Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

Alpha – Un’amicizia forte come la vita – Avventura. Regia di Albert Hugher, con Kodi Smit-McPhee. In un’età antichissima, durante un lungo periodo di cacce, un ragazzo perde di vista il proprio gruppo e deve affrontare ogni percolo per poter ritornare a casa. Lungo la strada si imbatte in un lupo grigio ferito, lo cura e lo accudisce sino ad una riabilitazione completa. Da tutto questo nascerà l’amicizia tra l’uomo e la razza canina. Durata 96 minuti. (Massaua. Ideal, The Space, Uci)

 

Animali fantastici 2 – Fantasy. Regia di David Yates, con Eddie Redmayne, Jude Law e Johnny Depp. Non dimenticando il successo del primo capitolo, più che apprezzato un paio di stagioni fa (anche nel senso di incassi al botteghino) e proseguendo quindi pieni di speranze che non verranno deluse nel secondo della saga, alla soglia degli anni Trenta, troviamo il cattivissimo mago Grindelwald in piena evasione mentre accarezza idee di ferrea supremazia, tra profezie che rimandano ad un futuro non troppo lontano e pronte a realizzarsi, mentre il professor Silente affida a Newt Scamander la sua cattura. Una ricostruzione perfetta, dove insieme abitano maghi e mostri, le forze del Bene e quelle del Male, la fantasia che avvolge senza freni il pubblico più giovane come quello più adulto. Durata 134 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Bohemian Rhapsody – Commedia musicale. Regia di Bryan Singer, con Rami Malek. La vita e l’arte di uno dei più leggendari idoli musicali di tutti i tempi, Freddie Mercury, leader dei britannici Queen, il rapporto con i genitori di etnia parsi, l’amore (sincero) per la giovane Mary, la trasgressione e l’omosessualità, i vizi privati e il grande successo pubblico, la sregolatezza accompagnata al genio musicale: il ritratto completo di un uomo e della sua musica, sino al concerto tenuto nello stadio di Wembley nel luglio del 1985. Durata133 minuti. (Ambrosio sala 2, Massaua, Eliseo Grande, F.lli Marx sala Groucho anche V.O. e sala Harpo V.O., GreenwichVillage sala 1, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci anche V.O.)

 

Il castello di vetro – Drammatico. Regia di Destin Daniel Cretton, con Brie Larson, Woody Harrelson e Naomi Watts. Basato sull’autobiografia della giornalista americana Jeannette Walls, il film è il racconto dell’infanzia nomade e travagliata dell’autrice/protagonista. Seconda di quattro fratelli, Jeannette cresce con una madre immatura e capricciosa, più attenta agli scorci da dipingere che alle necessità dei figli, e con un padre affettuoso ma alcolizzato. Che quando non è ubriaco si butta in progetti sconsiderati, elabora complesse strategie di guadagno e infarcisce la mente dei figli di aneddoti bizzarri e fantasiosi, che con il tempo alle due sorelle maggiori non bastano più. L’immaginario castello di vetro che lo sconclusionato genitore progetta un giorno di costruire per le bambine, diventa perciò il simbolo dei fallimenti e della promesse infrante: ma anche dei guizzi della follia e dell’immedesimazione. Durata 127 minuti. (GreenwichVillage sala 2, The Space, Uci)

 

Colette – Biografico. Regia di Wash Westmoreland, con Keira Knightley e Dominic West. Gran successo al recente TFF. Nata e cresciuta in un piccolo centro della campagna francese, Sidonie-Gabrielle Colette (la futura scrittrice di Chéri e di Gigi: sarà lei stessa a imporre a Broadway per quest’ultimo ruolo, portato in palcoscenico, il nome di una pressoché sconosciuta Audrey Hepburn) arriva nella Parigi di fine Ottocento, piena di fermenti non soltanto letterari e artistici, dopo aver sposato Willy, un ambizioso impresario letterario. La donna è attratta da quel mondo così variopinto ed è spinta dal marito a scrivere, reinventando sui personali ricordi il personaggio di Claudine, pubblicandoli in una serie di volumi tutti pubblicati con il nome di Willy. I quattro romanzi, distribuiti lungo le varie età della protagonista, diventano ben presto un fenomeno letterario nonché l’immagine della emancipazione femminile. Mentre cresce insieme alla sua Claudine e afferma la propria personalità nella società del tempo, Colette decide di porre fine al suo matrimonio e inizia una battaglia per rivendicare la proprietà delle sue opere. Tra le pagine dei romanzi, tra le avventure nei letti non soltanto maschili, tra i personaggi storici che prendono posto man mano attorno a lei, tra le sue prove teatrali condite di coraggioso e sfrontato erotismo, nei bellissimi costumi inventati per la vicenda, la Knightley, pur supportata dalla regia eccellente nella descrizione di un’epoca, non sempre riesce a farci “amare” il personaggio, a rendercelo in ogni sua componente, positiva o negativa. Appare con ben altra dimensione Dominic West, eccentrico, infedele, sperperatore, ingannatore della povera consorte, quel Henry Gauthier-Villars che si firmava Willy e metteva alle sue dipendenze, come un negriero, i poveri scrittori più o meno alle prime armi ma pur sempre nella zona buia del suo studio/officina. Durata 111 minuti. (Ambrosio sala 1, Eliseo Blu, Uci)

