli faceva piacere, di
 “sparare un po’ sulla città”. Nonostante l’enorme mole di testimonianze dei sopravvissuti, un infinità di libri, le innumerevoli fosse comuni scoperte e aperte, le tonnellate di documenti sui quali si basano le sentenze del Tribunale dell’Aja, c’è chi cerca di negare tutto, di ricostruire le vicende con la menzogna, di distorcere le verità documentate. Un cumulo di menzogne per tentare, in modo maldestro ma insidioso, di ricostruire la storia, modificando i fatti e ribaltando le responsabilità. Ecco allora la leggenda macabra – di matrice serba e cetnica – secondo cui i bosniaci musulmani “si uccidevano da soli”. Un “argomento” utilizzato spesso quando si parla del massacro al mercato di Markale. In questo caso le autorità serbe negarono ogni responsabilità, accusando il governo bosniaco di aver bombardato la propria gente per suscitare lo sdegno internazionale e il possibile intervento NATO. Nel caso della seconda strage, l’allora presidente della Republika Srpska, Radovan Karadžić, affermò che a Markale “è stato tutto una messa in scena e una frode.” Non solo. Inviò una lettera ai presidenti di Russia e Stati Uniti, Eltsin e Clinton, affermando: “Dalle immagini TV si vede chiaramente che i cadaveri sono stati manipolati, e che tra i ‘cadaveri’ ci sono anche pupazzi di stoffa e plastica.” Un giornalista serbo bosniaco , Risto Džiogo, andò oltre,ricostruendo in modo vergognoso lo scempio del mercato. Nello studio della televisione di Pale, dove lavorava, mise per terra dei pupazzi di plastica e di stoffa sdraiandovisi accanto e fingendo di essere uno dei serbi morti che sarebbero stati utilizzati nella messa in scena a Markale. Ma già dal giorno dopo delle prime granate perse avvio il martellamento del regime di Slobodan Milošević e dei media serbi contro “il complotto bosniaco”, producendo “spiegazioni” e svelando i “retroscena” del massacro. Ovviamente, autoassolvendosi. Nel marzo del 1995, il ministero dell’Informazione della Repubblica di Serbia produsse un documento intitolato “Dossier Markale Market“ nel quale gli autori spiegavano che la “auto-vittimizzazione” dei musulmani proveniva dalla stessa “mentalità islamica” e che faceva parte dell’assioma per cui “è un onore morire per l’Islam”. Puro razzismo e spregevole menzogna, ovviamente. Ma, a forza di menzogne e di propaganda, s’insinua il tarlo.Si citarono documenti segreti, si pubblicarono “prove storiche”. Venne chiamato in causa un testimone ( rigorosamente anonimo) , pronto a giurare che “la notte prima del massacro sul mercato sono stati portati i cadaveri, e che la maggior parte dei feriti musulmani proveniva dai campi di battaglia di Mostar e Vitez”. Ancora Azra Nuhefendic, giornalista bosniaca che vive e lavora a Trieste: “Come a cerchi concentrici queste affermazioni, ripetute varie volte, aumentavano e si diffondevano nel tempo e nello spazioUn quotidiano di Belgrado, “Kurir”, nel 2009, scriveva che i servizi segreti albanesi del Kosovo “ possiedono una copia del piano dei bosniaci che prova la teoria secondo cui la strage di Markale fu tutta una messa in scena del governo di Sarajevo”. Il Presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik, ogni tanto riattizza il mito e ripete che “la strage di Markale è stata una messa in scena, come anche la strage dei giovani a Tuzla” . Persino Radovan Karadžić, nel suo processo davanti al Tribunale dell’Aja, non perse l’occasione per stare zitto e ripetè quello che diceva all’epoca in cui guidava il governo di Pale: “Il massacro al mercato di Markale 2 è stato organizzato dalle forze governative bosniache, e la maggior parte dei corpi ritrovati erano vecchi cadaveri e manichini“.
Ma davvero i  “bosniaci si sparavano da soli”? In un rapporto sulla seconda strage di Markale il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha concluso che “tutti e cinque i proiettili erano stati sparati dall’esercito della Republika Srpska”. Davanti al Tribunale dell’Aja è stato documentato che, nel caso della prima strage. “il colpo di mortaio, senza alcun ragionevole dubbio, è arrivato dalle posizioni dell’esercito dei serbi bosniaci”. L’ex capo degli affari civili delle Nazioni Unite in Bosnia, David Harland, davanti all’Aja , ha testimoniato che lui personalmente aveva suggerito all’allora comandante delle Nazioni Unite, Rupert Smith, “di fare una dichiarazione neutra” per non allarmare i serbo bosniaci, che sarebbero stati in questo modo avvisati degli imminenti attacchi aerei della NATO contro le loro posizioni. “Se avessimo puntato il dito contro i serbi, le truppe dell’UNPROFOR, stazionate nel territorio sotto il controllo dell’esercito serbo bosniaco, potevano essere esposte ad attacchi di rappresaglia”, ha spiegato Harland. Questa versione venne confermata dal generale Rupert Smith davanti al Tribunale dell’Aia e in un suo libro. Smith ha sostenuto che già allora (ndr. 1995) aveva una relazione tecnica secondo cui “al di là di ogni ragionevole dubbio il proiettile era arrivato dalle posizioni dell’esercito serbo bosniaco”. E sui musulmani che si sparavano da soli? Confermando di aver sentito queste voci, dichiarò che “nessuno mai mi ha dato una prova di ciò”. Ovviamente, verrebbe da dire. Intanto, due generali serbi, Dragomir Milošević e Stanislav Galić, sono stati processati e condannati, rispettivamente a 33 anni di carcere e all’ergastolo, per l’assedio e il bombardamento di Sarajevo, comprese le stragi di Markale. C’è chi ancora dà credito al grido di “al lupo, al lupo”, di matrice serba. Dove, evidentemente, il lupo è bosgnacco. E’ ignoranza, pigrizia nel cercare la verità, menefreghismo, voglia di rimuovere tutto perché tanto i morti sono morti ? Può darsi. Ma chi ha responsabilità   politiche, chi fomenta il   nazionalismo, che insiste sulle falsità non lo fa per ignoranza, ma per uno scopo ben preciso. Azra Nuhefendic , in un bell’articolo, parlando di questo, cita George Orwell: “Il linguaggio politico è progettato per rendere la bugia veritiera, l’omicidio rispettabile, e per dare al vento un aspetto solido”. Il mercato, intanto, si sta svuotando. I banchi sono tristi, senza la merce. Un vecchio ritira le sue patate in una cassetta e un altro – avranno la stessa età? – rovista tra gli scarti della verdura alla ricerca di qualcosa da buttar in pentola. E’ un istantanea della città che ha bisogno di normalità ma sente sulle spalle la fatica e la stanchezza del passato.

