La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Grande Torino, Grande Angela, ma manca il Liberty – 1866 – Fascisti, destra al Nord e al Sud – Lettere

Grande Torino, Grande Angela, ma manca il Liberty

Avevo delle perplessità nel vedere tra gli ospiti della trasmissione su Rai 1 su Torino di Alberto Angela due signore fastidiosamente  onnipresenti: Littizzetto e Christillin, emblemi di una Torino che detesto. Ma debbo dire che – se escludiamo i loro interventi  autoreferenziali e banali – la trasmissione ha volato alto. Innanzi tutto una “mancanza” che fa onore ad Angela: neppure una volta è stato nominato il movimento operaio, Gramsci, Gobetti e la stessa Resistenza, la solita vulgata. Queste parole si sarebbero dovute nominare perché appartengono alla storia della città, ma Angela sa bene anche  l’abuso che ne hanno fatto i comunisti e quindi ha evitato di finire nel vicolo cieco dell’Anpi nazionale. Ha invece parlato, come era giusto, di Torino sabauda perchè ogni angolo di Torino richiama Casa Savoia, quasi esistessero solo i Savoia che purtroppo è una verità perché l’identità tra Dinastia e Nazione è totale fino al 1848 quando Carlo Alberto elargì lo Statuto.

Non c’è neppure il mito della Fiat distrutto da Elkann di cui Christillin vuole diventare il custode testamentario, avendo accumulato esperienza con le mummie egizie. Mi ha colpito che lei stessa si è definita “storica” .Da quando? Non sapevo. Angela ha anche reso quasi equanime omaggio alle due squadre di calcio torinesi, ma di questi temi non dico perché sono acalcistico ed asportivo. E’ mancato un richiamo benché minimo al Liberty, una parte di storia torinese fondamentale che è stata trascurata proprio dai torinesi e dai vari assessori disattenti alla cultura. Al contrario è stato richiamato in modo insistito la Ferrari che con Torino non ha legami perché la casa di Maranello è presente al Museo dell’ automobile ,ma non nella storia della città. Meritava invece al Museo un accenno alla Lancia, fagocitata dalla Fiat, incapace anche solo di imitare lo stile del concorrente che ebbe anche lui la disgrazia di un discendente non all’altezza. La Littizzetto ha evitato le solite volgarità e si è inventata gastronoma: bagna cauda, bicerin e altro, secondo un copione banale trito e ritrito che anche i telespettatori di Canicattì conoscono, senza bisogno delle sue mediazioni televisive. Angela ha parlato di Museo Egizio e di Museo del Risorgimento e di Basilica di Superga. I monarchici in collegamento , mentre si sentivano orgogliosi del passato , non potevano non sentirsi in imbarazzo per un presente non proprio esemplare che farebbe infuriare l’ultimo Sovrano Umberto II  ricordato anche lui da Angela . Sulle macerie della Fiat svetta la Torino dei grandi Savoia da Emanuele Filiberto a Vittorio Amedeo ll, al Conte Verde al Conte Rosso . Noi siamo alle prese con Askatasuna e  con lo snobismo delle madamine. Che tristezza!

 

1866
Il prossimo anno vivremo un anniversario storico tra i più negativi: le sconfitte nella III Guerra d’indipendenza per terra e per mare: Lissa e Custoza. Solo Garibaldi fu vincitore a Bezzecca. L’Italia non capitolò solo perché alleata della Germania contro l’Austria. Una pagina nera. Il Regio esercito e la Regia Marina si rivelarono un disastro  Dobbiamo considerare che nel Mezzogiorno era iniziato il brigantaggio, oggi giustificato da molti storici o sedicenti tali.

Il veleno messo in circolo da Gramsci è duro a morire e le pagine di Rosario Romeo  sul Risorgimento e il Sud vengono nascoste senza essere confutate. Siamo ancora fermi alla  presunta insensibilità sociale degli uomini del Risorgimento, mentre al Sud briganti, avventurieri, delinquenti comuni scuotevano dalle radici l’alberello dell’ Unità nazionale ,senza capire che il riscatto del Sud sarebbe venuto dal processo di unificazione del Paese come vide Romeo.

