redazione il torinese

Buronzo, il Castello delle Sorprese

Una gita fuori porta ? A Buronzo, a metà strada tra Milano e Torino, ma in provincia di Vercelli, nei giorni festivi (23,25,30 aprile, 1 e 7 maggio) un nuovo magico percorso nel Castello, con il gran finale con il ballo della “Bella e la Bestia”, i cantastorie, gli Artisti della Fantasia, i giochi di una volta, gli Acrobati della Cuccagna, la gastronomia con la tipica Panissa vercellese, i mercatini delle favole e prodotti tipici nel borgo medievale.

Terza edizione del Castello delle Sorprese, grande evento dedicato alla fantasia e al racconto, che ogni anno richiama nell’antico borgo e Castello di Buronzo, migliaia di visitatori da tutta Italia.

Dieci attori, con il supporto di installazioni, proiezioni e allestimenti scenografici guideranno la visita-spettacolo nelle stanze del Castello, dalle 9.45 alle 18.00.

Gli ingressi avvengono a piccoli gruppi, ogni 15 minuti: è consigliata la prenotazione on line sul sito www.castellodellesorprese.it

Titolo dell’installazione-spettacolo 2017 è “La Foresta Incantata”, un percorso di circa un’ora nell’immaginario per tutte le età, tra alberi sonori, giostre fantastiche, maghi e il gran finale con il ballo della “Bella e la Bestia”, cantato dal vivo e interpretato con la partecipazione dei visitatori.

Ci sarà anche una nuova area dedicata agli “Artisti della fantasia”, con laboratori e dimostrazioni di pop-up e diorami di carta, teatro disegnato e costruzione di giochi in legno.

Al Castello delle Sorprese si potrà incontrare, anche uno degli ultimi, veri cantastorie toscani, Felice Pantone.

Ma le sorprese non finiscono nel Castello: come nelle precedenti edizioni il suggestivo borgo medievale di Buronzo ospiterà nel centro storico la riscoperta di uniche ed originali attività per un pubblico di ogni età: 50 postazioni di giochi di una volta e  l’originale sfida degli Acrobati professionisti del Palo della Cuccagna, da 15 metri.

 

Tutti i posteggi sono gratuiti, a pochi minuti a piedi dal centro storico e collegati anche con un servizio di trenino turistico. Per scaricare il programma completo e per prenotazioni visitare il sito www.castellodellesorprese.it.

Elio Motella

Lions club, cento anni all’insegna della solidarietà

L’attività umanitaria e la diffusione dei principi ispiratori del movimento mondiale del lionismo

Sono ovunque. Sono uomini e donne che, guidati dal motto “noi serviamo”, lavorano in tutto il mondo per dare una risposta concreta ai bisogni delle comunità locali e promuovere la pace. Hanno fatto del volontariato e della solidarietà la loro vocazione, il loro cuore batte per il bene dell’umanità. L’obiettivo che anima il loro impegno è dare speranza, salute, benessere e opportunità alle persone di ogni angolo della terra. Sono “Lions”, fieri ed orgogliosi di appartenere alla più grande associazione di volontariato nel mondo, il “Lions Club International”, che quest’anno taglia il traguardo del suo primo secolo di vita con un biglietto da visita di tutto rispetto: sono un milione e 400 mila, attivi in 210 Paesi con 46 mila Club. Tutti insieme, in un anno mettono in moto una macchina che vale 175 milioni di euro in servizi alla comunità e in 100 anni ha assistito oltre 148 milioni di persone. Visti da molti come realtà esclusive e associati soprattutto a grandi galà e banchetti sfarzosi, i Lions con i loro i momenti conviviali e cerimoniali di antica tradizione – come l’ascolto degli inni della nazione del presidente internazionale, di quello europeo e di quello italiano seguiti dalla lettura del Codice dell’Etica – mantengono vivo il senso di appartenenza che consente loro di condividere non solo il pane, ma soprattutto idee e azioni al servizio delle comunità.

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E’ la primavera del 1917 quando Melvin Jones, uomo d’affari di Chicago, incoraggia i soci del club che frequenta, il Business Circle di Chicago, a guardare oltre gli interessi personali e dedicarsi al miglioramento della comunità e del mondo: “Non si può andare tanto lontano finché non si inizia a fare qualcosa per il prossimo”.Quelle parole rappresentano il primo tassello di un percorso che il 7 giugno dello stesso anno conduce alla fondazione dell’”Association of Lions Clubs”, termine che diventa acronimo di “Liberty, Intelligence, Our Nation’s Safety”. E’ ancora Melvin Jones a descrivere il logo dell’associazione: “Un leone rivolto con orgoglio al passato, con fiducia in sé stesso verso il futuro e che guarda in tutte le direzioni per rendere un servizio”. Nell’ottobre dello stesso anno, alla convention nazionale di Dallas, vengono approvati lo statuto, il regolamento, gli scopi e il codice etico di un’Associazione che in tre anni diventa internazionale ed entra a pieno titolo nella storia dell’umanità. A distanza di cento anni, i principi e i valori del Lions Club International rimangono immutati. Obiettivo dell’Associazione è, oggi come allora, “Servire la propria comunità, soddisfare i bisogni umanitari”. Medesima la missione: “Promuovere la pace”. Preciso lo scopo: “Partecipare  attivamente al bene civico, culturale, sociale e morale della comunità”. Identico il codice etico: “Essere solidali con il prossimo offrendo aiuto ai deboli e sostegno ai bisognosi. Essere cauti nella critica, generosi nella lode, sempre mirando a costruire e non a distruggere”.

