Barbero anche sulle foibe fa lezione

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni     Che il professor Alessandro  Barbero  dell’Università di Vercelli voglia spaziare su tutto lo scibile storico, imitando in chiave in verità un po’  provinciale il più noto Franco Cardini e voglia dar lezione su tutto  a tutti, è un fatto noto che lo ha portato a scrivere cose inaudite, ad esempio, su Vittorio Emanuele II.

Barbero è un professore di storia medievale che dovrebbe limitarsi al suo ambito come si fa tra uomini di scienza. Sarebbe ridicolo, ad esempio, che uno storico contemporaneista scrivesse di Carlo Magno, ma a Barbero appare invece  normale praticare sistematiche  scorribande storiche in territori temporali che non sono di sua competenza, esponendosi a brutte figure e a facili successi con un pubblico di bocca buona. L’ultima  riguarda le foibe dove ha preteso anche lui di dire la sua sull’onda della violenta campagna giustificazionista delle foibe  ingaggiata dall’ ANPI.
Gli rendo merito perché ha avuto l’onestà di dichiarare  che la sua famiglia è stata fascista e repubblichina, ma forse lo ha detto per dare più credibilità a quanto avrebbe sostenuto sulle foibe, quasi le colpe dei padri possano avvalorare  le tesi storiche dei figli.
Dopo aver condannato le foibe senza cadere nel negazionismo e nel giustificazionismo di moda, ha però contestato la legittimità del giorno del Giorno del ricordo del 10 febbraio, vedendolo come un contrappeso politico  al 25 aprile imposto nel 2004 da un governo di destra in cui prevalevano  i neo – fascisti. E qui Barbero  dimostra di non sapere che quella legge istitutiva passò con il voto determinante del PDS e l’adesione attiva di Luciano Violante e di Piero Fassino.
Il 10 febbraio non è il contrappeso di nulla, semmai è un complemento della Giornata della Memoria perché nei territori del confine orientale italiano ci fu un eccidio di massa  di cui nessuno parlava da decine d’anni perché la parola d’ordine era il silenzio più o meno omertoso imposto dal culturame  egemone di impostazione marxista.
Barbero sostiene senza prove  che gli storici hanno sempre scritto delle foibe senza citare il titolo di una sola  opera. Il primo a scriverne è  stato Gianni Oliva a cui oggi c’è qualcuno che vuole disconoscere quel merito indiscutibile che gli fa molto onore perché Oliva è uomo di sinistra.
Barbero dice che gli italiani occuparono i territori italiani dell’Adriatico orientale nel 1918, dimenticando che essi furono per secoli veneziani ed erano di lingua, arte  e cultura italiana da tempo immemorabile.
Forse Barbero ignora anche Niccolò Tommaseo. Ma ignora gli irredentisti dell’800 come Guglielmo Oberdan  o il repubblicano Imbriani e i martiri novecenteschi come Nazario Sauro e molti altri patrioti che disertarono dall’esercito austriaco, pagando con la vita. Ma Barbero dimentica che quelle terre, già da sempre italiane, furono riconsacrate italiane dal sangue di 650mila morti nella Grande Guerra, un fatto importante, così  come in seguito alla guerra perduta del 40-45 con il Trattato di pace del 10 febbraio 1947  Furono tolte all’Italia insieme a Briga e Tenda sul confine con la Francia.
Il modo in cui  quelle province vennero governate dai fascisti non giustificano l’odio slavo contro gli italiani che era ben evidente nel 1800 ed anche prima.
Fu la miscela esplosiva di comunismo e nazionalismo slavo creata da Tito a scatenare la pulizia etnica degli italiani ,provocando la morte nelle foibe e gli annegamenti di 15 mila italiani, molti antifascisti e persino partigiani. In ogni caso le violenze del regime fascista non giustificano le foibe a meno di intendere la storia l’hegeliano terribile mattatoio che giustifica la violenza con una violenza senza fine.
Il 10 febbraio giorno del ricordo  ha dei fondamenti storici che la semplificazione superficiale di Barbero ignora. L’ultima perla riguarda l’affermazione che i partigiani comunisti slavi abbiano combattuto dalla parte giusta e che quindi i loro comportamenti si contestualizzano negli orrori della guerra che Barbero definisce  testualmente “ porcate “. Estendendo questo ragionamento , si potrebbe dire che l’URSS di Stalin sia considerare in modo diverso da come la storia l’ha valutata  perché ha combattuto Hitler.
Barbero ignora o non dice le ragioni internazionali che portarono a rivalutare Tito perché si era staccato da Stalin ,ma qui il discorso si farebbe troppo lungo e ci porterebbe lontano fino all’onorificenza italiana conferita al maresciallo iugoslavo.
La verità è che troppi in Italia non vollero parlare di foibe ,a partire dal Pci per arrivare anche ai socialisti e alla Dc. Anche Saragat non ebbe il coraggio di fare una scelta difforme e  sostenne con Nenni le tesi rinunciatarie che portarono all‘ infame trattato di Osimo firmato di nascosto nel 1975  da Rumor, certo del tutto insensibile ai problemi del confine orientale: un trattato che è rimasta una ferita ancora aperta e fu un tradimento iniquo ed anche vigliacco  degli esuli. E andrebbe anche  ricordato a Barbero che i 350 mila italiani dell’esodo , costretti a fuggire dalle loro terre furono accolti in modo indecente in Italia perché i comunisti italiani li consideravano dei fascisti che andavano trattati come tali  .Questa cosa il medievalista l’ha ignorata.
La storia contemporanea e’ disciplina complessa, prof. Barbero, lei si fermi a Federico Barbarossa. Farebbe più bella figura ed anch’io verrei ad ascoltarla con vivo interesse perché lei sa parlare in modo avvincente.
scrivere a quaglieni@gmail.com
Leggi qui le ultime notizie: IL TORINESE

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Articolo Precedente

Pallanuoto alla piscina monumentate

Articolo Successivo

Il vento dell’Artico porta gelo e una spolverata di neve in città

Recenti:

IL METEO E' OFFERTO DA

Auto Crocetta