Stare bene con noi stessi

Giù dal nostro palcoscenico

Tranquilli, nulla di veramente teatrale, anche se assistere a qualche spettacolo di qualità a teatro non può che farci bene. Stiamo invece qui parlando del nostro personale palcoscenico metaforico, quello che ci fa sentire al centro di ciò che succede intorno a noi.

Che ci fa magari avere, ad esempio, la sensazione che le persone ce l’abbiano con noi, mentre invece più probabilmente hanno mille problemi personali… Quante volte ci sarà capitato, ad esempio, di chiedere un caffè al bar e di avere la sensazione che il barista non ci dia attenzione.

O sia sgarbato intenzionalmente nei nostri confronti, o serva qualcun altro prima di noi. Molto probabilmente ci siamo infastiditi, un po’ dubbiosi sull’appeal della nostra presenza, senza invece considerare che magari quella persona sia un po’ distratta di natura.

O che che abbia riposato male nella notte, o sia piena di pensieri o preoccupazioni e quindi un po’ distratto o nervosa, o confusa… Scendere giù dal nostro palcoscenico ha esattamente questo significato, di evitare di pensare che i comportamenti delle persone siano sempre e unicamente diretti a noi.

Piuttosto che invece frutto di loro dinamiche individuali e personali, contingenti o abituali. Stare al centro del nostro metaforico palcoscenico, oltre a essere causa di sofferenze a volte intense, non ci aiuta di certo ad avere un buon rapporto con gli altri.

Ci fa spesso essere suscettibili, irritabili, e anche un po’ sospettosi circa gli altrui comportamenti. Quasi sempre sono gli stati d’animo personali (e indipendenti da noi) delle persone con cui ci relazioniamo e veniamo in contatto a determinare il loro agire. Sicché possiamo smetterla di farci troppe “paranoie”…

(Fine prima parte).

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
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Autore della rubrica de Il Torinese “STARE BENE CON NOI STESSI”

Pensare positivo: un potere che può trasformare la nostra vita

 

Le nostre emozioni negative, come ad esempio la paura, e l’attenzione continua dei pensieri verso di esse, possono generare profondi e pesanti squilibri interiori come l’ansia, gli attacchi di panico, l’apatia e la depressione. Possiamo però imparare a gestire le emozioni negative e di conseguenza a trasformare da negativi a positivi i nostri pensieri.

Accettiamo che quelle emozioni negative esistano, ma allo stesso tempo, diventiamo consapevoli che possiamo cambiarle. Mettiamoci nella condizione mentale di vivere, per quanto possibile, nel momento e nella situazione presenti, nel “qui e ora”, e portiamo la nostra attenzione a questo istante.

La maggior parte dei disagi interiori, come l’ansia e la paura, derivano infatti dalla pessima abitudine di vivere ancorati al passato o troppo proiettati nel futuro. Sappiamo bene che non è facile cambiare la nostra mentalità da un giorno all’altro, soprattutto se la nostra adolescenza è passata da qualche annetto…

Ma, nonostante questa realtà, sappiamo anche che cambiare è possibile, se abbiamo forti motivazioni al cambiamento (basta in questo senso pensare a quanta sofferenza e difficoltà ci procura il pensare al negativo…). Sostituiamo perciò le parole negative con parole positive, e le frasi negative con frasi positive. Perdoniamoci e aumentiamo la fiducia in noi stessi.

Ripetiamo a noi stessi che faremo tutto il possibile per avere relazioni felici, che faremo ogni cosa possibile per avere una vita viva, un’esistenza piacevole, relazioni gradevoli, magari un futuro brillante, e che ci impegneremo per mantenerci fisicamente e mentalmente in forma. Il pensiero, positivo o negativo che sia, idealmente si installa nelle nostre “cornici mentali”.

Che possono essere negative o positive, limitanti o potenzianti, di problema o di risultato, di fallimento o di feedback, di scarsità o di abbondanza. Pensando positivamente potremo avere più amici, più persone che ci stimano e ci amano, e migliorare in modo significativo la gestione delle decisioni importanti della nostra vita.

(Fine seconda e ultima parte)

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
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Rubrica su “Il Torinese” STARE BENE CON NOI STESSI.