 

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Un’associazione orgogliosa del proprio glorioso passato, concentrata nel presente sull’obiettivo di migliorare le condizioni di vita del più alto numero possibile di persone, attenta a cogliere le sfide del futuro con ambiziosi traguardi da raggiungere per “lasciare il segno” e “fare la differenza”. Passato, presente e futuro all’insegna della continuità. I Lions sono stati, sono e continueranno ad essere “i cavalieri dei non vedenti nella crociata contro le tenebre”, sfida raccolta nel 1925 da Helen Keller, scrittrice e insegnante statunitense sordo-cieca alla quale fu dedicato il romanzo “Anna dei miracoli”. Su sua esortazione i Lions si sono impegnati in iniziative che li hanno portati ad ottenere il pieno riconoscimento a livello mondiale per il miglioramento della vita di non vedenti e ipovedenti. A loro si devono l’invenzione del bastone bianco; l’istituzione di scuole di addestramento che ogni anno donano cani guida a chi ne ha bisogno; la realizzazione di centri oculistici; la creazione di un prezioso centro per la raccolta di occhiali usati, che una volta rimessi a nuovo vengono regalati a chi non se li può permettere; l’ideazione del “libro parlato”, per consentire a chi non vede di “ascoltare” un testo; la promozione di campagne di prevenzione, screening e visite oculistiche per bambini (“Sight for kids” il nome dell’iniziativa dedicata ai più piccoli) e adulti di tutte le età. L’Associazione, che collabora con l’Organizzazione Mondiale della Sanità nella lotta contro la cecità evitabile e le minacce alla vista causate da diabete e altre patologie, ha aiutato milioni di persone fornendo occhiali e cure, sempre a titolo completamente gratuito. E dove lenti e medicina non risolvono il problema, intervengono altri generi di conforto: nel Natale del 1956 un bambino di sei anni non vedente riceve dal Lions Club di Detroit la sua prima batteria; quel bambino si chiama Steve Wonder e diventerà la leggenda del soul americano.

La tutela della salute rappresenta uno dei campi di particolare attivismo dei Lions: sono impegnati nella lotta al morbillo con importanti partnership che consentono di portare i vaccini a chi rischia di contrarre la malattia; sostengono programmi per l’educazione, la prevenzione e la cura del diabete; con il “Progetto Martina” informano e sensibilizzano i giovani sulla lotta ai tumori; affrontano il problema delle patologie rare attraverso un portale dedicato e il tema della medicina di genere con “Il cuore delle donne”.

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Grande l’attenzione dedicata ai giovani, con iniziative che vanno dalla prevenzione delle dipendenze all’informazione sulla sicurezza stradale. Non manca un fitto calendario di “scambi giovanili” e “campi della gioventù”, che offre anche ai disabili l’opportunità di conoscere nuovi luoghi e altre culture. Attraverso “Programma Alert”, i Lions sono in grado di intervenire tempestivamente in occasione di calamità naturali e catastrofi. Hanno portato soccorso alla popolazione e collaborato a imponenti ricostruzioni in Giappone, Stati Uniti, Indonesia, Pakistan e Haiti. Si sono mobilitati all’indomani del violento terremoto che nei mesi scorsi ha colpito il centro Italia e grazie alla “Lions Club International Foundation”, fondata nel 1968 per sostenere i progetti umanitari dei Lions, hanno raccolto in tutto il mondo più di 2 milioni di dollari per aiutare le comunità messe a dura prova dal tragico evento. Non ci sono barriere per i Lions, sempre pronti a tendere la mano al prossimo. Non ci sono confini e non contano la nazionalità e il colore della pelle. “Là dove c’è bisogno, lì c’è un Lions”, amano ripetere, pronti a darsi da fare. Eccoli realizzare pozzi dove la carenza di acqua potabile è un problema vitale; creare orti dove la fame mette a rischio la sopravvivenza; costruire scuole e infrastrutture in Burkina Faso o in altre terre dimenticate; progettare e realizzare un nuovo “service” per prevenire un problema o risolverne un altro nella comunità di appartenenza o in Paesi lontani. In occasione della convention internazionale di Toronto del 2012 i Lions hanno assunto l’impegno, in vista delle celebrazioni del Centenario, di arrivare a servire almeno 100 milioni di persone entro il 30 giugno 2018 in quattro diverse aree: “Coinvolgere i Giovani”, “Aiutare a prevenire i problemi della vista”, “Combattere la Fame”, “Proteggere l’Ambiente”. La progettualità messa in campo in questi settori, senza tralasciare le iniziative già avviate, ha consentito loro di raggiungere l’obiettivo già a metà settembre 2016. Il 2017 rappresenta un anno importante per i Lions. Una presenza antica, ma aperta al futuro, che quest’anno oltre a celebrare cento anni di vita e di attività festeggia anche i cinquant’anni dei Leo, i Lions del futuro, e i trent’anni dall’ingresso delle donne nell’Associazione, che hanno apportato un contributo determinante per trasformare la maggioranza silenziosa in cittadinanza attiva. Tre anniversari, tre punti di arrivo che rappresentano la linea di partenza per affrontare nuove sfide e continuare a contribuire al benessere di milioni di persone in tutto il mondo.

