redazione il torinese

Città metropolitana, “la riforma che non c’è”. Corteo di amministratori e dipendenti

Le Province non ci sono più ma i dipendenti sì. Anche gli amministratori della Città metropolitana hanno preso parte al corteo indetto dai sindacati funzione pubblica per il futuro dell’Ente. La scorsa settimana a Roma erano già intervenuti alla manifestazione di carattere nazionale indetta da ANCI e UPI sul futuro delle Città metropolitane e delle Province italiane.

Il vicesindaco e il consigliere ai lavori pubblici della Città metropolitana con il gonfalone sono partiti  dalla sede di corso Inghilterra per arrivare fino in piazza Castello sotto la Prefettura di Torino. Tra le problematiche sollevate il disagio e la difficoltà per  mantenere il livello dei servizi fondamentali, tra cui la manutenzione degli oltre 3mila km di strade e degli edifici di istruzione superiore sull’intero territorio metropolitano.

I dipendenti e gli amministratori dicono “no ai prelievi da parte del Governo che comportano rischi per la sicurezza di strade e scuole e chiedono certezze per la tutela del territorio e dell’ambiente, ma anche per i Centri per l’Impiego.” La sfilata era preceduta dallo  striscione ‘Città metropolitana… la riforma che non c’è’.

Librolandia secondo Culicchia: “La sfida con Milano? Uno stimolo. Ma la politica sappia dialogare”

di Laura Goria

Reading in mongolfiera o, se siete tipi più acquatici, in sottomarino. Sono due delle tante idee geniali di Giuseppe Culicchia per il XXX° Salone del libro di Torino, di cui è consulente ed artefice della sezione “Festa Mobile”.

Lui che da anni è una delle colonne portanti della kermesse torinese, mai come ora -di fronte alla sfida milanese- si rivela ancor più strategico. Scrittore di successo – da poco ha pubblicato il suo ultimo romanzo “Essere Nanni Moretti” (Mondadori)- legatissimo al capoluogo subalpino, ma con uno sguardo più ampio come esperto e traduttore di letteratura anglosassone, ci racconta il grande lavoro per un Salone del libro subalpino che lascerà senza fiato…

Come ti è venuta l’idea dei reading in location così inusuali?

«Volevo che questa edizione lasciasse il segno e avesse qualcosa di davvero particolare da proporre. E questi due posti sono molto speciali. Immagino l’emozione che sarà possibile provare a 150 metri di altezza nel cielo sopra Torino ascoltando le pagine di uno scrittore che amiamo, lette da un altro autore. Saranno occasioni uniche e penso che chi salirà sulla mongolfiera poi lo racconterà a tutti….perché dove altro è possibile fare una cosa del genere!».

Secondo te quali sono i fiori all’occhiello di questa edizione?

«Abbiamo ospiti stranieri decisamente notevoli; negli anni scorsi non ce ne stati mai così tanti. Scrittori di grandissimo livello che sarà interessante ascoltare, come Richard Ford e Hanif Kureishi. Poi ci sono letture ad alta voce in cui credo molto come invito alla lettura; più che alla classica formula di presentazione del libro, che ha fatto un po’ il suo tempo. I libri suonano, ci parlano. Credo sia bene ascoltarli. Ed è bella la generosità degli scrittori che ho invitato, disposti a leggere pagine di altri e non le loro».

Il titolo “Oltre il confine” si presta a quali riflessioni in epoca di Brexit, Trump, Corea del Nord, muri vari e Isis?

«Titolo quanto mai attuale. Ci siamo cullati per molto tempo nell’idea che, per esempio, l’Europa non avesse più confini; ma è facile che le cose che diamo per scontate, in realtà, non lo siano affatto. Pochi mesi fa alla GAM ho visto il film-documentario “The great european disaster movie”che aveva proprio questo tema portante. Immaginava l’Europa di nuovo divisa e un aereo che, nonostante la tempesta, non poteva atterrare in nessun aeroporto perché ovunque c’era sempre qualche passeggero impossibilitato a sbarcare, a causa del suo passaporto. Un’altra scena significativa era l’intervista ad una signora tedesca che mostrava le croci di ferro ottenute in guerra dai suoi antenati –da quella franco-prussiana del 1871 alla 2° Guerra Mondiale- e si augurava che suo figlio non dovesse mai essere insignito di una medaglia al valor militare».

Tu sei l’artefice della sezione “Festa Mobile”: nata perché e cosa dobbiamo aspettarci?

«Ho avuto la fortuna di lavorare al Salone fin dalla 1° edizione, con lui sono cresciuto, gli sono grato, e volevo celebrare l’ importante traguardo dei 30 anni. “Festa mobile” prevede un programma di letture al Lingotto, nella sala che ho chiamato “Filadelfia”; ma anche in luoghi scenograficamente singolari della città. Per esempio, Marco Malvaldi leggerà “Assassinio sul Nilo” nello statuario del Museo Egizio; Marcello Fois pagine de “Il tamburino sardo” dal libro “Cuore” a Palazzo Carignano, dove fu edificato il 1° Parlamento italiano, mai usato. Poi ci sarà un appuntamento davvero speciale con Pietrangelo Buttafuoco, a Lampedusa, porta di Italia ed Europa da cui entrano in modo tragico uomini, donne e bambini che vogliono diventare cittadini europei. Luogo ideale per la lettura di un poeta siculo-arabo del XII° secolo. Quando in Sicilia c’era la corte più aperta dell’epoca, in cui convivevano culture e religioni diverse: quella di Federico II di Svevia, noto come “stupor mundi”».