Pensare positivo: un potere che può trasformare la nostra vita

Pensare positivo significa innanzitutto allineare la nostra mente a uno stato di positività, superando gli abituali schemi negativi sussistenti di pensiero, e creandone di nuovi, più ottimisti e sani, con l’obiettivo concreto di affrontare con fiducia la nostra esperienza di vita.

E di raggiungere un benessere psicofisico decisamente più elevato. Significa avere una attitudine mentale per cui ci si attendono risultati favorevoli da ciò che ci accade, dalla nostra vita, dal rapporto con gli altri, ecc. I nostri pensieri sono materia viva e creativa.

In grado di condizionare in modo potente la nostra esistenza, e sui quali ognuno di noi ha ampie possibilità d’intervento. Qui occorre fare subito un bel distinguo tra pensiero positivo e ingenuità, perché pensare in positivo non significa illudersi o vivere fuori dalla realtà, ma essere perfettamente consapevoli di ciò e di chi ci circonda.

Una mente positiva si attende la felicità, la salute, e la conclusione ottimale di ogni situazione. Non si tratta di avere aspettative esagerate e irreali dalla nostra vita, dalle situazioni e dagli altri, ma di metterci nella posizione migliore di fronte a ogni accadimento possibile.

Poiché la nostra mente influisce in modo importante e spesso determinante sulla nostra esistenza, iniziamo a diventare più consapevoli di noi stessi e proviamo a gestire meglio le nostre emozioni e i nostri pensieri, anche assumendoci la piena responsabilità della nostra vita. Possiamo così cambiare le credenze e le convinzioni limitanti radicate dentro di noi.

Agendo sui nostri pensieri, possiamo modificare la realtà esterna. Potrebbe sembrare illusorio e presuntuoso, ma così non è. E prima troveremo il coraggio di iniziare il lavoro su di noi per cambiare modo di pensare, prima riusciremo a trasformare la nostra vita. Diventando consapevoli del nostro potere e artefici del nostro destino.

(Fine prima parte)

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
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Rubrica  su “Il Torinese” STARE BENE CON NOI STESSI.

Una vita viva

Se ci rendiamo conto di non amare la nostra vita, la nostra quotidianità, di non riuscire a dare un senso alla nostra esistenza, di trascinarci stancamente da un giorno all’altro, magari con frustrazione e rabbia, di essere vittime delle nostre paure e dei nostri schemi mentali, è arrivato il momento di cambiare!

E di spezzare le catene che ci impediscono di vivere una Vita Viva. Ma come, e come fare? Intanto partendo dai motivi che ci frenano e che possono essere svariati e diversi per ognuno di noi: il timore del giudizio altrui, la paura di sbagliare le scelte e di “cadere dalla padella alla brace”, o la fatica del cambiamento.

O le convinzioni negative che abbiamo interiorizzato, magari condizionati dagli insegnamenti e dagli esempi che abbiamo ricevuto nella nostra infanzia, o da persone negative nel nostro cammino esistenziale, che ci hanno trasmesso i loro pregiudizi, le loro paure, le loro tristi convinzioni.

Una vita vita non è necessariamente legata al possesso di notevoli quantità di beni materiali e di possibilità economiche. Conosco persone che, pur con limitate disponibilità, conducono una vita piena e appagante. Perché in armonia con i loro valori, e consapevoli di ciò che a loro piace e non piace.

Piene di intelligenti curiosità, di gratitudine nei confronti della vita, di piccole e grandi passioni, che sanno usare al meglio e in ogni istante i loro sensi per assaporare la vita, che non si lamentano di ogni cosa, che sanno amare e amarsi, ed essere ironiche e autoironiche, e pazienti il giusto, che non appesantiscono le inevitabili sofferenze e i contrattempi che la vita propone loro, e che non drammatizzano i propri errori.

Che sanno individuare e perseguire i propri obiettivi con coraggio e con la giusta serenità ed elasticità, consapevoli e non prigioniere o vittime dei loro bisogni, che si conoscono a sufficienza nei loro pregi e difetti e non si chiedono più di quanto siano in grado di dare, e che fanno della gentilezza, verso se stesse e verso gli altri, la loro regola di vita.