Paola Zanolli

Buone notizie dal Marocco

FOCUS / di Filippo Re

Una buona notizia arriva dal Marocco. I marocchini che vogliono lasciare la religione islamica e convertirsi a un’altra fede non rischieranno più la pena di morte. Il Consiglio superiore degli Ulema, massima autorità religiosa presieduta da re Mohammed VI, sancisce la possibilità di convertirsi ad altre religioni. Nei Paesi islamici l’apostata viene condannato a morte ed è vietato il proselitismo. Il Marocco riconosce da sempre il pluralismo religioso e condanna l’estremismo religioso. Rispetto a una fatwa (sentenza religiosa) del 2012 che aveva suscitato molte critiche, in cui si approvava la condanna a morte per il reato di apostasia, il Consiglio religioso ha annunciato una nuova interpretazione della norma riconoscendo libertà di coscienza al musulmano e la possibilità di cambiare religione. Per il momento la pena capitale resta in vigore per tale reato anche se negli ultimi anni non ci sono state condanne a morte per gli apostati. Il Codice penale dovrà essere modificato e ciò richiederà tempo.

Siamo di fronte a un vero cambiamento del discorso religioso più volte annunciato dal monarca marocchino? Si può parlare di svolta storica sull’apostasia ? Per il professor Paolo Branca, docente di islamistica e di storia dei Paesi arabi all’Università cattolica di Milano, si può parlare di “svolta” “perchè per la prima volta questa cosa viene riconosciuta come principio e in pratica la pena di morte per apostasia non veniva applicata nella maggior parte dei casi. Il Marocco sta facendo tanti passi avanti nel senso che il Codice civile già anni fa aveva introdotto importanti diritti per le donne e poi c’è l’importante documento di Marrakesh di circa un anno fa, dove le minoranze religiose venivano dichiarate da rispettare, in base al principio di cittadinanza, quindi riconoscendo un principio universale”. La decisione degli Ulema marocchini è una notizia positiva anche per Roberto Tottoli, docente di islamistica all’Università di Napoli L’Orientale, “anche se è difficile spiegare perchè certi musulmani non possano essere liberi di scegliere la propria religione. Forse, la prima decisione del Consiglio superiore degli Ulema era dovuta ai timori per la nascita delle prime associazioni di ex musulmani in Marocco. Questa, forse, nasce invece da una condivisibile logica opposta, ovvero che ogni tradizione ha radici storiche che è sempre più difficile imporre ad oltranza in un realtà completamente diversa”. Si calcola che negli ultimi dieci anni circa 25.000 marocchini abbiano lasciato l’Islam per passare al Cristianesimo. L’annuncio degli Ulema ha un carattere quasi rivoluzionario ma ha trovato molta risonanza più sulla stampa estera in lingua inglese e francese che su quella araba. A gennaio era uscita un’altra notizia che aveva destato stupore e malcontento negli ambienti più reazionari e conservatrici: il Ministero dell’Interno aveva proibito la produzione e la vendita del burqa per presunti motivi di sicurezza e i salafiti non avevano perso tempo a condannare tale divieto come una pericolosa “deriva modernizzatrice”. Il passo compiuto dagli ulema marocchini è molto importante, secondo padre Samir, islamologo e professore emerito all’Università St.Joseph di Beirut, “perchè hanno deciso di non applicare in modo letterale ma di “reinterpretare” la sharia, la legge islamica, adattandola al contesto attuale. Il Consiglio degli ulema, la più importante autorità religiosa del Paese, ha proposto una nuova interpretazione che smentisce una fatwa del passato, secondo cui l’apostasia deve essere punita con la pena di morte. Gli esperti islamici propongono una nuova versione emendata della “ridda” (in arabo apostasia dall’Islam, ndr) in base alla quale l’apostasia viene punita con la morte solo se inserita nel contesto di un tradimento “politico”. Ma per padre Samir il caso degli ulema marocchini non è così isolato perchè “ci sono centinaia di migliaia di persone che vogliono cambiare. Il problema è che il potere religioso è in mano ai leader, agli imam. E poi vi sono i responsi delle Università come al-Azhar che sono manipolate e mantenute dall’Arabia Saudita e dall’insegnamento tradizionale e ne influenzano le decisioni. Vi sono milioni di musulmani che non vogliono questo e tanti intellettuali che scrivono e argomentano ma non hanno il deposito della religione per potersi affermare”. Molto rumore per nulla? Quanto sta accadendo è forse il segnale di un dibattito in corso nella società marocchina ma non l’inizio di una vera revisione della questione. Le stesse fonti ufficiali marocchine hanno subito ridimensionato il valore di una decisione che sembrava come storica.