Hai organizzato anche letture all’estero?

«Ho chiesto ad alcuni Istituti Italiani di Cultura, a Parigi, Londra, Berlino e New York, di fare delle serate che fossero un omaggio alla letteratura del nostro paese. Così, per esempio, il 17 nella Grande Mela William Finnegan parlerà della “sua” Elena Ferrante; mentre a Parigi verrà ricordato Antonio Tabucchi».

Tu dialogherai con Brian Turner: perché proprio questo autore e cosa dovremmo sapere di lui?

«E’ un militare americano che ha combattuto in Jugoslavia e Iraq ed ha scritto il suo primo romanzo ”La mia vita è un paese straniero” pubblicato da NNE, che ho avuto la fortuna di leggere ancora in bozze. Raramente ho trovato pagine sulla guerra raccontate in maniera così onesta, alcune sono profondamente emozionanti».

Quali sono le principali responsabilità di chi fa cultura?

«In teoria dovrebbe preoccuparsi innanzitutto di essere onesto e fare proposte che aiutino a decifrare noi stessi e il mondo che ci circonda. La cultura e l’arte sono questo: rappresentazioni di cose apparentemente lontane, ma che in realtà hanno sempre a che vedere con noi».

Come hai vissuto l’arroganza e la sfida del salone milanese?

«Abbastanza bene. Viviamo in un mondo in cui vige libera impresa e concorrenza; tutto sommato è stato anche uno stimolo positivo. In prospettiva mi auguro che, anche con la politica, ci si possa sedere ad un tavolo, parlare e addivenire ad una soluzione un po’meno cruenta. Anche perché due manifestazioni legate al libro a distanza di un mese l’una dall’altra, in un paese che purtroppo legge poco, non mi sembra la cosa più geniale di questo mondo».

Al Salone di Torino c’è una parte dedicata all’America, compresa una rilettura di Steinbeck; tu che sei anche traduttore che consigli di lettura a stelle e strisce puoi darci?

«In assoluto per capire l’America si dovrebbe leggere “Le avventure di Huckleberry Finn” di Mark Twain, erroneamente considerato per ragazzi; invece racconta la frontiera, il razzismo e la parte migliore del paese, quella stracciona che si ribella a convenzioni ed ipocrisia della società perbenista. Altro libro straordinario è “Moby Dick” di Herman Melville che parla di lotta tra l’uomo e la morte, destino e, senza voler essere blasfemo, potrebbe essere associato alla lettura della Bibbia e dei Vangeli, perché tocca questioni fondamentali dell’esistenza. Poi “American psycho” di Bret Easton Ellis, e non perché l’ho tradotto, ma perché, anche se racconta l’America a cavallo tra gli anni 80-90, ce la mostra molto vicina a quella odierna. Basti pensare che il protagonista cita Donald Trump almeno una cinquantina di volte: è il suo idolo e l’America fondamentalmente è rimasta un po’ quella… La presidenza Obama non è stata una rivoluzione».

 

 

 

28 artisti per il Mozambico

Giovedì 25 maggio 2017, ore 18.00

 MUSEO ETTORE FICO

Via Francesco Cigna, 114 Torino

 

28 importanti artisti, tra i più rappresentativi del panorama artistico italiano ed internazionale, mettono le loro opere all’asta per sostenere un importante progetto di solidarietà in Mozambico promosso dall’associazione OAF-I (Organizzazione di Aiuto Fraterno – Italia).

Arte e solidarietà tornano ad abbracciarsi giovedì 25 maggio, in occasione della quinta edizione di SolidArte, asta d’arte di beneficenza che si svolgerà alle ore 18.00 presso il Museo Ettore Fico di Torino (Via F. Cigna, 114).

 

Questi gli artisti che hanno aderito all’iniziativa promossa da OAF-I Ong-Onlus:

 

Airò Mario, Andreotta Calò Giorgio, Barocco Francesco, Basta Marco,

Benassi Elisabetta, Benetti Mauro, Ceccobelli Bruno, Cerutti Manuele,

Cresci Mario, Cuoghi Roberto, Cuoghi&Corsello, Dessì Gianni,

Fioroni Giosetta, Frapiccini Eva, Isgrò Emilio, Jodice Francesco,

Romano Andrea,  Samorì Nicola, Sciaraffa Alessandro, Spalletti Ettore,

Tibaldi Eugenio, Tosatti Gian Maria, Varisco Grazia, Vascellari Nico,  Vedovamazzei,  Verteramo Roberta, Vetrugno Maurizio, Vitone Luca

 

Le opere saranno visionabili presso il Museo Ettore Fico dalle ore 16.00 di giovedì 25 maggio, mentre l’asta si aprirà alle ore 18.00: dopo la presentazione di Maurizio Irrera (Presidente OAF-I). Le opere saranno presentate da Angelo Mistrangelo, critico d’arte e giornalista di La Stampa e Torino Sette, e battute da Vanessa Carioggia della Casa d’Aste Sant’Agostino.

