A Genova esaltano Giuliani e le foibe

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

L’esaltazione di Carlo Giuliani visto come martire e come compagno di lotta che vive, a vent’anni dal G 8 genovese, è cosa che solo menti malate di faziosità possono fare.

Giuliani avrebbe potuto  uccidere un carabiniere il quale per legittima difesa, sparò e uccise questo ragazzo. E il padre di Giuliani che è responsabile della sua educazione forse non proprio esemplare, non può oggi salutare su un palco e  indignarsi perché  non ci fu un processo. In più processi, anche alla Corte europea, il carabiniere venne assolto. Resta il dolore per la morte di un giovane ma la vera vittima appare oggi il  carabiniere che non seppe difendersi al processo (e fu  assolto!) e che ebbe la sua  vita rovinata per sempre. Non si riprese più da quel trauma e da quel clima di odio creato attorno a lui. Anche la sua vita privata fu difficile e l’accusa di pedofilia da cui venne assolto è un segno di una realtà molto problematica che ha origine remota  nell’episodio di piazza Alimonda a Genova. Su Facebook ho scritto che era vergognoso celebrare Giuliani e lo ribadisco. Lo striscione di esaltazione delle foibe (ispirato al libretto uscito qualche mese fa) ci rivela chi sono molti tra gli estimatori di Giuliani. Vetero-comunisti,  giovani, meno giovani e vecchi malvissuti  che fanno della violenza politica il loro metodo di lotta. Esaltare le foibe è un atto infame paragonabile al gesto di chi avrebbe potuto  uccidere un carabiniere, lanciandogli un estintore. Questi estremisti sono nemici dell’Italia. Un assembramento, vietato a causa del Covid ma tollerato dalla Polizia, che rivela la stoltezza, l’ignoranza, la malafede di certa gente che io non esito  a definire traditori  e disertori nei confronti dell’Italia democratica e civile, in primis di quella nata dalla Resistenza. Gente che, se non fossimo dei liberali e dei democratici, andrebbe idealmente “messa alla gogna”. Loro ci metterebbero alla gogna senza la minima esitazione, ricorrendo alla violenza contro chi ha la colpa di non pensare in rosso.
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