_(Fine seconda e ultima parte)_

Roberto Tentoni
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Ribrica su “Il Torinese” STARE BENE CON NOI STESSI

Una vita viva

Quanti di noi vorrebbero una vita viva e invece, per un motivo o per l’altro, si accontentano del solito tran tran quotidiano? Che significa avere una vita viva? Per ognuno questa frase assume aspetti differenti in relazione a valori, desideri, passioni e bisogni personali.

Purtroppo, invece, la realtà quotidiana della maggior parte delle persone è di costruire una sorta di nido sicuro e confortevole… e poi di addormentarsi lì. Ci si accontenta spesso di un lavoro che assorbe gran parte del tempo e delle energie, che finisce con il succhiarci l’anima.

E il cui scopo principale, almeno sotto il profilo economico, è di metterci nella condizione di pagare i conti del nido (nodo?…) sicuro e confortevole. Ci si accontenta spesso della “zona di comfort”, e magari di una relazione che “ha superato la data di scadenza”.

Sopportando ogni giorno la noia e il disagio che ne derivano. Si preferisce spesso continuare a camminare in un sentiero di “aurea mediocrità”, di cui restiamo prigionieri, mentre i giorni della nostra vita inesorabilmente se ne vanno.

Se non intervengono elementi esterni, talvolta sgradevoli se non addirittura drammatici, che, come un sasso gettato nello stagno, arrivano a sconvolgere l’andamento monotono e scontato di molte esistenze, restiamo immobili guardando la vita che passa.

Non si tratta di rivoluzionare il nostro mondo e le nostre abitudini, ma più semplicemente di dare alla nostra quotidianità qualcosa di diverso che ci rimetta nelle condizioni di tornare ad assaporare la vita. Qualcosa che ci riporti un po’ ai giorni della nostra infanzia.

Dove tutto era luminoso, e scoperta, e desiderio di vita. Ma come e cosa possiamo fare per superare la paura che ci prende appena pensiamo di uscire da quella sorta di “Truman show” nel quale magari ci siamo via via cacciati? Ne riparliamo domenica prossima su “Il Torinese”!


Roberto Tentoni

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Rubrica su “Il Torinese” STARE BENE CON NOI STESSI

Partners sbagliati: perché li scegliamo?

Spesso la scelta ha semplicemente motivazioni di carattere estetico, rientrando in quei bias, o inganni della mente, che ci fanno fare scelte errate. Tra i quali il cosiddetto “effetto alone”, per cui ci facciamo fuorviare da una singola caratteristica positiva del possibile partner.

L’aspetto fisico, spesso e volentieri. Siamo così illusoriamente indotti a credere che ad essa di accompagni tutta una serie di altre caratteristiche positive… Che nel tempo si riveleranno inesistenti o non adeguate. Altre volte è la mancanza di autostima che ci può indurre a una scelta errata.

Inducendoci a preferire un partner dalle limitate qualità, poiché abbiamo paura di non essere “all’altezza” di una persona di maggiore spessore individuale o comunque con caratteristiche elevate sotto vari profili.

Molte volte ad indurci alla ricerca di un partner a tutti i costi è semplicemente il timore di rimanere soli. La paura della solitudine finisce con il renderci meno in grado di essere selettivi, e di rifiutare la vicinanza e la compagnia di persone che in fondo non ci piacciono.

Sono le nostre paure più profonde ad essere responsabili di molte scelte erronee nelle nostre relazioni affettive. Paure che determinano bisogni di cui non siamo più di tanto consapevoli. In ogni caso è fondamentale il tipo di relazione che abbiamo vissuto nell’infanzia.

Con le persone che si sono prese cura di noi nei primi anni della nostra vita, aspetto determinante per il nostro stile e la nostra modalità di attaccamento affettivo e per definire che tipo di partner sarà per noi più attraente.

Per una buona scelta del partner giocano un ruolo essenziale il rapporto che abbiamo con noi stessi e il nostro livello di autostima. Conoscere i nostri bisogni, le nostre emozioni, i nostri profondi “perché”, è dunque essenziale per non commettere errori imperdonabili…

(_Fine seconda e ultima parte_)

 

Roberto Tentoni
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Rubrica su “Il Torinese”:

STARE BENE CON NOI STESSI

Partners sbagliati: perché li scegliamo?