La vendita dei lavori proseguirà nelle due settimane successive.Il linguaggio dell’arte si fa, dunque, universale e diventa eccellente veicolo sociale, parlando di solidarietà attraverso la bellezza, la verità, la forma, la spoliazione della forma, il colore, i segni. SolidArte è un evento organizzato dall’associazione OAF-I (Organizzazione di Aiuto Fraterno – Italia), curato da Michela Frittola, realizzato in collaborazione con la Casa d’Aste Sant’Agostino e il Museo Ettore Fico, con il Patrocinio del Consiglio regionale del Piemonte e della Città di Torino. Solidarte è giunta alla quinta edizione ed ancora una volta siamo orgogliosi di poter contare sull’adesione di artisti prestigiosi che hanno donato una loro opera per aiutarci alla realizzazione di un progetto educativo in Mozambico – dichiara Maurizio Irrera, Presidente di OAF-I – possiamo dire che Solidarte in questi anni ha saputo essere una vetrina delle eccellenze dell’arte contemporanea italiana: affermati ed apprezzati artisti, protagonisti di diverse esperienze artistiche, riconosciuti Maestri e giovani già apprezzati e quotati, che hanno contribuito con opere significative certamente apprezzate non solo dai collezionisti e dagli appassionati ma da chiunque voglia provare l’emozione di avere nella propria casa un vero e proprio capolavoro.” Le opere donate dai 28 artisti che hanno aderito a SolidArte 2017 saranno allestite negli spazi del Museo Ettore Fico, che attualmente ospita la grande antologica di Bruno Munari: circondate dalle sculture aree e dalle macchine inutili di Munari, le opere di SolidArte diventeranno così una sorta di mostra dentro ad una mostra. Si potranno ammirare giganti dell’Arte contemporanea come Ettore Spalletti, Giosetta Fioroni ed Emilio Isgrò; giovani artisti ora protagonisti alla Biennale di Venezia come Roberto Cuoghi e Giorgio Andreotta Calò o che hanno preso parte alle edizioni precedenti come Nicola Samorì; artisti che utilizzano il medium fotografico come Mario Cresci e Francesco Jodice ai quali recentemente Camera ha dedicato importanti rassegne; artisti presenti nelle collezioni dei più importanti musei pubblici e privati come Mario Airò, Elisabetta Benassi e Bruno Ceccobelli; Eugenio Tibaldi che proprio al Museo Ettore Fico ha realizzato una suggestiva e complessa installazione dal titolo “Seconda Chance”, e poi alcuni dei protagonisti della scena artistica torinese come il duo Vedovamazzei, Francesco Barocco, Mauro Benetti, Manuele Cerutti, Eva Frapiccini, Alessandro Sciaraffa, Roberta Verteramo, Maurizio Vetrugno.

 

 

IL PROGETTO IN MOZAMBICO

 

Tutto il ricavato di SolidArte sarà destinato al sostegno delle attività della Scuola Secondaria Sant’Ignazio di Loyola di Msaladzi, nell’Altopiano di Angonia, zona un tempo considerata il granaio del Mozambico e i cui abitanti ora sono invece costretti a convivere con lunghi periodi di carestie e frequenti inondazioni. Queste, insieme a cattivi investimenti infrastrutturali, hanno fatto sì che non si sia riuscito fino ad oggi a trarre frutto dal pur elevato potenziale di questa terra. I lavori per la sua costruzione che sono stati in gran parte realizzati verranno completati nel 2017.

Per questo OAF-I vuole dare il suo contributo alla promozione e al sostegno di uno sviluppo rurale delle comunità che abitano i villaggi sparsi nella zona della provincia di Tete, coinvolta dal progetto (distretti di Angonia e Tsangano). Il sostegno alla scuola, vuole infatti dare l’opportunità a 300 giovani di frequentare i corsi di agropecuaria (basi di agricoltura e zootecnia), sperimentare attivamente quanto appreso e di trasmetterlo poi nei loro villaggi; essi diventeranno così i protagonisti di tale sviluppo del Mozambico.

 

PIETRO GRASSO ACCADEMICO D’ONORE

Nei giorni scorsi, nel Salone d’Onore dell’Accademia Albertina, alla presenza di importanti cariche istituzionali e di numerosi esponenti del mondo della Cultura e dell’imprenditoria, è stato conferito a Pietro Grasso,Presidente del Senato, il titolo di Accademico d’Onore.

Le foto sono di Emma Ramacciotti (Squadra Report Accademia Albertina)

Dopo i saluti del Presidente dell’Accademia, Fiorenzo Alfieri, Salvo Bitonti, Direttore dell’Accademia, ha illustrato le motivazioni del conferimento. Successivamente ha preso la parola Armando Spataro, Procuratore della Repubblica di Torino, che ha presentato la figura dell’insigne ospite attraverso l’intervento che egli stesso ha voluto intitolare:” Pietro Grasso: la normalità del dovere”.

