C’è un buco nella memoria della seconda guerra mondiale che tocca anche tutto il Piemonte e la Città Metopolitana di Torino. E’ il siluramento da parte di un sottomarino tedesco dell’Arandora Star. Accadde il 2 luglio 1940
Su questa nave da crociera inglese trasformata in galera galleggiante, vennero ammassati cittadini italiani, austriaci e tedeschi per venire internati in Canada. Gli inglesi installarono a prora e a poppa due cannoni e sui fumaroli non vennero issate insegne. Nella tomba d’acqua – il siluro affondatore partito dall’u – boot andò a segno nel Mare d’Irlanda – persero la vita 446 emigrati italiani. E tra questi c’erano 446 italiani. Fu una tragedia, oltre che della guerra, anche dell’emigrazione perché la maggior parte di loro viveva, lavorava ed aveva fatto famiglia in Inghilterra da moltissimi anni. Parecchi erano cuochi e camerieri. E scorrendo l’elenco si scopre che tra loro c’erano anche diversi piemontesi e torinesi Nell’attuale Città Metropolitana di Torino il Comune più colpito fu Bollengo che ebbe nove morti annegati ma ad essere toccati furono anche la stessa Torino, Ivrea, Bobbio Pellice. Tra gli scomparsi c’era anche Cesare Vairo, direttore del Piccadilly Hotel e corrispondente da Londra di giornali italiani, di famiglia monferrina, la cui pronipote, la scrittrice Maura Maffei ha iniziato, proprio il 2 luglio di quest’anno a lavorare ad un romanzo incentrato sulla vicenda. Questa tragedia è caduta letteralmente nell’obblio. A squarciare il velo di silenzio sul dramma collettivo e le vicende dei singoli, le cui vite finirono letteralmente in fondo al mare, sono stati nel corso degli anni il libro di Maria Serena Balestracci sull’argomento ed il documentario realizzato da “Noi TV”, in tempi più recenti il romanzo di Caterina Soffici, “Nessuno può fermarmi” (Feltrinelli) e, soprattutto, l’impegno del Comitato pro Vittime Arandora Star, nato nel 1968 a Bardi, comune della provincia di Parma che diede l’alto tributo di 48 vite”.
“Il ricordo che vogliamo tenere vivo – dice il presidente Beppe Conti – non è quello dell’odio o della vendetta, ma un ricordo d’amore, speranza, fratellanza per i nostri cari, l’obiettivo è quello di poter arrivare un giorno ad una Giornata della Memoria, nella quale le autorità italiane si possano incontrare con quelle britanniche e tutti parenti”. In Piemonte, però, più che altrove questa vicenda pare essere stata rimossa. Alcuni anni orsono Conti scrisse al sindaco ed al parroco di Bollengo chiedendo loro se in paese vi fosse memoria del fatto, ma non gli è mai arrivata risposta. Chissà se adesso qualcosa si muoverà, a settantasette anni dall’accaduto.
Massimo Iaretti
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