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Fascisti, destra al Nord e al Sud
Un elemento appare più inspiegabile di altri nella politica italiana d’oggi: il MSI e la destre in genere ebbero sempre ampi consensi al Sud dove non c’era stata la guerra civile e il fascismo non conobbe la fine ingloriosa e tragica che gli toccò al Nord. Non a caso quello della Resistenza veniva chiamato Vento del Nord. Il Nord sembrò una roccaforte antifascista in cui il MSI non toccava palla , prendeva pochi voti e a volte non gli era consentito neppure di tenere comizi. Io ricordo Tullio Abelli che fu il temerario ed anche eroico  fondatore del MSI in Piemonte. Solo nel 1963 divenne deputato, utilizzando i resti. Al Sud il MSI e le destre conquistarono città come Napoli e ebbero molti deputati e senatori  eletti anche tra gli ex fascisti repubblichini o non aderenti a Salo’. A Roma il MSI ebbe molti voti ed elesse anche un sindaco. Nella seconda repubblica la Campania, la Puglia e il Lazio ebbero giunte di centro – destra. Oggi la situazione è cambiata. Tre regioni antifasciste del Nord come Piemonte, Lombardia, Veneto sono nelle mani della destra. Nelle mani della sinistra sono la Campania, la Puglia, la Sardegna.
Cito due esempi, per indicare una tendenza. Poi restano le regioni rosse come Toscana ed Emilia e Romagna, anch’esse antifasciste , ma con un consenso clientelare talmente radicato da essere indifferenti  persino a due inondazioni. La campagna antifascista è uguale in tutta Italia, ma gli esiti sono differenti .Oggi al Nord l’antifascismo elettorale sembra meno seguito, mentre al Sud esso appare più forte. Non si possono fare deduzioni ideologiche semplicistiche  perchè il clientelismo di De Luca o di  Emiliano è assai più forte dell’antifascismo e il nullismo  politico di Caldoro in Campania e di Fitto in Puglia è  apparso destinato a far perdere. Per le città è ancora peggio perché Napoli sembra il feudo di Bassolino, anche se Bassolino non c’è più da tempo. A destra i candidati attrattivi mancano. La Sicilia appare un discorso a sé perché malgrado il malgoverno della destra che si affidò a Cuffaro e ad altri degni compari, e malgrado il malgoverno della sinistra che ebbe un presidente imbarazzante come Crocetta, la situazione è apparsa più fluida politicamente forse perché le clientele (e anche la mafia) travalicano tutto. Anche la camorra in Campania avrà scelto per chi votare. Resta però un dato reale: l’antifascismo in molte regioni del Nord non è più così esclusivo e ferreo come in passato.

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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com

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Il sì finale che fa paura
Un periodo di guerre come quello che viviamo non è proprio il migliore per togliere il “Sì’” finale all’ inno Nazionale quando si afferma “siam pronti alla morte . Non siamo mai pronti alla morte, forse neppure il ministro Crosetto sempre più vicino ad  essere un ministro della Guerra.   Gino Apollonia
Non so che dirle  su Crosetto considerato uno dei migliori ministri di Meloni. L’ ho conosciuto poco o nulla. Sull’argomento Inno togliere il Sì, penso sia meglio perché cantare è una cosa, portare le stellette è un’altra. All’epoca di Mameli erano pronti a morire per la Patria, oggi morire per Kiev è cosa molto diversa. Chi ha un’età per essere reclutato, se non è un fanatico, non si sente pronto a morire. Non siamo mai pronti a morire. Gli inni italiani sono brutti: la marcia reale era ridicola, Mameli ha un testo oggi incomprensibile ai più, un testo guerresco che cozza con l’articolo 11 della Costituzione. L’unico inno era ed è la “Leggenda del Piave” scritto da un napoletano non retorico che amava la vita e la Patria. Non basta togliere un sì che fa tremare le vene ai polsi. Nessuno oggi è pronto a morire, ripeto, sempre che non abbia perso la ragione. I generali giustamente si tutelano e difficilmente muoiono in prima linea: preferiscono le retrovie, lasciando l’onore di morire ai soldati semplici o agli ufficiali di complemento. Le medaglie invece sono un riconoscimento molto desiderato soprattutto dagli ufficiali. Pensate a Badoglio, responsabile di Caporetto, ma superdecorato e promosso per meriti di guerra.
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Il governo Meloni
La legge finanziaria ha un po’ scombussolato il governo. I leghisti hanno attentato  alla vita del governo. Alcuni ministri si sono rivelati  inetti, parlamentari hanno dimostrato di non capire  nulla di economia come per la faccenda dell’oro della Banca d’Italia. Ho votato a destra, ma oggi sono perplesso.   Ciro Rizzi
Non è stato un bello spettacolo. Alcuni ministri sarebbero da cambiare, ma aprire una crisi sarebbe pericoloso. Non siamo più ai tempi della Dc. La invito a pensare un governo di sinistra alle prese con un finanziaria come questa. Avrebbe potuto far meglio? Non credo. Mancano i soldi .L’economia asfittica  di guerra sta mordendo le poche risorse . Con Fratoianni al governo io avrei paura. La verità è  che abbiamo solo politici e nessun statista . Anche nella Dc gli statisti erano pochi, nel PSI uno solo, negli altri partiti non c’era nessuno: Tanassi era vice presidente del consiglio e ministro della Difesa, ma era anche un ladro. Caro Rizzi, la politica italiana è prevalentemente in mano a persone prive di carisma. Ma anche nel passato era così. Anche all’estero non è meglio. Macron occupa il posto di De Gaulle, Pompidou, Chirac. In Francia non c’è neppure una maggioranza che governa. Lei che ha votato a destra, si tenga stretta la Meloni. Perché cambiarla? Mantiene un consenso considerevole, pur con un partito non pronto ad andare al governo. Le critiche espresse da Marcello Veneziani sono ridicole. Si è accorto in ritardo che avrebbe desiderato  andare al governo.
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