Filippo Re

 

Juventus – Torino: Ljajic spettacolo, Higuain implacabile… il derby della Mole finisce 1-1

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LA GALLERIA FOTOGRAFICA COMPLETA SU: WWW.FOTOEGRAFICO.NET

di Claudio Benedetto

Il sogno del Toro si ferma di nuovo nei minuti di recupero, Higuain rimette a posto le cose dopo il fantastico gol su punizione di Ljajic. Finisce quindi 1-1 un bel derby, combattuto, con la Juve un po’ distratta dai pensieri di Coppa  un Toro vivo e capace di colpire senza pietà… o quasi. La Juve, a dire il vero, ha sempre tenuto il pallino del gioco in mano creando molte occasioni, talvolta in maniera  un po’ scombinata, commettendo parecchi errori sotto porta. Il Toro, da parte sua, ha tenuto botta con ordine e alla fine recrimina sulla contestata espulsione di Acquah che ha privato la squadra oltre che di un uomo anche di uno dei suoi cardini di centrocampo. Risultato tutto sommato giusto, visto l’andamento del gioco, ma certo che i granata ci avevano davvero fatto il gusto ad una vittoria sfuggita, come spesso è capitato negli ultimi anni, proprio sul filo di lana.

La cronaca: Allegri fa un bel po’ di turn-over, cambiando ben otto uomini rispetto alla vittoriosa trasferta di Monaco, presentando un quasi inedito ma ben equilibrato 4-4-2 con un centrocampo “robusto” e puntellato dai muscoli di Rincon e Sturaro. Il Toro invece si presenta con il solito modulo e gli uomini migliori per interpretarlo.Primo tempo con tante occasioni per la Juve, traversa di Benatia, paratone di Hart su Sturaro, Lichtsteiner e Dybala, erroraccio di Bonucci quasi sulla linea di porta e squadre che vanno all’intervallo senza gol. Il Toro limita i danni quasi senza reagire e senza mai dare modo a Belotti di esprimere il suo talento e la sua velocità.

La ripresa comincia con lo stesso spartito del primo tempo fino a quando Ljajic, con una stupenda punizione proprio nel sette, rompe l’equilibrio, 0-1 per il Toro e folle corsa del serbo fin sotto il settore ospiti. La Juve reagisce con veemenza, ma l’episodio che cambia le sorti della partita è l’espulsione di Acquah per un’entrata su Mandzukic , sicuramente sul pallone ma con piede comunque a martello, Toro in 10 e senza il suo allenatore, anche lui allontanato a causa delle violente proteste per l’episodio.

La Juve, che si trova sotto di un gol ma in superiorità numerica, attacca a testa bassa ma continua a sprecare di tutto: Khedira, Bonucci e anche Higuain, entrato nel frattempo, gettano alle ortiche un numero considerevole di buone se non ottime occasioni per pareggiare. Quando sembra che l’assedio juventino al fortino di Hart sia oramai in esaurimento ecco che Higuain, da grande campione, prende per mano i bianconeri e segna di potenza un gol che comunque, in qualche maniera, rende giustizia alla superiorità della Juventus, anche se il Toro, vincendo, non avrebbe comunque demeritato!

Toro che, pur se con un risultato positivo, non riesce a chiudere quello che era rimasto il suo ultimo obiettivo, cioè vincere il derby, e Juve che dovrà ancora attendere un po’ per festeggiare il suo sesto scudetto consecutivo… per ora barra dritta sulle Coppe, la Champion’s che martedì sera può portare la finale e la Coppa Italia che invece, sempre per quanto riguarda la finale, andrà probabilmente giocata già la settimana successiva!

Tutte le foto di Claudio Benedetto su: http://www.fotoegrafico.net

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

Di Pier Franco Quaglieni

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A Torino  continua ad essere difficile avviare un discorso storico con il necessario distacco. Gli odi non si sono mai rimarginati e forse non si rimargineranno mai. La storia, invece, può far ciò che i singoli uomini non possono

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I professori universitari, dopo quelli medi, da oggi al 30 giugno dovranno  seguire un corso obbligatorio sulla sicurezza.