Marco Travaglini

Ultimi giorni per visitare "I Macchiaioli"

Chiude domenica 24 marzo la mostra organizzata e promossa da Fondazione Torino Musei, GAM Torino e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, a cura di Cristina Acidini e Virginia Bertone, con il coordinamento tecnico-scientifico di Silvestra Bietoletti eFrancesca Petrucci, che vede la collaborazione dell’Istituto Matteucci di Viareggio e che presenta oltre 80 opere provenienti dai più importanti musei italianienti e collezioni private, in un ricco racconto artistico sulla storia del movimento dei macchiaioli, dalle origini al 1870, con affascinanti confronti con i loro contemporanei italiani. Il pubblico ha accolto con grande interesse l’esposizione, e a ieri la mostra ha raggiunto 95.491 presenze. A chiusura della mostra si prevede il superamento dei 100.000 visitatori a dimostrazione del gradimento suscitato da questo percorso espositivo. Per agevolare coloro che ancora non avessero visitato la mostra, la GAM prolungherà eccezionalmente l’orario di apertura fino alle 21.00 (ultimo ingresso alle 20.00) nelle giornate conclusive di sabato 23 e domenica 24 marzo. Anche la caffetteria del museo e le librerie saranno aperte eccezionalmente fino alle 21.00. Inoltre sia sabato 23 sia domenica 24 sono previste due visite guidate extra (alle 18 e alle 19.30) con prenotazione obbligatoria:

Future Job a Mondojuve, 400 posizioni lavorative

Dal 28 al 31 marzo 2019 Mondojuve, lo Shopping Center situato in Strada Debouchè tra i Comuni di Vinovo e Nichelino, organizza e ospita la prima edizione di Future Job, quattro giornate dedicate alla formazione e all’orientamento per coloro che sono alla ricerca di un nuovo impiego o di nuove opportunità di crescita professionale

 

L’evento gratuito e aperto a tutti dalle ore 10 alle 20 proporrà spazi e momenti di incontro, scambio e confronto tra domanda e offerta di impiego, con l’obiettivo di favorire l’ingresso dei partecipanti nel mercato del lavoro, in particolare nelle nuove realtà commerciali di prossima apertura nel Retail Park di Mondojuve.