 

Disobedience – Drammatico. Regia di Sebastian Lelio, con Rachel Weisz, Rachel McAdams e Alessandro Nivola. Tratto dal romanzo di Naomi Alderman, è un amore al femminile, osteggiato all’interno di una comunità di ebrei ortodossi. Ronit (Weisz), che torna a casa, in un periferico quartiere londinese, per i funerali del padre, decisamente anticonformista, fotografa di moda e di successo oltreoceano, ed Esti (McAdams), timida e riservata, sposata al cugino Dodiv, si ritrovano dopo lungo tempo per riaccendere una passione che non hanno mai dimenticato. Il film è diretto dal cileno Lelio, premiato a Berlino e Oscar quest’anno per “Una donna fantastica”. Durata 104 minuti. (Massimo sala 2 e 3 V.O.)

 

First man – Il primo uomo – Drammatico. Regia di Damien Chazelle, con Ryan Gosling e Claire Foy. Accolto tiepidamente a Venezia dove quest’anno ha aperto la Mostra, il film è l’occasione per rivedere al lavoro la coppia che ha portato al successo “La La Land” – qui la sceneggiatura è basata sul libro di James R. Hansen e firmata da Josh Singer, sue le storie di “The Post” e del “Caso Spotlight”. La storia di Neil Armstrong, il primo uomo a scendere sulla luna, il suo carattere chiuso e ombroso, un esempio di antieroismo, certo non alla ricerca del facile successo, una vita (uno sguardo anche al privato, funestato dalla morte della figlia giovanissima) spesa al raggiungimento di uno scopo (anche il protagonista di “La La Land” aveva il medesimo desiderio, là eravamo nel campo della musica), a partire dal 1969 sino a quella notte del 20 luglio 1969, quando tenne milioni e milioni di spettatori incollati ai televisori in bianco e nero a seguire la sua avventura. Durata 141 minuti. (GreenwichVillage sala 3)

 

Morto tra una settimana (o ti ridiamo i soldi) – Commedia. Regia di Tom Edmunds, con Tom Wilkinson e Aneurin Barnard. La scrittura è un fallimento, i rapporti con il mondo che lo circonda un disastro, William alla soglia dei trenta ha deciso di buttarsi giù da un ponte. L’incontro con un anziano killer professionista, Leslie, può tuttavia mostrare in modo totalmente diversa la sua decisione: ne deriva un contratto secondo cui Leslie ucciderà l’aspirante suicida con un colpo di pistola entro una settimana: il tutto guastato dall’arrivo di una ragazzo di cui William si innamora e un lavoro che fa altrettanto al caso suo. Ma c’è una postilla, che il contratto non è rescindibile. Durata 90 minuti. (F.lli Marz sala Harpo, GreenwichVillage sala 3)

 

Non ci resta che vincere – Commedia. Regia di Javier Fesser, con Javier Gutierrez e Juan Margallo. Marco Montes è allenatore in seconda della squadra di basket professionistica CB Estudiantes. Arrogante e incapace di rispettare le buone maniere viene licenziato per aver litigato con l’allenatore ufficiale durante una partita. In seguito si mette alla guida ubriaco e ha un incidente. Condotto davanti al giudice, è condannato a nove mesi di servizi sociali che consistono nell’allenare la squadra di giocatori disabili “Los Amigos”. L’impatto iniziale non è dei migliori e Marco cerca di scontare lasua condanna con il minimo sforzo convinto di trovarsi di fronte a dei buoni a nulla dai quali non potrà ottenere dei risultati apprezzabili. A poco a poco i rapporti cambieranno. Durata 124 minuti. (Classico, Due Giardini sala Nirvana, Uci)