 

” Pietro Grasso non è un eroe per tutto ciò che ha alle spalle e per la sua attuale funzione – ha esordito – ma per quello che è sempre stato e continua ad essere, un uomo che ha considerato sempre normale il proprio dovere quotidiano, come ciascuno di noi dovrebbe fare, indipendentemente dal ruolo che riveste o dal settore in cui opera”. “Voler capire e conoscere con ostinazione”: ecco il dovere di un magistrato, quello cui Pietro Grasso ha dedicato tutta la sua vita professionale, da giudice a latere nel primo maxiprocesso a Cosa Nostra , a Procuratore capo a Palermo, prima di diventare, dall’ottobre del 2005 al gennaio del 2013, Procuratore nazionale antimafia, e, infine, dal marzo 2013, Presidente del Senato. Numerosi sono i suoi saggi,” ricchi di storia e sentimenti – ha continuato Spataro – le caratteristiche che a me più piacciono in un libro. Non si può perdere , in particolare, il suo ultimo libro (Storie di sangue, amici e fantasmi) , presentato il 18 maggio al Salone del libro, che, dopo l’autorevole introduzione del Capo dello Stato, inizia e finisce con due lettere che l’autore rispettivamente indirizza a Giovanni Falcone ed a Paolo Borsellino. E comprende, tra i tanti, anche un bel ricordo di un altro magistrato antimafia, Gabriele Chelazzi al quale ero particolarmente legato. Ebbene, Grasso mostra di ricordarli innanzitutto per non essersi mai proposti al Paese come alfieri del bene, unici pronti ad affrontare e vincere il male. Erano invece magistrati – esattamente come Grasso – ben sapevano che il loro dovere era quello di indagare con determinazione, senza fermarsi dinanzi agli ostacoli che incontravano, ma senza mai atteggiarsi a moralizzatori del Paese e senza avere come fine concorrente quello di scriverne la storia”. Tra pochi giorni cade l’anniversario della strage di Capaci in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Armando Spataro ha ricordato che nel maggio del 1991 Grasso era stato chiamato da Giovanni Falcone al Ministero della Giustizia e che, dopo la strage di Capaci , aveva anche sostituito Falcone quale componente della Commissione Centrale per i programmi di protezione nei confronti di testimoni e collaboratori di giustizia. “Come Falcone e Borsellino anche altri magistrati sono stati uccisi per l’adempimento del loro normale e quotidiano dovere: non eroi perchè sono morti, ma perchè hanno voluto capire e conoscere con ostinazione. E tu, Piero Grasso, vivi ed operi per onorarli e per onorare la dignità e la coerenza, le virtù più importanti e necessarie per chi ha pubbliche responsabilità”.Dopo le parole commosse di Armando Spataro ,Sebastiano Lo Monaco ha interpretato un brano tratto dal romanzo ” Per non morire di mafia” di Pietro Grasso. La bella cerimonia si è conclusa con l’intervento dello stesso Pietro Grasso, che ha ringraziato il Consiglio Accademico per il conferimento del titolo tanto gradito.

Helen Alterio

Storie di oppressi e oppressori

INTERVISTA DI LAURA GORIA

Rapimenti, tortura, desaparecidos e voli della morte: sono le pagine infami della guerra sporca che ha attanagliato l’Argentina durante la dittatura militare di Videla, dal 1976 all’83. Storia vecchia? Niente affatto perché continua a parlarne la grande scrittrice argentina Elsa Osorio, che al Salone del libro di Torino è venuta a presentare il suo ultimo romanzo“Doppio fondo” (Guanda), in cui s’intrecciano due storie a distanza di 30 anni l’una dall’altra. Inizia tutto da una morte misteriosa che, grazie alle indagini della giornalista Muriel Le Bris, trova soluzione dopo che sono stati riallacciati i fili col passato . Anno 2004, in un tranquillo villaggio di pescatori bretoni viene ripescato il cadavere di Marie, riservatissima dottoressa di origine argentina. Le ossa sono frantumate dall’impatto con l’acqua e nelle vene è rilevata la presenza del Pentonaval: l’anestetico che soprattutto la marina (da cui il nome Pentotal unito al termine “naval”) usava per sedare i prigionieri, trasferirli sui voli senza ritorno e gettarli, vivi, in mare). Sarà un suicidio o dietro si nasconde ben altro? La giornalista inizia a indagare e riporta alla luce pagine buie della storia. Buenos Aires 1977, nel pieno della dittatura militare, la giovane militante dei Montoneros, Juana, è catturata insieme al figlio Matias di 3 anni. Per metterlo in salvo lo deve abbandonare; mentre per scampare ai “voli della morte” finge di pentirsi, diventa amante-ostaggio del suo aguzzino Rulo e dell’Esma, l’abisso della tortura di quegli anni. E finisce per essere spedita in Francia con l’incarico di scoprire le mosse degli esuli sovversivi.

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Il romanzo è sulla scia del precedente -strepitoso-“I 20 anni di Luz”, divenuto un classico in America latina (al pari di “Se questo è un uomo” di Primo Levi da noi), che denuncia il terribile fenomeno dei“desaparecidos con vida”. Il sistema aberrante con cui gli aguzzini rubavano alla nascita i bambini delle prigioniere per darli a famiglie delle alte sfere e dei militari. Mentre le madri venivano immancabilmente ammazzate, senza lasciare traccia.

La dittatura quanto ha sconvolto la sua vita?

« Ha spezzato in due l’esistenza della mia generazione e lo ha fatto nel periodo in cui iniziavamo ad avere figli e una vita lavorativa. Io ho vissuto un esilio interno, nascondendomi per un po’ in Argentina con il mio ex marito; poi in Francia ed infine siamo tornati. Ma non potevo lavorare perché vigeva la legge di sicurezza nazionale ed ero stata licenziata. Ci tengo a chiarire che non ho mai fatto parte di gruppi armati; semplicemente ho sempre pensato con la mia testa e avevo rapporti con il sindacato».