Scrive Gabriella Bosco che insegna Letteratura francese a Torino :il corso insegnerà a non fare gesti azzardati,ad evitare i pericoli, a cosa fare se uno studente ci butta un libro in testa,se c’è corrente in aula o i fili sono scoperti…”. C’è nella Bosco un briciolo di ironica esagerazione,ma non più di tanto. I professori medi sono stati sottoposti a corsi sulla prevenzione degli incendi e sul pronto soccorso,forse anche sull’educazione sessuale degli allievi. E’ mai possibile che nessuno abbia il coraggio di dire  che a questi compiti sono incaricati i bidelli, oggi chiamati operatori scolastici o qualche altra simile diavoleria che li assimila a netturbini diventati operatori ecologici. E’ la scuola, per altro, della bollatrice anche ai professori, quasi la funzione docente si misurasse con i criteri, oggi non idonei ,neppure a valutare un impiegato d’ordine. Il professore deve pensare alla ricerca scientifica, all’insegnamento, agli esami (che spesso  trasformato l’università in un esamificio), a pubblicare lavori che diano un contributo all’avanzamento degli studi nel suo campo di indagine.Non è pensabile e non è accettabile pensare ad attività non di loro competenza ed  considerate anche obbligatorie.In ogni caso chi ha affrontato il ’68 da studente e il ’77 da professore è in grado di fronteggiare ogni situazione,ogni emergenza.Vi immaginate voi un Franco Venturi,storico di fama internazionale che sicuramente non era in grado di cambiare un lampadina a casa sua, allievo di un corso sulla sicurezza? Io ,che l’ho conosciuto bene, non  ci riesco.

 

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Laura Scaramozzino delicata scrittrice 

 

Paolo Coccorese nell’ampia recensione su “La stampa” ha definito l’ultimo successo  di 

Laura Scaramozzino”  “un libro di piccole avventure ispirate ad una storia vera” ed è proprio così.

“L’uomo che salvava le anatre e inseguiva il Big Bang” ,edito  da Sillabe di Sale, è un libro delicato,a metà strada tra la realtà e la fantasia,  ambientato a Torino,in modo particolare nel parco della Pellerina di cui il protagonista , Ludovico Marchisio, classe 1947,è il guardiano. Marchisio attende agli animali ,rivelando  un amore appassionato ,  sia quando salva un’anatra o un aspirante suicida nel laghetto del parco. La Pellerina è stato ed è  un luogo squallido, ritrovo di amori mercenari e di crudele sfruttamento della prostituzione. La Scaramozzino lo redime con la poesia del suo libro. Ho sempre avuto un’attrazione  per le anatre:da bambino, a Pasqua, mia zia mi regalava due piccoli anatroccoli. Li tenevo in campagna e li coccolavo.Da quel momento non ho più mangiato carne di volatili di qualsiasi genere. In campagna avevo un’oca che riconosceva la mia macchina e veniva al cancello a salutarmi. Avevo vent’anni, quell’oca mi colpì per la sua intelligenza e mi rivelò  l’errore  insito nei luoghi comuni.  Nel libro ho ritrovato me stesso e mi sono reso conto del perché non mangio  quelle carni.E’ un libro da leggere che non si può riassumere perché ogni pagina è imprevedibile.In questo sta il valore della giovane scrittrice che ci offrirà sicuramente altre prove convincenti  di sé,  senza rincorrere il successo mediatico che uccide la poesia. Ed è  grande titolo d’onore della scrittrice non essere passata sotto le forche caudine della torinese  Scuola Holden di Baricco.

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Silvio Fasano,un cuore torinese ad Alassio
Silvio Fasano è un torinese trapiantato ad Alassio, uno dei tanti torinesi che vivono nella perla del Ponente ligure.Mario Soldati definì la Città del Muretto,”il mare di Torino”.Silvio Fasano è un torinese doc,vissuto in San Salvario,scuola media  dai Salesiani al “S.Giovanni Evangelista e poi all”Avogadro”. E’ uno dei pochi veri giornalisti fotografi che si siano meritati la tessera dell’ordine dei giornalisti non in base ad una interpretazione estensiva della legge che fece diventare giornalisti anche gli stenografi. Possiede un archivio prezioso che documenta la vita di Alassio,Albenga,del Ponente in generale  che forse nessun altro possiede.E’ il frutto di decine d’anni di professione.

Con il suo inseparabile cane, il suo scooter,la scala su cui lui sale  per fare fotografie panoramiche all’antica maniera. E’ un uomo affabile,sincero,un professionista serio che non ha mai perso un evento importante o con la sue fotografie ha reso importante un banale fatto di ordinaria o straordinaria quotidianità. Fotografò ,ad esempio, un gabbiano mentre aggrediva un uomo sulla spiaggia di Ceriale. I suoi servizi fotografici  vengono pubblicati dai maggiori quotidiani nazionali. E’ lo zio del cantante Franco  Fasano che lo scorso anno ricevette l’”Alassino d’oro” e lo zio lo immortalò con la sua macchina fotografica. Una fotografia storica lo ritrae giovanissimo,già con la macchina fotografica in mano,  dopo la trasmissione “Campanile sera” ad Alba,insieme ad Enzo Tortora. Fasano è un torinese che tiene alto il nome di Torino in Liguria. 