 

La prima pietra – Commedia. Regia di Rolando Ravello, con Corrado Guzzanti, Kasia Smutniak, Iaia Forte e Serra Yilmaz. Scritto da Stefano Massini, traendolo da una sua commedia scritta per il palcoscenico, è la storia di Samir, studente delle elementari, proveniente da una famiglia di origine musulmana, che un giorno lanciando una pietra contro un vetro della scuola, ferisce il custode e la bidella. Il preside Guzzanti cerca di mettere pace tra i feriti e la madre e la nonna del ragazzino ben lontane dal voler pagare i danni. In quegli stessi giorni si sta preparando la recita scolastica del Natale, festa (ancora) nostrana ma non esente dagli omaggi (oggi dovuti) all’interreligiosità. Durata 77 minuti. (F.lli Marx sala Chico, Reposi, The Space, Uci)

 

Quasi nemici – Commedia. Regia di Yvan Attal, con Daniel Auteuil e Camélia Jordana. Neïla Salah è cresciuta a Créteil, nella multietnica banlieu parigina, e sogna di diventare avvocato. Iscrittasi alla prestigiosa università di Panthéon-Assas nella capitale francese, sin dal primo giorno si scontra con Pierre Mazard, professore celebre per i suoi modi bruschi, le sue provocazioni e il suo atteggiamento prevenuto nei confronti delle minoranze etniche. La proprio Mazard, per evitare il licenziamento all’indomani di uno scandalo legato a questi suoi comportamenti, si ritroverà ad aiutare Neïla a prepararsi per l’imminente concorso di eloquenza. Cinico ed esigente, il professore potrebbe rivelare di essere proprio il mentore di cui la ragazza ha bisogno, tuttavia entrambi dovranno prima riuscire a superare i propri pregiudizi. Durata 95 minuti. (Massimo sala 2)

 

Ride – Drammatico. Regia di Valerio Mastandrea, con Chiara Martegiani, Renato Carpentieri e Stefano Dionisi. Opera prima passata al TFF ma lasciata fuori da ogni premio, è il resoconto del non-dramma di Carolina, della sua impossibilità a esprimere il proprio dolore mentre si prepara il funerale del padre di suo figlio, vittima del lavoro. In un’altalena di momenti drammatici, ma inespressi, e di attimi che vorrebbero alleggerire l’infelicità della vicenda (il ragazzino che è in attesa della televisione che certamente verrà, che prepara le risposta di una eventuale intervista), subentra la irrealtà del racconto di Mastandrea, che innesta una sottotrama bella ma disturbante del padre della vittima e del suo rapporto con l’altro figlio, anima nera della famiglia. L’attore passato dietro la macchina da presa è più convincente nel raccontare questi attimi e nel dirigere Carpentieri e Dionisi, difetta nell’indirizzare in una giusta direzione quell’impossibilità per cui ha scelto il volto e i mezzi abbastanza dimessi della sua compagna. Durata 95 minuti. (Romano sala 3)

 

Robin Hood – L’origine della leggenda – Regia di Otto Bathurst, con Taron Egerton e Jamie Foxx. Un racconto antico che il regista ha voluto riproporre sullo schermo dando un gran spolverata di modernità, il ritorno dalle Crociate e la visione di un paese in cui tutto è corrotto e in disfacimento, il cattivo duca di Nottingham, l’amore della bella lady Marian: è un azzardo dire che forse non se ne sentiva il bisogno? Rimpiangiamo tutti i precedenti, da Errol Flynn a Sean Connery. Durata 116 minuti. (Massaua, Uci)

 

Roma – Drammatico. Regia di Alfonso Cuaron, con Yalitza Aparicio e Marina de Tavira. Girato in bianco e nero, Leone d’oro quest’anno a Venezia, il titolo ricorda il nome di un sobborgo della periferia di Città del Messico. Siamo agli inizi degli anni Settanta, è la storia di Cleo, domestica al servizio di una famiglia altoborghese. Rimasta incinta e abbandonata dal ragazzo, condivide con la padrona abbandonata dal marito lo stesso dramma. Cuaron descrive le due donne, appartenenti a due classi sociali diverse, e le loro giornate impiegate nell’educazione dei figli, mentre intorno a loro gruppi militari e paramilitari colpiscono giovani studenti, in quello che verrà ricordato come il Massacro del Corpus Domini, nel giugno del ’71. Durata 135 minuti. (Ambrosio sala 2, Massimo sala 1 e 2 V.O.)