La letteratura cosa e quanto può fare?

«Scrivere significa dare parole a questi fatti ed è importante soprattutto per il recupero della memoria storica. Credo che i popoli debbano tornare al loro passato per poter vivere il presente».

Per lei quanto è difficile scriverne?

«Ci sono riuscita solo a distanza di 20 anni dal golpe: per molto tempo non sono stata in grado di farlo, non per cause esterne, ma per una sorta di mia evoluzione interiore. Scrivendo riesco anche a capire meglio quello che nella vita mi sfugge ed è molto diverso da me: mettendomi nei panni di personaggi ripugnanti come i torturatori, riesco a decifrare meglio anche il loro lato di esseri umani».

Il confine tra fatti storici realmente accaduti e finzione narrativa?

«Invento liberamente, sempre basandomi però su fatti reali. Prendo elementi e caratteristiche di una persona o di un’altra, li metto insieme e costruisco un personaggio di finzione che faccio interagire con personaggi che hanno una realtà storica. Per esempio, in “Doppio fondo” Rulo è inventato, ma sono realmente esistiti i suoi compagni torturatori che cito».

In “Doppio fondo” ci si chiede perché, visto che i militari disprezzavano i prigionieri, prendevano e crescevano i loro bambini; effettivamente sembra un controsenso.

«Penso che abbiano voluto fare una sorta di esperimento. Allevare i figli del nemico, convertirli alla loro ideologia, renderli ostili ai genitori naturali. Significa sterminare un’ideologia dalle radici».

Nella storia ci sono stati altri stermini ,dai lager nazisti al genocidio attuato dai Khmer rossi di Pol Pot in Cambogia: la repressione argentina in che cosa è stata unica ?

«Proprio nel furto dei bambini e nell’averli fatti crescere dagli oppressori. Poi..ed è un tema centrale di “Doppio fondo”…ad un certo punto la persecuzione ha smesso di essere ideologica ed è diventata di stampo mafioso. Venivano sequestrate persone con fortune immense, che erano costrette a firmare documenti con cui cedevano tutti i loro beni ai torturatori».

Madri e poi abuelas, le nonne di Plaza de Mayo, quanto hanno fatto la differenza?

«Sono state l’unica vera resistenza alla dittatura. Recentemente ero a Plaza de Mayo per festeggiare i 40 dalla prima volta che iniziarono a chiedere cosa fosse successo a figli e nipoti. All’epoca c’era uno stato di assedio ed erano proibiti gli assembramenti di qualsiasi tipo. E cosa fecero? Al centro della piazza c’è un albero e loro, a 2 a 2, gli girarono intorno, continuando a manifestare in questo modo ogni giovedì».

A che punto è la ricerca dei neonati desaparecidos con vida?

«Ancora oggi si scava in quel periodo e continuano ad essere rintracciati quei bambini. Ora sono uomini e donne di circa 40 anni che credevano di essere figli di una certa coppia, ma non è così».

E’ vero, come ha scritto, che qualcuno nella gerarchia della chiesa argentina suggerì che era più cristiano mettere i prigionieri su un aereo che non sarebbe mai arrivato a destinazione”?

«Non lo dico io, è un fatto storico. La chiesa ha avuto sicuramente una responsabilità molto forte, è stata complice. Il Nunzio Apostolico disse alle abuelas che non dovevano preoccuparsi: i nipoti sarebbero cresciuti meglio nelle famiglie abbienti a cui erano stati dati, più che con i genitori e i nonni biologici».

Nell’87 la legge “dell’obbedienza dovuta” ha significato la libertà per migliaia di aguzzini ritenuti non responsabili perché avevano solo eseguito degli ordini. Oggi in Argentina la storia potrebbe ripetersi?

«Ci sono alcuni sintomi inquietanti. Si ipotizzano gli arresti domiciliari per i responsabili del genocidio; quasi fossero dei poveri vecchietti, invece che i responsabili di crimini contro l’umanità.

Due settimane fa c’è stato un tentativo da parte dei giudici della Corte Suprema di recuperare la legge del “2 per 1” con cui abbreviare le condanne dei responsabili del genocidio. La reazione popolare è stata enorme: più di mezzo milione di persone ha manifestato contro, c’ero anch’io e siamo riusciti a fermarla».

 

 

 

 

 

 

 

 

Juve nella storia: sesto scudetto consecutivo, 33 in totale

DI CLAUDIO BENEDETTO – WWW.FOTOEGRAFICO.NET

La Juve entra, se ancora non lo aveva fatto, nella storia… sesto scudetto consecutivo, 33 in totale aldilà di ogni polemica, pratica archiviata con disinvoltura allo Stadium, davanti al proprio pubblico… giusto così!

La cronaca di oggi dice che i bianconeri chiudono la pratica Crotone già nel primo tempo, senza ansia, senza timore alcuno, con grande determinazione, con i gol di Mandzukic e Dybala, arrotondati poi nel secondo da un sempre ottimo Alex Sandro… finale 3-0 e tricolore in ghiaccio, anzi in bacheca!

