Dantès sull’isola dei pescatori

 

L’isola Superiore, più comunemente conosciuta come isola dei Pescatori, con i suoi cento metri di larghezza per trecentocinquanta di lunghezza a dispetto del nome è la più piccola delle isole del golfo Borromeo sul lato occidentale lago Maggiore, di fronte a Stresa ( la più grande è l’isola Madre, seguita dall’isola Bella). Quest’isola è stata la prima ad essere abitata tant’è che in un decreto vescovile datato 1627 veniva citata come Insella o Insula Superior, distinguendosi dalla vicina Insula Inferior (isola Bella) a quel tempo ancora disabitata. Quella dei Pescatori è anche l’unica isola del golfo che non appartiene al patrimonio dei Borromeo ed è abitata per tutto l’anno da una cinquantina di residenti stabili, da molti gatti e da Dantès, un piccolo e straordinario yorkshire terrier. La pesca, un tempo attività principale, è ancora praticata da alcune famiglie che hanno conservato quest’antica tradizione.

Le tracce di quest’attività s’intravedono un poco ovunque, dal “codino” dell’isola — striscia di terra alberata all’estremità nord — dove s’incontrano le strutture in ferro un tempo usate come supporti per stendere le reti fino al piccolo porto dove sono ormeggiate le barche da pesca e si conservano i resti di una caldaia che veniva utilizzata per tingere le reti, variandone il colore a seconda dell’uso. Un ambiente straordinario e suggestivo che Dantès, cagnolino curioso e vivace, con un pelo setoso e un carattere propenso all’avventura, amava esplorare in ogni suo angolo appena il sole sorgeva lentamente sopra le acque tranquille del Lago Maggiore. Si aggirava nelle strette stradine tra le case dai colori vivaci dove, a dispetto dei luoghi comuni, incontrava moltissimi gatti con i quali aveva stabilito una pacifica convivenza nel rispetto dei reciproci spazi. Nonostante si pensasse che fossero nemici giurati erano tutti dei quattro zampe pelosi che dimostravano, giorno dopo giorno, come potessero vivere insieme, creando un rapporto basato sul reciproco rispetto. L’isola dei Pescatori era infatti conosciuta anche come l’isola dei gatti. Perfettamente integrati nell’ambiente tranquillo e privo di pericoli, erano tantissimi i felini che si potevano incontrare nelle vie del borgo, in gruppo o solitari, a cercare cibo o protezione dal sole e dalla pioggia tra le piante dei giardini, nella piazzetta della chiesa di San Vittore o nelle vicinanze delle trattorie che s’affacciano sul lago. Quando tramontava il sole e anche l’ultimo battello ripartiva, l’isola cambiava aspetto: calava il silenzio e nella quiete notturna i gatti diventavano i veri padroni del territorio. Un giorno, mentre si avventurava vicino al molo, Dantès notò qualcosa di strano: una piccola rete da pesca abbandonata si era impigliata tra le rocce. Avvicinandosi si rese conto che all’interno c’era un pesciolino argentato che guizzava, cercando di liberarsi. Senza esitare il piccolo yorkshire terrier si mise ad abbaiare per attirare l’attenzione dei pescatori, sperando che qualcuno lo aiutasse.

Il primo ad avvicinarsi fu Rossino, uno dei gatti dell’isola. Il felino guardò il piccolo pesce leccandosi i baffi, quasi pregustasse il fresco bocconcino ma Dantès con poche, convincenti espressioni lo dissuase. Un giovane pescatore di nome Marco si avvicinò. “Cosa hai trovato, piccolo amico?” chiese, accovacciandosi per osservare meglio. Dantès abbaiò e indicò con il muso la rete. Anche il gatto, ormai rassegnato, miagolò. Il pescatore comprendendo la situazione si mise subito al lavoro e, con delicatezza, liberò il pesciolino. “Siete stati veramente bravi!”, esclamò Marco, accarezzando sia il piccolo yorkshire che il micio dal pelo fulvo. “Avete salvato questo pesciolino e poi dicono che i cani e i gatti non vanno d’accordo”. Dantès scodinzolò felice e anche Rossino si strusciò ronfando sulle caviglie del pescatore mentre il pesciolino, ormai libero, si allontanò rapidamente nell’acqua limpida. Da quel giorno Dantès, Rossino e Marco divennero grandi amici. Ogni mattina il giovane pescatore portava il cane e il gatto sulla sua barca, e insieme navigavano tra le isole e i paesi del golfo Borromeo. Sia Rossino che Dantès amavano sentire il vento tra il pelo, osservando le onde e il volo di germani reali, svassi maggiori,  cormorani e folaghe che costruivano il proprio nido sulle barche nei porticcioli o direttamente sui moli. La sera prima di ferragosto, quando la processione delle barche da pesca illuminate portava la statua dell’Assunta, partecipavano anch’essi – insieme alla nutrita comunità felina – al grande falò sulla “coda” dell’isola. Ed era festa grande, potendo godere di teste e lische dei pesci finiti in padella o sulle griglie. L’isola, esposta ai venti, il cui nome li distingue per provenienza (il Mergozzo, che soffia dall’omonimo lago, battendo la sponda occidentale; il Maggiore, impetuoso e deciso che dalla Svizzera scende verso oriente; l’Inverna, che si muove in direzione opposta al Mergozzo, increspando leggermente il lago e portando il bel tempo), offriva ai piccoli abitanti riparo nei vicoli stretti e sinuosi tra le case a più piani dai lunghi balconi dove veniva messo il pesce ad essiccare. Diventati delle celebrità locali potevano godere dell’affetto degli abitanti che li conoscevano e adoravano. Inutile dire quanto questa situazione piacesse a Dantès, a Rossino e ai loro tanti amici che abitando sull’isola erano più che felici.

Marco Travaglini

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