Chiediamoci dunque se sia più espressione di solidità il parlare o il tacere. In quasi tutte le occasioni la capacità di stare in silenzio è un segno di efficacia. Stare in silenzio ci permette di ascoltare meglio cosa gli altri dicono, le loro idee e le loro parole.
Il silenzio ci permette di concentrarci su ciò che succede fuori di noi, nelle persone e nei contesti che abbiamo intorno. Ma anche di ascoltare meglio noi stessi, le nostre idee e le nostre emozioni. Ci aiuta a mettere un giusto spazio di tempo per la riflessione.
E tra quello che ascoltiamo e quel che rispondiamo, tra l’avvenimento e la nostra reazione. Avete mai fatto caso al fatto che, quando una persona parla dopo essere stata a lungo in silenzio, l’attenzione verso di lei di chi sta intorno è decisamente maggiore rispetto a quella verso chi parla spesso?
Scegliamo quindi in modo adeguato se, come e quando parlare. Sono proprio le persone più fragili, più ansiose, più stressate quelle che hanno più difficoltà a restare in silenzio, a connettersi con se stesse. Il silenzio è, anche in questo caso, segno e indice di solidità caratteriale, e di forza interiore.
Se abbiamo difficoltà ad accettare il silenzio, se la nostra vita deve essere sempre e continuamente piena di rumori, di suoni, di parole, chiediamoci il perché. Domandiamoci cosa ci impedisce di accettare il salvifico vuoto apparente del silenzio.
Siamo immersi in una società piena di rumori, in senso lato. E la stragrande maggioranza di noi si è abituata a riempirsi i minuti di parole e di rumori. Restare in silenzio può, quindi, rischiare di far emergere in noi alcune paure, anche se non ne siamo consapevoli. Ne parliamo nel prossimo post.
Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
www.tentoni.it
Autore della rubrica settimanale de Il Torinese “STARE BENE CON NOI STESSI”.
(Fine della seconda parte)
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