 

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I terribili anni dal ’43 al ’45

 Venerdì scorso è stato ripresentato a Torino,a tre anni dall’uscita nel 2014, il bel libro di Nicola Adduci “Gli altri.Fascismo repubblicano e comunità nel torinese(1943-1945 ) presso la casa della resistenza di corso Umbria. E’ raro che un libro sia oggetto di una ripresentazione a distanza di anni,ma la motivazione addotta,quella di non dimenticare,è sicuramente condivisibile. Il libro ripercorre la storia del fascismo repubblicano  alleato e succubo dei tedeschi in una Torino piena di macerie dovute ai bombardamenti  anglo-americani. Mio padre  perse la casa in un bombardamento notturno e quel ricordo non lo abbandonò mai. Ne parlava come fosse capitato ieri. Al mattino dovette andare in banca e ripartire da capo. Interessarsi degli “altri” ,ovviamente con l’estraneità e l’ostilità dichiarata di Adduci, è un passo avanti nella ricostruzione storica. Lo storico si occupa anche dell’ultimo federale di Torino, Giuseppe Solaro,sul quale uscì un libro “ Giuseppe Solaro . Il fascista che morì due volte” pubblicato anch’esso nel 2014 ,opera di un giornalista lucchese, Fabrizio Vincenti ,che riabilita in parte  una delle figure più odiate di quegli anni terribili. Mi proposero di promuoverne la presentazione a Torino,ma non trovai nessuno disposto a farlo e non mi sentii di proseguire nella ricerca.E fu un atto di viltà. Ritengo infatti si debba scrivere e parlare senza inibizioni e senza steccati preventivi, ma a Torino  continua ad essere difficile avviare un discorso storico con il necessario distacco. Gli odi non si sono mai rimarginati e forse non si rimargineranno mai. La storia, invece, può far ciò che i singoli uomini non possono. Solo Gianni Oliva con i suoi libri sulle foibe, sull’esodo, sulla Resistenza non mitizzata,sui Savoia e su Umberto II , è riuscito ad indicare una strada nuova che gli ha provocato anche forti ostilità . Il cammino è ancora lungo e difficile. Ovviamente senza facili intenti revisionistici,senza capovolgere i giudizi di merito che la storia ha ormai definito e che è impossibile cambiare.Ricordare a Milano la M.O. Carlo Borsani giustiziato dai partigiani ha suscitato aspre polemiche. Certamente Casa Pound  intende capovolgere la storia e strumentalizzarla per i suoi fini,ma Borsani fu uomo che merita il rispetto di tutti.

 

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Morzenti,  una vita “complessa, ma bellissima”

E’ morto Giovanni Morzenti ,ex presidente della Federazione Italiana Sport Invernali, Aveva 66  anni. Quasi nessuno ha parlato di lui; soprattutto i suoi amici che l’avevano  ormai dimenticato,hanno taciuto.Eppure alcuni gli dovevano molto.La sua è stata una vita sempre di corsa, tra successi e cadute. Lo sci a Limone Piemonte si identificava in lui che lanciò la  Riserva Bianca di Limone,facendo del paese un’attrazione sciistica di livello internazionale.In precedenza, era frequentato,  quasi solo d’estate ,soprattutto da molti liguri e cuneesi.C’era davanti alla parrocchia un solo un piccolo  e triste ristorante, con la vasca delle trote in bellavista, e quasi nulla di più.L’ ho conosciuto nel 1998 e trascorsi nella sua casa di Limone un Capodanno in cui avemmo modo di scambiarci gli auguri e anche qualche idea.Fu gentilissimo. Mi resi conto, in breve volgere di  tempo, che alcuni suoi amici non potevano essere i miei.L’unico dei suoi amici che fu anche mio amico finché visse, fu il senatore Giuseppe Fassino, un gentiluomo liberale di antico stampo.Lo rividi  per un premio che per qualche anno fece parlare di Limone. Lo consegnarono anche a Sergio Romano,presente il Generale dei Carabinieri Franco Romano. Fui io a parlare dell’ambasciatore a Mosca , dello storico e del  giornalista che allora era appena passato dalla “Stampa” al “Corriere”.Ha lasciato delle  parole che meritano di essere conosciute  e  che gli fanno molto onore :”Ho avuto una vita complessa ,ma bellissima.Ci sono tante persone che voglio ringraziare ed anche  altre che voglio perdonare.Non porto con me segreti ,ma solo speranze.Se potete,fate quello per cui ho sempre vissuto, fatelo meglio di me “.

 

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LETTERE   scrivere a quaglieni@gmail.com

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Ho visto citato in un suo articolo Carlo Delcroix, ho guardato su Internet e mi è sembrato un personaggio importante dimenticato . Cosa ne pensa?

                                                                                     
Luigi Fino
Ho conosciuto personalmente Carlo Delcroix, grande invalido della Grande Guerra, cieco e senza mani. Meriterebbe di essere approfondita la sua figura. Ricordo di averlo ascoltato quindicenne in piazza San Carlo e un’altra volta a Roma. Era un grandissimo oratore, forse il più grande che io abbia mai ascoltato.Era stato deputato e presidente degli Invalidi e Mutilati di Guerra. Sostenitore di Mussolini,non aderì alla RSI e nel dopoguerra fu eletto deputato tra le fila del PNM. Molti suoi libri  appaiono datati,ma i suoi discorsi restano. Su Internet ce n’è uno sul Duca d’Aosta che può offrire un esempio della sua eloquenza. In tempi in cui la politica si fa in televisione,certo appare distante il discorso in un teatro o in una piazza. Ma in passato esso ha giocato un ruolo importante.