 

Sono più di 400 le posizioni lavorative offerte dalle oltre 20 realtà aderenti all’iniziativa, tra cui punti vendita di prossima aperturanel Retail Park di Mondojuve come DM Markt, Ishuè, MaxiZoo e Sportland, aziende nazionali e locali come Piemex e Tecnocasa, Agenzie per il Lavoro tra cui Adecco, Etjca e Manpower, start-up e co-working ad alto impatto innovativo come Laborplay, Centri per l’Impiego ed Enti di Formazione.

 

I partecipanti avranno la possibilità di sostenere colloqui di presentazione e di selezione (anche più di uno nella stessa giornata), ricevere un supporto su come orientarsi nella ricerca di lavoro, scoprire come valorizzare e revisionare il proprio curriculum vitae, acquisire informazioni, strumenti e competenze utili a comprendere al meglio le dinamiche attuali del settore.

 

Verrà dedicata attenzione anche ai lavoratori over50, occupati e non, che in una bacheca dedicata potranno trovare annunci di lavoro e occasioni formative sul territorio.

 

L’iniziativa coinvolgerà inoltre gli studenti, in particolare quelli delle scuole secondarie di secondo grado del territorio, che avranno la possibilità di visitare gli stand e partecipare a due interessanti conferenze, il 28 e 29 marzo, sul tema Giovani e Lavoro: cosa offre e cosa offrirà il mercato del lavoro, per trovare spunti stimolanti e capire come cominciare ad orientarsi nel mondo lavorativo al termine del percorso scolastico.

 

Tutte le realtà aderenti saranno presenti con propri stand, presso i quali potranno raccogliere i curriculum vitae e offriranno consulenza ai partecipanti interessati. L’area espositiva allestita vedrà una suddivisione degli spazi tra la Galleria Artemisia, dedicata ad ospitare gli stand, e la Galleria Diana all’interno della Food Court, dove si terranno le attività rivolte agli studenti.

 

Giovedì 28 marzo dalle ore 9:30 alle 10:30 Laborplay spiegherà i nuovi metodi di selezione del personale attraverso l’utilizzo di giochi e videogiochi per la valutazione delle soft skill. 

 

A seguire, dalle 10:30 alle 11:30 Umana terrà un intervento, rivolto in particolare agli studenti delle classi quinte delle scuole superiori ad indirizzo tecnico, sul tema del colloquio di lavoro e delle soft skill attualmente più richieste dalle aziende. Al termine dell’incontro, gli studenti potranno sostenere un breve colloquio per valutare le proprie competenze trasversali e partecipare così al programma nazionale “A scuola di lavoro con Umana”.

 

Dalle 11:30 alle 12:30 DM Markt si presenterà al pubblico e dalle 12:30 alle 13:00 Anpal Servizi tratterà il tema relativo alle piattaforme e agli algoritmi per le competenze e le professioni del futuro.

 

Venerdì 29 marzo dalle ore 9:30 alle 10:30 Adecco racconterà come redigere un curriculum vitae efficace; seguirà l’intervento di MaxiZoo dalle 10:30 alle 11:30, dal titolo Happier Pets, Happier People, Happier Jobs e di Manpower, che fino alle 12:30 si focalizzerà sul lavoro dei futuro e sulle nuove professioni emergenti.

L’evento Future Job ha ricevuto il patrocinio di Regione Piemonte, Città Metropolitana di Torino, Città di Torino, Comune di Nichelino e Comune di Vinovo. Media partner della manifestazione è TGCOM24.

 

Per maggiori informazioni sull’evento Future Job è possibile consultare il sito ufficiale dello Shopping Center Mondojuve www.mondojuve.it o la pagina Facebook Mondojuve Shopping Center.