Via alla festa allora…la seconda in pochi giorni dopo quella per la Coppa Italia di mercoledì scorso: la presentazione dei campioni, uno per uno, la coppa nelle mani del Capitano, il tripudio dei tifosi, il giro di campo, le foto di rito, l’allegria e la gioia che puntualmente si ripetono da sei anni.

Ora tutti si aspettano la vera ciliegina, il Capitano che alza un’altra coppa, quella dei sogni, quella delle grandi orecchie, quella più bella di tutte, quella più faticosa… ma questa è un’altra storia, un’altra data, un altro stadio, il 3 giugno a Cardiff!

Juve allora… avanti con il Triplete, questa volta si può davvero sognare, fino alla fine!

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Tutte le foto di Claudio Benedetto su: http://www.fotoegrafico.net

 

“Feel the Spirit” al Tempio valdese

L’associazione Incontrocanto ed il Tempio Valdese di Torino presentano il concerto Feel the Spirit per Coro, Mezzosoprano e Orchestra.

Il progetto nasce dalla collaborazione tra il Coro Incontrocanto di Torino, diretto dal Maestro Pietro Mussino, e l’Orchestra Orstäin (Orchestra Stabile Allievi Insegnanti) della Fondazione BiblioPan di San Maurizio Canavese ed ha come cuore centrale la famosa raccolta di spiritual del compositore inglese John Rutter Feel the spirit, da cui il titolo del concerto, interpretato da coro, orchestra e dal mezzosoprano Valentina Nicolotti.

Il programma propone una vera e propria immersione nella musica corale e nel “sentire lo spirito”. Si parte da lontano, con una delle più famose melodie sacre, il corale Jesus bleibet meine Freude di J. S. Bach e l’altrettanto famoso “Ave Verum” di Wolfgang Amadeus Mozart, qui presentato in una trascrizione inedita per coro femminile e archi. Di passa poi ad alcuni compositori del ‘900: Sally K. Albrecht, Samuel Barber, Alexander L’Estrange, Will Todd, John Tavener e, appunto, John Rutter . Il luogo del concerto è particolarmente adatto alla musica dello spirito e al canto corale, ma non è la prima volta che il Coro Incontrocanto ed il Tempio Valdese si incontrano. Un anno fa, infatti, il Coro Incontrocanto e l’Orchestra Orstäin hanno eseguito al Tempio di Corso Vittorio Emanuele II in prima esecuzione nazionale leSacred Songs di Karl Jenkins per coro, soprano e orchestra. “L’Associazione promuove la produzione di progetti concertistici che, oltre all’organico stabile del coro, coinvolgono un sempre crescente numero di coristi locali e, ove applicabile, giovani promettenti musicisti emergenti sia solisti che strumentisti” commenta Marco Annoni, presidente dell’associazione Incontrocanto. “Voglio sottolineare il fatto che il ricavato del concerto contribuirà alla manutenzione straordinaria necessaria per il restauro e l’ampliamento dell’organo bachiano “Pinchi, installato all’interno del Tempio Valdese” Il biglietto d’ingresso, a posto unico, è di 10 euro (ridotti a 5 euro per gli under 26).

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Tempio Valdese – C.so Vittorio Emanuele II 23, Torino

Per maggiori informazionicontatti@incontrocanto.net

https://www.facebook.com/incontrocanto/?fref=ts

https://www.incontrocanto.net

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Il Maestro Pietro Mussino ha studiato Composizione, Direzione d’orchestra e Musica Elettronica presso il Conservatorio di Torino e Musica a Indirizzo Multimediale presso il Conservatorio di Bologna. Nel 1999 ha vinto il Premio di Composizione “Franco Alfano”. Dal 2000 dirige il Coro Incontrocanto di Torino, dal 2002 è Maestro del Coro dell’Accademia del Santo Spirito e dal 2010 direttore del Coro Femminile VocinCanto. È autore di composizioni originali e arrangiamenti commissionati da diversi ensemble vocali e strumentali italiani e stranieri. Collabora con l’Associazione Cantascuola di Torino, della quale è diventato Direttore Artistico nel 2012. Ha presso l’Accademia Corale “Stefano Tempia”, presso il Conservatorio di Torino e presso l’Università degli Studi di Torino. Come musicologo ha collaborato con MiTo Settembre Musica, con l’Unione Musicale, con la DeSono, con la Fondazione Micheli e con la rassegna Piemonte in Musica.

Valentina Nicolotti inizia a cantare alla sola età di 3 anni. Inizia i suoi studi musicali nel 2007 sotto la guida di Elisabetta Prodon e si laurea nel 2014 in Canto Jazz presso il Conservatorio Statale “Antonio Vivaldi” di Alessandria e successivamente frequenta il Corso di Alta Formazione in Vocologia Artistica presso l’Università di Bologna. Nel 2016 è assegnataria della borsa di perfezionamento ‘Talenti Musicali, Fondazione CRT – Conservatorio Statale di Musica “Giuseppe Verdi” – Torino ’. Ha studiato con insegnanti di fama internazionale come Sheila Jordan, Roberta Gambarini, Diana Torto, Tiziana Ghiglioni, Cinzia Spata, Gegè Telesforo. Collabora come cantante in diverse formazioni e si è esibita al Moncalieri Jazz Festival, Jazz around the Clock di Lanzo, Piossasco Jazz Festival e in diverse serate locali al Jazz Club Torino. Dal 2013 è vicedirettrice del coro giovanile SiFaSoul Singers, è corista nel coro gospel All Sisters diretto da E. Prodon. Insegna canto a Torino presso diverse scuole musicali.