PFQ

Tania Cagnotto: la gara dell’addio

I Campionati Assoluti Indoor di tuffi, che si svolgeranno alla Piscina Stadio Monumentale di Torino dal 12 al 14 maggio, saranno l’ultimo appuntamento della carriera di Tania Cagnotto, dopo oltre 17 anni di attività.La campionessa di Bolzano, considerata la più grande tuffatrice italiana di tutti i tempi aveva annunciato, poco tempo fa, l’intenzione di ritirarsi dalle gare e lo farà nella città del padre Giorgio Cagnotto: Torino. Nella sua lunga carriera Tania Cagnotto ha vinto 41 medaglie internazionali.Indimenticabili il bronzo dal trampolino di 3 metri e l’argento sincro in coppia con Francesca Dallapé alle Olimpiadi di Rio 2016, due medaglie nella stessa Olimpiade come il padre Giorgio a Monaco ’72. A Torino saranno presenti tutti i migliori atleti del panorama nazionale di questo sport che si contenderanno non solo le medaglie, ma anche la convocazione per gli appuntamenti internazionali della prossima estate. Gli Assoluti di Torino saranno, infatti, la prova di selezione per i Campionati Europei di Kiev (12-18 giugno) e per i Mondiali di Budapest che inizieranno il 14 luglio.

Barbara Castellaro

Il programma:

 

Venerdì 12 maggio – mattina

ore 10 Eliminatorie 1m M (6 tuffi);

Eliminatorie piattaforma F (5 tuffi).

 

ore 16 Finale tuffi sincronizzati 3m F (5 tuffi);

ore 17 Finale 1m M (6 tuffi);

ore 18 Finale piattaforma F (5 tuffi).

 

Sabato 13 maggio – mattina

ore 10 Eliminatorie 3m M (6 tuffi);

Eliminatorie 1m F (5 tuffi).

 

ore 16 Finale tuffi sincronizzati piattaforma M/F (6/5 tuffi);

ore 17 Finale 3m M (6 tuffi);

ore 18 Finale 1m F (5 tuffi).

 

Domenica 14 maggio – mattina

ore 10 Eliminatorie 3m F (5 tuffi);

Eliminatorie piattaforma M (6 tuffi).

 

ore 14.30 Finale tuffi sincronizzati 3m M (6 tuffi);

ore 15.50 Finale 3m F (5 tuffi);

ore 16.40 Finale piattaforma M (6 tuffi).

 

 

 

 

Manifestazione No-Tav in Valle di Susa con il vice sindaco di Torino (in fascia tricolore)

A Bussoleno, in Valle di Susa, è partito nel pomeriggio il corteo No Tav, indetto per confermare la contrarietà alle “grandi opere inutili e costose” e per chiedere di destinare fondi a lavori per la bonifica e la messa in sicurezza dei territori, “per la difesa della salute, della scuola, delle pensioni”. La manifestazione ha una connotazione  nazionale con  i No Tap dal Salento, le “mamme della Terra dei fuochi” dalla Campania, attivisti No Tav dalla Savoia. Con i  sindaci dei comuni della Bassa Valle di Susa, anche il  vicesindaco di Torino, Guido Montanari, in fascia tricolore, aspetto che ha suscitato la polemica delle opposizioni a Palazzo Civico. Sono arrivati per prendere parte al corteo  anche comitati da Firenze, Macerata e Venezia.

 

(foto: archivio il Torinese)

I villaggi operai dal Nord Europa a Leumann

Giovedì 11 maggio alle 11.30 a Palazzo Lascaris (via Alfieri 15 a Torino), verrà inaugurata la mostra “Una casa per tutti. I villaggi operai dal Nord Europa al Piemonte”, promossa dal Consiglio regionale del Piemonte e realizzata dall’Associazione Culturale Kòres.


Dalla seconda metà dell’Ottocento, con l’espandersi delle nuove realtà industriali, l’esigenza di fornire una casa (vicino alla fabbrica) ai lavoratori inizia ad assumere un significato importante. I villaggi per gli operai incominciano a sorgere in molte regioni del nord Europa per poi diffondersi anche nell’Italia settentrionale e, in particolare, in Piemonte.

Alla fine del XIX secolo Torino esce dalla sua crisi di identità dopo aver perso il ruolo di capitale d’Italia e si re-inventa come modello di sviluppo industriale. Tra i nuovi imprenditori sono soprattutto quelli che operano nel campo del tessile (Abegg, Du Pont, Gütermann, Leumann, Crumière, per citarne alcuni) a portare in Piemonte una diversa cultura imprenditoriale e un nuovo approccio nei rapporti tra proprietà e lavoratori. Costruire un gruppo di case per gli operai e gli impiegati della fabbrica con i servizi essenziali in comune (la scuola, la chiesa, il lavatoio) diventa un’esigenza che molti imprenditori illuminati realizzano nelle vicinanze dei loro stabilimenti.