 

Santiago, Italia – Documentario. Regia di Nanni Moretti. Film di chiusura del TFF, l’autore di Habemus Papam” e di “Mia madre”, attraverso materiali documentaristici e le parole dei protagonisti, descrive i giorni che seguirono alla presa di potere di Pinochet nel Cile del 1973 e soprattutto il peso che la nostra ambasciata a Santiago ebbe nel dare rifugio alle centinaia di perseguitati politici alla ricerca di un rifugio sicuro. Durata 80 minuti. (Romano sala 2)

 

Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni – Fantasy. Regia di Lasse Hallstrom e Joe Johnston, con Helen Mirren, Morgan Freeman e Keira Knightley. Tratto dal racconto fantastico di Hoffmann, scritto nel 1816, e il balletto musicato da Čajkovskij quasi un secolo dopo. Come ogni vigilia di Natale, il signor Drosselmeyer e sua figlia Clara si riuniscono con gli altri ospiti nel grande salone della loro casa, per partecipare alla abituale magnifica festa: durante i festeggiamenti però avviene un fatto insolito. Seguendo un filo dorato che attraversa tutti i corridoi della casa, la giovane Clara viene condotta in un mondo magico e sconosciuto, diviso in quattro reami incantati. Durata 99 minuti. (Reposi)

 

Se son rose – Commedia. Regia di Leonardo Pieraccioni, con Leonardo Pieraccioni, Gabriella Pession, Claudia Pandolfi, Elena Cucci e Caterina Murino. Giornalista web, diviso da una consorte che ha ritrovato l’amore e padre di una figliola quindicenne più che pronta a muoversi nelle tecnologie e nei sentimenti sempre da prendere al volo del mondo di oggi, vive una seconda vita, inaspettata, proprio quando la prole, in un eccesso di amor filiale, invia a tutte le ex del padre un unici messaggino: “Sono cambiato, riproviamoci!”. La disgrazia vuole che il gruppetto di passate esperienze accolga all’unisono l’invito. Durata 90 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Ti presento Sofia – Commedia. Regia di Guido Chiesa, con Fabio De Luigi, Micaela Ramazzotti e Caterina Sbaraglia. Replay di casa nostra dell’argentino “Se permetti non parlarmi di bambini” uscito tre anni fa. Un padre divorziato, un padre premuroso e attaccatissimo alla propria creatura di dieci anni, che sbarca il lunario vendendo strumenti musicali, innamorato di una donna, Mara, indipendente, dal carattere forte, fotografa in cerca della sua strada, personalissima, che al loro primo appuntamento gli rivela di non volere assolutamente dei bambini, che anzi i bambini, tutti, lei li detesta. Sarà una gara quotidiana per l’imbranato Gabriele a costruire le proprie giornate in funzione della presenza dell’una o dell’altra sua donna, come la sua casa, adattata secondo le circostanze. Tra bugie, sotterfugi, manovre inverosimili, conflitti e soluzioni. Durata 98 minuti. (Reposi)

 

Tre volti – Drammatico. Regia di Jafar Panahi, con Benhaz Jafari e Jafar Panahi. Benhaz è una popolare attrice iraniana che un giorno riceve il video di una ragazza che richiede il suo aiuto contro una famiglia che le impedisce di recitare. Decide immediatamente di abbandonare il set del film che sta girando e con l’aiuto di Panahi iniziare un viaggio che la porterà sulle montagne del paese per ritrovare quella ragazze e dare ascolto e speranza a quel grido drammatico. Durata 102 minuti. (Nazionale sala 1)

 

Troppa grazia – Drammatico. Regia di Gianni Zanasi, con Alba Rohrwacher, Elio Germano, Giuseppe Battiston e Valerio Mastandrea. Lucia è una geometra che vive sola con sua figlia. Il comune un giorno le affida un controllo su un terreno scelto per costruire una grande opera architettonica. Qualcosa su quelle mappe non va, ma per paura di perdere l’incarico decide di non farne parola con nessuno. Il giorno dopo, sul lavoro, viene interrotta da quella che sembra una giovane “profuga”: la sera la rivede all’improvviso nella cucina di casa sua e le sente dire “vai dagli uomini e di’ loro di costruire una chiesa là dove ti sono apparsa…”. Durata 110 minuti. Due Giardini sala Ombrerosse, Romano sala 1)

