Il dramma del popolo ucraino continua e cresce, di giorno in giorno, la mobilitazione popolare in tutta Europa a sua difesa. E anche e soprattutto in Italia. E questo è un fatto non solo positivo ma incoraggiante perchè è una sensibilità trasversale, corale e generale. Un cambiamento significativo rispetto ad un passato anche solo recente. Del resto, per moltissimi anni nella politica italiana quando si parlava di pace si pensava immediatamente alla sinistra. Alla sinistra parlamentare e, quando ancora esisteva, alla sinistra extraparlamentare. Era un film quasi scontato. Scoppiava una guerra in un angolo del mondo e, immediatamente, partiva la mobilitazione politica ed organizzativa della sinistra. Nello specifico, attraverso la rete capillare del Partito comunista italiano. Uno scenario che è proseguito per molti decenni nel nostro paese. Accanto, va pur detto, alla mobilitazione concreta di settori del mondo cattolico e dello stesso associazionismo del laicato cattolico organizzato. Finita la prima repubblica e archiviata la storia del Pci, la musica non è cambiata granchè. Sono cambiate certamente le sigle ma non è cambiata la modalità concreta nella trasmissione del messaggio che la pace e i valori della pace sono difesi sostanzialmente solo dalla sinistra. Ovvero, è sempre e solo la sinistra – seppur nelle sue multiformi e variegate espressioni – a scendere in campo e ad egemonizzare, di fatto, il tema importante e decisivo della pace. Decisivo non solo come valore da inverare e da coltivare ma anche, e soprattutto, come leva per costruire una strategia di politica internazionale. Pace che, come ovvio e scontato, deve sempre essere coniugata e strettamente intrecciata con una altrettanto adeguata e pertinente politica della sicurezza.
Ora, al di là di questa considerazione, quello che si può e si deve rilevare oggi è che è cambiata la sensibilità e la stessa partecipazione concreta alla richiesta di una seria e credibile “politica della pace”. Si è di molto affievolita la pregiudiziale anti americana – anche se non è del tutto scomparsa – da un lato e si è indebolita la tesi che è patrimonio esclusivo delle forze della sinistra politico e culturale di egemonizzare il tema della pace dall’altro. Certo, questa area politica continua e rivendicarne l’egemonia ma, rispetto anche solo ad un passato recente, si è progressivamente ridotta la pregiudiziale che il “resto del mondo” non ha titolo e merito per organizzare manifestazioni di protesta a difesa della pace nel mondo. Un peso rilevante, al riguardo, lo ha certamente avuto la Chiesa nelle sue multiformi espressioni grazie ad una elaborazione ecclesiale, culturale e sociale che ha contribuito a sensibilizzare moltissimi cattolici nella difesa e nella promozione concreta dei temi legati alla conservazione e alla salvaguardia della pace privilegiando la politica del dialogo, del confronto, del negoziato e della trattativa democratica tra i vari stati. Pur sapendo che ogni paese è frutto e conseguenza della sua storia e del suo passato. E difficilmente questo viene scalfito del tutto. Come sta accadendo, puntualmente, in questo drammatico e violento conflitto provocato dall’invasione russa dell’Ucraina.
Ecco perchè è importante oggi cogliere un dato politico. E cioè, la voglia e la domanda di pace, il rifiuto della guerra come soluzione dei problemi tra gli Stati, il ricorso costante e convinto al dialogo e al confronto tra le varie parti in causa, la necessità di rispettare le sovranità dei singoli paesi seppur senza alterare gli storici equilibri geopolitici mondiali, non è più riconducibile solo ed esclusivamente al mondo della sinistra. Sinistra ideologica o post ideologica che sia. E questo è certamente un passo in avanti perchè mette in discussione la tradizionale ed atavica, nonchè del tutto presunta, “superiorità morale” di un’area politica da un lato e, dall’altro, la concezione sempre più fuori luogo e fuori tempo che il valore della pace appartenga al solo patrimonio della sinistra ex comunista e post comunista. Le dichiarazioni, le manifestazioni, le mobilitazioni, gli appelli di questi giorni confermano che la pace è sempre più un valore universale, corale, collegiale, plurale e sempre meno ancorato ad una logica di partito, ad un sistema ideologico e ad una sola appartenenza culturale. Certo, non mancano i rigurgiti e le tentazioni di chi, soprattutto nella periferia italiana, identificano ancora la pace con la piazza e con la sinistra. Elementi che fanno parte di un vecchio retaggio ideologico e politico. Ma quello che oggi si può e si deve cogliere è che su questo versante c’è stato un forte salto di qualità. A livello politico, culturale, sociale, intellettuale ed anche etico. La difesa della pace, cioè, appartiene a tutti. Nessuno può più rivendicarne l’egemonia.
Giorgio Merlo
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