Un’intera sezione della mostra è dedicata alla Borgata Leumann di Collegno, realizzata alle porte di Torino tra il 1875 e il 1907 dall’ingegnere-igienista Fenoglio, per gli operai del vicino cotonificio dello svizzero Napoleone Leumann. Oltre alle immagini d’epoca del villaggio saranno esposti anche alcuni oggetti legati alla sua storia.

In Piemonte altri grandi esempi di villaggi operai sono stati realizzati tra ‘800 e inizio ‘900 a Torino (Villaggio Snia), a Ivrea (Borgo Olivetti), a Perosa Argentina (Villaggio Gütermann), a Villar Perosa (Villaggio operaio della RIV SKF), il villaggio operaio della Manifattura di Cuorgnè, il villaggio Wild&Abegg a Borgone di Susa, quello dei Fratelli Bosio a Sant’Ambrogio, e nelle valli di Lanzo il piccolo agglomerato urbano dei tedeschi Remmert. In Italia altri gruppi di case operaie dello stesso genere vennero realizzati a Schio (Vicenza) e a Crespi d’Adda (Bergamo), fino agli ultimi insediamenti che risalgono alla prima metà del ventesimo secolo.

La mostra è stata curata da Alba Zanini (presidente dell’associazione Kores) e Carla F. Gutermann, giornalista, discendente di Napoleone Leumann, in collaborazione con la Fondazione Esperienze di Cultura Metropolitana di Settimo Torinese.

La mostra “Una casa per tutti. I villaggi operai dal Nord Europa al Piemonte”, ricca di fotografie originali e di approfondimenti storici, resterà aperta a Palazzo Lascaris da lunedì a venerdì dalle 10 alle 18, fino al 23 giugno 2017. Ingresso gratuito.

Info: info@associazionekores,it –  tel. 348 8830991

FC – www.cr.piemonte.it

CASAOZ COMPIE 10 ANNI E CHIEDE SOSTEGNO CON UN SMS

Compiendo 10 anni nel 2017, l’Associazione Onlus CasaOz (www.casaoz.org) rilancia e, celebrando questo traguardo importante, è al lavoro per garantire continuità alle attività di ospitalità e sostegno ai bambini malati e alle loro famiglie: l’obiettivo è aumentare le dimensioni del progetto nato 10 anni fa per offrire sempre più accoglienza e residenzialità, diurna e notturna, proprio perché si concentra sulle persone creando occasioni d’incontro, confronto e relazione.

DAL 30 APRILE AL 26 GIUGNO dona 2 euro con un SMS oppure 5 o 10 EURO da rete fissa al 45543 da cellulare personale Wind Tre, Vodafone, PosteMobile, Coop Voce e Tiscali la donazione sarà di 2 Euro; da rete fissa Vodafone, TWT, Convergenze e PosteMobile, 5 euro mentre da TIM, Infostrada, Fastweb e Tiscali 10 euro.

Mandando un sms da 2€ o chiamando da rete fissa per donare 5 o 10€ al 45543 è possibile sostenere le attività di CasaOz che rispondono alla necessità di riprodurre il clima e l’ambiente confortevole di una vera e propria Casa. Un luogo dove riscoprire le proprie energie e il piacere di stare insieme.

CasaOz infatti nasce con lo scopo di affiancare, sostenere le famiglie con minori che vengono accompagnate a intraprendere un percorso di uscita dall’isolamento sociale a cui porterebbe una malattia e di recupero di una serena quotidianità, che cura.

Se sono quasi 2000 le persone accolte provenienti da oltre 35 Paesi diversi nel mondo a CasaOz e nelle sue residenze a partire dal 2007 è perché, nel tempo, i servizi di sostegno e assistenza sono stati strutturati sempre meglio per rispondere alle numerose esigenze di coloro che si trovano a fare i conti con una patologia di qualsiasi natura, regalando un grande esempio di convivenza costruttiva  tra disabilità e “normalità”. Su questo principio si è costruita la forza della Onlus, anno dopo anno, affermando il valore fondamentale dell’incontro di due mondi che la malattia separa e che possono arricchirsi reciprocamente, creando un modello innovativo di integrazione sociale.

Tutte le attività, infatti, sono  rivolte a tutta Italia, oltre che a Torino – dove ha sede CasaOz – per tutte quelle famiglie che si recano per cure mediche al Regina Margherita, polo ospedaliero di riferimento nel panorama pediatrico italiano, e si devono trattenere in città per periodi più o meno lunghi.

Una telefonata o un SMS sono utili per guardare al futuro con nuovi obiettivi da raggiungere, forti delle esperienze passate e dei risultati raggiunti nell’arco di 10 anni. Perché una quotidianità che cura non può perdersi neanche un giorno. https://www.youtube.com/edit?o=U&video_id=Gx5bielxkFE