Il Coro Incontrocanto ha tenuto numerosi concerti e partecipato a iniziative, tra cui l’allestimento, nel 1996, del “Requiem” di Mozart con l’Orchestra Filarmonica di Torino, nel 1998 a “LuciCanti” per l’Ostensione della Sindone e la collaborazione alla prima italiana dell’oratorio “Mal’hakim” di Riccardo Piacentini. Ha tenuto numerosi concerti in Italia, Francia, Ungheria. Nel 2010, in occasione dell’Ostensione della Sindone, ha promosso la rassegna di meditazioni musicali Passionis Mysterium. Nel 2013 ha celebrato il proprio Ventennale con diversi eventi corali aperti a coristi, appassionati e curiosi. Con organico allargato e collaborazioni varie ha messa in scena produzioni significative tra cui: la “Missa Katharina” dell’olandese Jacob de Haan, a Torino e a Schladming (A), diretta dallo stesso autore. Ha partecipato a “MiTo Settembre Musica / MiTo per la Città 2015” con il concerto “Ave Verum” per Soprano, Organo e Coro. A maggio 2016 in prima nazionale, ha eseguito “Sacred Songs” di Karl Jenkins, per coro, soprano e orchestra al Tempio Valdese di Torino.

L’orchestra ORSTÄIN (Orchestra Stabile Allievi Insegnanti) nasce da un progetto di “Accademia Musicale” promossa dalla Fondazione BiblioPan di San Maurizio Canavese (To). L’iniziativa, nata nel 2015 con l’obiettivo di costruire uno spazio ove fosse possibile praticare un’esperienza di formazione altamente qualificata e connotata dal punto di vista formativo e artistico, riunisce musicisti di diverse provenienze e studenti con ottima preparazione musicale.

L’attività dell’Accademia si sviluppa nel periodo luglio-dicembre e coinvolge tutti i partecipanti ammessi al progetto mediante bando di selezione. Da questa esperienza si forma poi l’Orchestra Stabile composta dai musicisti e dagli studenti che si sono distinti per capacità ed impegno nel periodo accademico. L’orchestra ORSTÄIN sviluppa una propria programmazione annuale, con produzioni e concerti, varie collaborazioni artistiche ed elaborazione di progetti cameristici.

L’Organo PINCHI OPUS 412 installato sotto l’ultima arcata tra la navata centrale e quella laterale nel Tempio Valdese è stato costruito nel 1996 ed è attualmente oggetto di manutenzione straordinaria. Si tratta di uno strumento costruito dalla ditta Pinchi di Foligno (unico esemplare in città) ispirato agli organi barocchi tedeschi con trasmissione integralmente meccanica  (meccanica sospesa per le tastiere e meccanica per il pedale e i registri). Ha due tastiere di 54 note ciascuna e pedaliera dritta di 30 note, 16 registri, 19 file, 954 canne. Lo strumento, ha temperamento non equabile (Werkmeister III) con La a 415 Hz, ma tre registri hanno temperamento equabile con La a 440 Hz. L’intervento di manutenzione prevede anche un ampliamento dello strumento con l’aggiunta di una nuova ancia al pedale e la trasformazione dei tre registri da temperamento 440 a temperamento 415. In questo modo lo strumento sarà finalmente corrispondente all’idea del progetto iniziale.

Come in un film: trapassato da parte a parte nel collo da una freccia viene salvato alle Molinette

Un vero miracolo. Qualche sera fa al pronto soccorso dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino è arrivato un uomo quarantenne lucido e cosciente con un dardo che gli trapassava il collo da parte a parte, senza alcuna conseguenza apparente. Il paziente sveglio parlava regolarmente ed ha raccontato che la freccia metallica gli si era conficcata accidentalmente a metà del collo mentre in casa lui stava pulendo la propria balestra.

Pronto ed immediato è stato l’intervento di tutto il personale sanitario, nonostante la scena senza precedenti, come si può ben immaginare, li avesse colti eufemisticamente di sorpresa. L’uomo è stato sottoposto subito ad una Tac spirale 64 in tridimensione e ad una angiotac spirale dalla radiologa Simona Veglia. Gli accertamenti hanno riscontrato che il dardo per una serie di fortunate coincidenze aveva risparmiato la trachea, l’esofago, la laringe e le corde vocali, passando ad un solo millimetro dalla carotide. Aveva perforato l’arteria tiroidea superiore, che però era occlusa con effetto tappo dalla presenza del corpo stesso del dardo nel vaso sanguigno, ed aveva fratturato la sesta vertebra cervicale, senza lesionare il midollo spinale, da dove usciva posteriormente per circa 8 cm..  Il paziente veniva immediatamente portato in sala operatoria, dove da sveglio e semplicemente sedato dall’anestestista Roberto Balagna veniva sottoposto ad un delicatissimo intervento senza precedenti, che avrebbe potuto mettere a rischio la sua vita. L’intervento è stato effettuato dall’otorinolaringoiatra Massimo Capricci, coadiuvato dal chirurgo vascolare Luca Di Molfetta. Capricci ha dapprima svitato la punta del dardo per poi successivamente sfilarlo dall’interno del collo. A quel punto il paziente è poi stato intubato dall’anestesista e gli è stata prontamente suturata l’arteria tiroidea rotta, che precedentemente non aveva perso troppo sangue proprio per la presenza della freccia stessa che la occupava. L’operazione ad alto rischio è tecnicamente riuscita. Successivamente l’uomo è stato trasferito in Rianimazionee gli è stata fatta una tracheostomia temporanea per mettere in protezione ed in sicurezza le vie aeree. Il decorso post operatorio è regolare. Il paziente ora è ricoverato nel reparto di degenza e sta meglio, mangia e parla e nei prossimi giorni verrà dimesso.

