Una senile, allegra “solitudine”, in puro “stile Franco Barbero”

Il 6 e 7 gennaio, al teatro San Giuseppe di via Andrea Doria 18

Franco Barbero è un attore – lo è sempre stato – dalle solide radici. Piemontesissime, lui di Asti (con un augurio qui per l’avvicinarsi quantomai prossimo degli ottanta), quelle nate nei terreni dei Macario (una bella accoppiata per una decina di commedie) e dei Campanini (con il comico forma compagnia, tra il 1975 e l’80), negli ormai lontani anni Settanta. Un personaggio semplice, fuori dal tempo, una maschera che si fa a poco a poco carattere, sempre più preciso e consolidato. Barbero non ci si rintana ma lo svolge, lo arricchisce, lo infiocchetta ruolo dopo ruolo: legato al testo, sempre pronto a calcare la scena come un bravo soldatino ma pronto altresì a riandare alla scuola del grande Erminio. Con l’improvvisazione, con l’immediata invenzione (“ invenzione è guardare cosa succede in giro e commentare”), magari poggiando sugli umori del pubblico, magari sfoderando l’invidia di qualche collega, magari rubando l’applauso più caloroso della serata. Riesce a crearsi un posto tutto suo, scrittura Sylva Koscina e Stella Carnacina e Femi Benussi, vamp del momento, s’affida anima e cuore ai duetti con l’amica Margherita Fumero, con Nadia Furlon fa coppia per l’operetta, campo facile a tutto il suo umorismo che si traduce ogni sera per genuino divertimento da parte del pubblico, con un repertorio non indifferente di undici operette: non restando chiuso tuttavia all’interno del teatro “leggero”, con la battuta facile o la bellona di turno, ma oltrepassando i dislivelli di quello impegnato, da Shakespeare a Molière, dal lodatissimo “Margarita e il gallo” di Edoardo Erba (con Maria Amelia Monti, ricco di premi importanti come gli Olimpici del Teatro, il Riccione e il Salerno, il premio Idi) alla riduzione dell’”Esclusa” pirandelliana, in cui il regista cui s’affida vuole affidargli ben tre ruoli, da Plauto a Campanile (“Il povero Piero”) per arrivare all’”Orestiade” di Eschile o alla “Venexiana” di autore anonimo a cui ha partecipato a Roma lo scorso anno. Ruoli di piccolo calibro ma sempre tutti con il profumo della concretezza, apprezzati e lodati, quei ruoli su cui lo spettatore attento pone lo sguardo e si porta a casa l’attore autentico.

E non soltanto teatro. Ma anche il cinema, dalla metà degli anni Settanta, s’è accorto di lui, chiamato a lavorare tra gli altri con Maurizio Nichetti e Pieraccioni, con Michele Placido e Tinto Brass, con Roberto Benigni (“La tigre e la neve”) e Marco Tullio Giordana (“Romanzo di una strage”, pellicola mai troppo lodata sull’atroce vicenda di piazza Fontana, da Matteo Rovere al Silvio Soldini del “Comandante e la cicogna”. Non soltanto le produzioni della nostra Film Commission, non soltanto le strade e gli angoli di Torino e piemontesi, Barbero rientra in tantissime opere disseminate per lo stivale, entrando nel cinema importante, tra le firme che contano. E allora il viso è di quelli che riconosci immediatamente, la tivù fa il resto e si entra nelle case: apparizione dopo apparizione, da “Don Matteo” a “Padre Pio”, dal “Grande Torino” di Claudio Bonivento alla serie di “L’onore e il rispetto”, dalla “Farfalla granata” di Paolo Poeti sulla figura indimenticabile di Gigi Meroni a Rocco Schiavone, dalla “Strada di casa” all’ultimo “Cuori”, con quegli amori e malattie che il publico ormai si aspetta come il pane.

Una faccia, un compagno affabile e allegro, un carattere. Come il Piero, che porta sabato 6 (alle ore 21) e domenica 7 (alle 16) al teatro San Giuseppe di via Andrea Doria 18 nella commedia “Un Natale fuori stagione” scritta da Antonio Valleggi, che ne cura anche la regia. “Anche qui, “abbastanza Barbero” come carattere”, sottolinea ancora una volta l’attore. E Valleggi, che festeggia per l’occasione i suoi cinquant’anni come regista, di rimando: “Barbero è davvero un attore completo, di quelli che il pubblico apprezza enormemente e io sono stato sinceramente felice quando ha risposto sì alla proposta che gli avevo fatta di lavorare insieme”. Una traccia all’apparenza semplice, la figura di un vecchio solitario, vedovo e rintanato nella sua casa in Liguria, una vita scombussolata all’improvviso dall’irrompere di una sconosciuta, Manola, che si fa passare per la badante argentina che la figlia ha deciso di mettergli accanto. Uno svelamento che è un bel colpo di teatro, un albero di natale abbandonato sul terrazzo della casa, un pregiudicato che ha scoperto il nascondiglio della ragazza: ma non soltanto, nella suspence e nel divertimento, nello scorrere allegro delle situazioni e delle battute, s’incrociano temi come la solitudine degli anziani, la difficoltà nel trovare un lavoro correttamente retribuito, la diffidenza verso gli stranieri, la triste piaga della violenza sulle donne. “Temi trattati con leggerezza – spiega ancora Valleggi mentre tratteggia questa sua “commedia brillante con il sorriso” -, mai resi con banalità. È uno di quei testi, composti in questa ultima decina d’anni in cui ho privilegiato la scrittura, a cui tengo di più. Ho trovato, con Franco, altri due eccellenti interpreti, Nathalie Bernardi e Igor Toniazzo, con loro sperimento ancora una volta la bellezza del palcoscenico, quello studio che mi porto dietro ogni giorno, la voglia e il piacere di creare con l’attore la precisione della battuta, l’esattezza della posizione, il potere di una pausa che ci aiuta a riflettere”. Guardando ad una vita da sempre accompagnata dal teatro (da LeRoi Jones a Molière a “Notturno”, racconto di fantascienza (del 1941) tratto da Asimov, Valleggi non ha dubbi: “Il teatro è una delle forme di espressione che dovremmo coltivare sempre perché ci regala uno spaccato di noi stessi a 360°.”

Elio Rabbione

Nelle immagini, la locandina di “Un Natale fuori stagione”, Franco Barbero in scena e fuori scena; un momento di “Al bar dello sport” di Francesco Massaro, dove con grande successo Barbero fu l’ostile cognato di Lino Banfi, emigrato pugliese a Porta Palazzo.

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