Tendenze da tenere sott’occhio, arrivano da una nuova cultura cinese

Fino al 10 gennaio, nel “Cortile Lagrange” (Palazzo Cavour)

Presentando una mostra – “Cina. La nuova frontiera dell’arte” – da lui curata negli spazi della Fabbrica del Vapore a Milano un paio di anni fa, Vincenzo Sanfo usava il termine “repentina” a indicare la “comparsa dell’arte cinese contemporanea”, interessante fenomeno artistico posto tra il trascorso e l’attuale secolo. Parlava di “sconvolgimento”, di un sovvertimento da parte della cultura e di un paese, “remoto, distante, misterioso”, nei confronti di linee da sempre consolidate, nei luoghi della storia, del sociale, dell’economia: un movimento tellurico che dai primi anni Ottanta veniva, chiaramente, a coinvolgere altrettanto il mondo artistico e culturale. “Improvvisamente tutto ciò che accade in Cina riguarda anche noi, direttamente o indirettamente. Piaccia o non piaccia, questa è la realtà di un futuro che ci riguarda sempre più da vicino e che non si può ignorare.” Il mondo dell’arte offriva su un nuovo palcoscenico, tra gli altri, i nomi nuovi di Xiao Lu, approdato al Guggenheim di New York o di Song Yon Ping, le cui opere sono oggi ospitate al Moma e al Paul Getty Museum. Interessi visti sotto una nuova luce, approfondimenti sino a quei momenti sconosciuti, la volontà (unita a una qualche dose di furbizia) di guardare al mondo Pop che, in loco, non si negava una certa “critica verso la classe politica dell’epoca, oltre a irridere la degenerazione dei comportamenti di una nascente società consumistica.”

Dietro queste premesse, sarà interessante visitare questo recente panorama, ospitante altresì nomi della più recente generazione, che Sanfo ha allestito nel Cortile Lagrange – Galleria delle Arti (a palazzo Cavour, via Lagrange 27, orari dal martedì al sabato dalle 10,30 alle 18,30, sino al 10 gennaio) per la mostra “Cina. Capolavori per un nuovo collezionismo”. Non so se l’occhio (antico) europeo li vorrà già definire capolavori, certo linguaggi diversi, innovativi e colmi di creatività, tendenze a molti fino a oggi sconosciute, ormai imperiose, anche investimenti in considerazione delle quotazioni eccellenti acquistate nelle aste internazionali. Una mostra che può rivelarsi di diritto un’occasione unica nel panorama artistico delle festività natalizie torinesi, un momento di confronto ragguardevole e da apprezzare, la scoperta di un territorio inesplorato ma di certo affascinante.

Quattro principali artisti, accomunati per lo meno dalla curiosità che coinvolge chi guarda, Xing Junqin, un ex militare che porta sfacciatamente e al colmo dell’ironia Duchamp tra due soldati in tuta mimetica intenti in un puro bisogno fisiologico (“The romance of Duchamp story”, 2006) o che sa costruire con estrema precisione, nel fitto degli alberi ricchi di fogliame, tra tinte verdi e marroni che riprendono l’abbigliamento militare, il suo “Paesaggio camouflage” (2006), elementi coraggiosi di grande impatto visivo. Zhang Hong Mei mette in campo preziosi “mental landscape” (2016), tessuti incollati su tela, accenni, stralci di paesaggi, macchie rivisitate brillantemente a creare scogli, angoli di mare, vele, miscelatura di materiali dove il colore s’impone, vivissimo, vissuto in piena libertà, tra pieni e improvvisi vuoti, come quello del 2017, un territorio che si frantuma, poco a poco, forse quello nordamericano, una deriva e una sparizione a due passi da noi. Soltanto nella mente? Per l’artista la pittura è anche capace di un ulteriore gioco, irreale, che si manifesta in un minuscolo “albero della fortuna” (2025), usando multicolori, giallo rosso verde, tessuti su fili d’acciaio. Come simili tessuti possono anche essere incollati sul bronzo e dare vita a curiose figure di dei o eroi, che non conosciamo. Xu De Qi realizza coloratissime e moderne figure di ragazze, selvagge e rampanti, pronte a imporsi, padrone di sé, vuoi che affrontino il mondo protette da una nera pantera, anch’esse aggressive (“Beauty and the beast”, 2019) o in discesa da un battello, fasciata da hotpants e canottierona a righe verdi e nere, questa volta avendo alle spalle la presenza di un non certo meno pericoloso felide (stesso titolo, 2024). Ancora l’iperrealismo di Luo Zhiyi, intenso e prezioso di tecnica, nella continua ricerca di particolari che certo affascinano. Senza contare le operazioni di autori quali l’ormai acclamato Ai Weiwei, tra tappezzerie e ceramiche dipinte a mano, o di Wu Dewu con la sua “Butterfly”, luminescente tra angosciosi omini in nero, o Ma Fengyun che regala tre ritratti in stampa digitale su tela di altrettante bizzarre ma impagabili vegliarde che valgono da sole una visita.

Elio Rabbione

Nelle immagini, alcune opere degli artisti cinesi esposti in mostra.

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