 

Tutti lo sanno – Drammatico. Regia di Asghar Farhadi, con Penelope Cruz, Javier Bardem e Ricardo Darìn. Laura ritorna nel paese della sua infanzia per partecipare alle nozze della sorella. Lasciata anni prima la Spagna per l’Argentina, è sposata con un uomo che non ama più e ha due figli che ama sopra ogni cosa. In Spagna, nella provincia della Rioja, con gli affetti più cari ritrova Paco, l’amore della sua gioventù. L’accoglienza è calorosa, il matrimonio da favola, i festeggiamenti esultanti ma quella gioia lascia all’improvviso il posto alla disperazione. La figlia di Laura viene rapita: una sparizione che fa cadere le maschere in famiglia e nell’intero paese, dove “tutti sanno”. Dal regista iraniano di “La separazione”: da cui ci si sarebbe aspettato molto di più. Se all’inizio i preparativi della festa sono condotti con un certo ritmo, solare e affascinante, se i vari personaggi familiari sono tratteggiati con sicurezza, man mano che la storia avanza ci si ritrova nell’ovvio (e di una certa paternità mai confessata hai già avuto qualche dubbio non appena la Cruz mette piede al paesello natìo) e il nodo di vipere non snocciola poi grandi sorprese, con qualche imbarazzo per Bardem che si ritrova lì a fare il romanticone e la consorte che s’ingegna a dare credibilità ai suoi dolori di madre, in uno svolgimento che sfoglia tutte le pagine del melò. Darìn questa volta sta nelle retrovie, anche per colpa della brutta sceneggiatura, (sempre più annaspante, con un vero brutto imbattersi delle anime del misfatto, improvviso, mal raccontato), con grave disappunto di chi altre volte lo ha ammirato. Durata 132 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Il verdetto – Drammatico. Regia di Richard Eyre, con Emma Thomson, Fionn Whitehead e Stanley Tucci. Tratto dal romanzo “La ballata di Adam Henry” di Ian McEwan. Mentre il suo matrimonio con Jack vacilla, l’eminente Giudice dell’Alta Corte britannica Fiona Maye è chiamata a prendere una decisione cruciale nell’esercizio della sua funzione: deve obbligare Adam, un giovane adolescente che sta per compiere i diciotto anni, a sottoporsi a una trasfusione di sangue che potrebbe salvargli la via, contro le certezze di genitori che fanno parte dei testimoni di Geova e sono contrari a quella decisione. Contro l’ortodossia professionale, Fiona sceglie di andare a far visita al ragazzo in ospedale.Quell’incontro avrà un profondo impatto su entrambi, suscitando nuove e potenti emozioni in Adam e sentimenti rimasti a lungo sepolti nella donna. Una delle migliori interpretazioni della Thompson, una splendida quanto serrata prima parte del film: quando poi, all’entrata in scena del ragazzo, si intravedono all’orizzonte conflitti amorosi e materni da sempre soffocati, qualcosa nella storia scricchiola, si allunga in dialoghi e giravolte a tratti non necessari, il ritmo s’allenta, il sentimentalismo meno a freno finisce col “rovinare” un bellissimo personaggio femminile cui all’inizio ci eravamo affezionati. Tucci sembra entrato nella vicenda per sbaglio, un altra faccia in un altro luogo. Da vedere comunque. Durata 105 minuti. (Eliseo Rosso)

 

Widows – Eredità criminale – Thriller. Regia di Steve McQueen, con Viola Davis, Liam Neeson, Cynthia Erivo, Colin Farrell, Robert Duvall e Michelle Rodriguez. Veronica Rawlins è sposata con Harry che muore durante un colpo compiuto ai danni del gangster Jamal Manning, pronto a entrare in politica. Il colpo di Harry finisce non solo in una strage in cui muore tutta la sua banda ma pure in un incendio che brucia tutto quanto il denaro, tanto che Jamal decide di chiedere un risarcimento a Veronica, cui Harry tra l’altro ha lasciato una ricca cassetta di sicurezza in cui è nascosto il suo quadernetto d’appunti con le note per il prossimo colpo. Veronica decide di realizzare quella rapina e cerca di convincere le altre vedove a essere sue complici. Durata 129 minuti. (GreenwichVillage sala 3, Reposi)

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