 

 

 

La Contrada animata dei Guardinfanti

Spettacolo itinerante alle ore 14.30, 16.30 e 18.30

Nell’ambito del Salone Off la Contrada dei Guardinfanti, situata tra via XX Settembre, via Mercanti e via Barbaroux, ospiterà il 25 maggio un nuovo appuntamento: uno spettacolo culturale itinerante a cura della Compagnia lilithteatronirico. Cortili, balconi e balconcini della Contrada diventeranno quinte teatrali e scenari di uno spettacolo che ne racconterà vite, segreti e pettegolezzi. Nel corso del pomeriggio la performance, attraverso le strette vie ciottolate del cuore di Torino, offrirà un tuffo nella storia attraverso i racconti dei personaggi più noti o degli abitanti più curiosi, ma anche la cultura del cibo, del buon mestiere, della tradizionale accoglienza delle botteghe.

L’appuntamento rappresenta una nuova tappa del programma promosso dall’Associazione Passages per scoprire e riscoprire, attraverso dimensioni narrative nuove e coinvolgenti, gli straordinari patrimoni conservati negli archivi e nelle biblioteche, mettendoli in dialogo con le memorie e le storie personali perché confluiscano in un racconto condiviso e in una riappropriazione della memoria. COMMONS. La Contrada si racconta è infatti un progetto articolato: iniziato con la raccolta di testimonianze legate alla Contrada dei Guardinfanti, prosegue ora incrociandole con i documenti d’archivio e il patrimonio culturale. Lo spettacolo del 25 maggio è la prima tappa di questo percorso cui seguiranno tour narrati e una mostra autunnale.

L’Associazione Passages promuove e coordina il più ampio progetto “COMMONS. Patrimoni in comune, storie condivise” – realizzato con il contributo della Compagnia di San Paolo nell’ambito del bando OPEN_Progetti innovativi di audience engagement – in collaborazione con le Biblioteche Civiche Torinesi, l’Archivio Storico della Città di Torino, il Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino e il Polo del ‘900.

“Lo spettacolo itinerante vuole essere un modo per coinvolgere il pubblico più ampio in un percorso di conoscenza dei patrimoni torinesi. Questo particolare angolo della città, così ricco di storie e di valenze culturali, tuttora poco note, merita di essere valorizzato. Può infatti dimostrare, anche in maniera sorprendente, di contribuire ancora oggi al nostro senso di identità e di appartenenza al territorio. L’Associazione Passages intende pertanto promuoverlo nell’ambito del progetto partecipato “COMMONS. Patrimoni in comune, storie condivise” che ha l’obiettivo di far emergere e trasmettere, attraverso differenti linguaggi (dal digital storytelling alla rappresentazione teatrale all’allestimento espositivo), le relazioni che ci legano a Torino, tanto ai suoi patrimoni pubblici quanto a quelli personali o “d’affezione”.

Anna Maria Pecci, coordinatrice del progetto, presidente dell’Associazione Passages

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Spettacolo culturale itinerante

“COMMONS. La Contrada si racconta. La Contrada animata dei Guardinfanti”

Performance a cura di lilithteatronirico. Drammaturgia e regia di Sonia Camerlo e Noemi Binda. Con le attrici e gli attori della Compagnia lilithteatronirico.

Col Patrocinio della Circoscrizione 1, in collaborazione con la Compagnia lilithteatronirico e l’Associazione di Via La Contrada dei Guardinfanti.

 

Giovedì 25 maggio 2017 Orario di partenza degli spettacoli itineranti: 14.30, 16.30 e 18.30

Punto di ritrovo partecipanti e inizio degli spettacoli negli orari indicati: Via San Tommaso angolo Via Garibaldi. Possibilità di aggregarsi nel corso dello spettacolo. Ogni spettacolo dura 45 minuti. Non occorre prenotare. Partecipazione gratuita.

 

“Heysel, tutti sapevano tranne loro”

La Piece teatrale “Heysel, tutti sapevano tranne loro” ,  andrà in scena questa sera, 23 maggio, nella Sala Atc di corso Dante 14  a Torino. La serata intende celebrare la ‘Giornata delle Vittime dell’Heysel e di ogni manifestazione sportiva’, ed è organizzata dall’Associazione ‘Quelli di … Via Filadelfia’, con il patrocinio del Comune di Torino e del Consiglio Regionale del Piemonte. Tra il 28 e il 29 maggio, inoltre, su richiesta dell’Asssociazione, sarà proiettata la scritta “+ 39 RISPETTO” sulla facciata della Mole Antonelliana a ricordo del tragico evento spoertivo.