PRIMA PARTE – Nel corso dei miei colloqui di counselling e di coaching, con una certa frequenza i clienti mi raccontano di problematiche legate ai loro rapporti con il partner. E spesso si arriva a comprendere che il disagio ha qualcosa a che fare con le effettive motivazioni con le quali lo hanno scelto.

Che molte volte nascondono bisogni inconsapevoli, squilibri esistenziali, confusioni emotive, che determinano in gran parte la scelta. A volte è lo stesso partner che, nel corso del tempo e per i più svariati motivi, si rivela una persona diversa da quello che sembrava nei primi tempi della relazione.

Ma nella maggior parte dei casi siamo noi a commettere qualche iniziale e fatale errore di valutazione. Vediamo quindi insieme alcune dinamiche errate che condizionano negativamente la scelta. La prima è quello che io chiamo “il rimbalzo”.

Nel caso, ad esempio, in cui abbiamo vissuto una precedente relazione piuttosto burrascosa e instabile, con un partner dotato di un carattere forte e imprevedibile, sarà facile avere la tentazione di scegliere un successivo partner decisamente (e troppo), tranquillo, prevedibile e magari un po’ noioso… E viceversa…

Cerchiamo cioè uno squilibrio per risolvere un precedente squilibrio. E difficilmente la nuova relazione avrà vita faile e lunga… Un’altra dinamica di scelta sbagliata è legata a fatto che talvolta scegliamo per una serie di bisogni di cui in genere non siamo assolutamente consapevoli.

Il bisogno di riscattarci, o di sanare una ferita, il desiderio di ritrovare una parte di noi stessi, o di trovare protezione, sicurezza e accudimento, di incontrare qualcuno che (spesso soltanto apparentemente…) abbia le nostre stesse caratteristiche o  quelle di qualche persona della nostra infanzia.    (Fine prima parte)

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Roberto Tentoni
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Rubrica su “IlTorinese”: STARE BENE CON NOI STESSI

L’intelligenza emotiva

STARE BENE CON NOI STESSI

Le cinque competenze e abilità principali che nascono dalla nostra intelligenza emotiva sono 1) la consapevolezza di sé, collegata alla capacità di riconoscere le nostre emozioni e i punti di forza a queste legati, nonché la piena contezza delle varie abilità che possediamo.

E di essere consci delle nostre debolezze e dei limiti personali. 2) l’autoregolazione, collegata all’abilità nel gestire nel modo migliore sia le emozioni che i punti di forza e le debolezze, e di adattarli alle diverse situazioni in cui ci veniamo a trovare.

3) L’abilità sociale, che ci permette di gestire adeguatamente le relazioni con tutte le altre persone, nei vari contesti, familiari, sociali e lavorativi, e di indirizzare armoniosamente le loro decisioni e i loro comportamenti nella direzione del raggiungimento dei nostri obiettivi.

4) La motivazione, che ci aiuta a riconoscere i nostri pensieri negativi e a riuscire a trasformali, razionalmente ed emozionalmente, in corrispondenti e realistici pensieri positivi, attraverso i quali possiamo motivare noi stessi e le altre persone.

5) L’empatia, che ci permette di comprendere appieno e addirittura di percepire istintivamente e di sentire lo stato d’animo delle altre persone. E di comportarci, conseguentemente, in modo appropriato nelle varie situazioni.

La buona notizia è che tutte queste competenze, innate negli individui con spiccata e naturale intelligenza emotiva, possono essere da tutti noi apprese, migliorate, implementate e sviluppate, partendo dalla consapevolezza dell’importanza dell’intelligenza emotiva.

Roberto Tentoni
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L’intelligenza emotiva

STARE BENE CON NOI STESSI

 

Siamo abituati a parlare di intelligenza come ne esistesse una solo tipologia. Si sente spesso dire “Quella è una persona intelligente” o, al contrario, “Lo trovo poco intelligente”, ma in realtà esistono varie tipologie di intelligenza.

Verbale e linguistica, logico matematica, musicale, corporea e cinestesica, spaziale e visiva, interpersonale, intrapersonale, naturalistica, tecnologica, concreta, emotiva, ecc. A ben pensarci, dunque, è praticamente impossibile essere totalmente intelligenti.

Il che è anche un po’ una salvezza per ognuno di noi, perché immagino ci sia successo di sentirci particolarmente poco intelligenti in certe situazioni o riguardo ad alcuni aspetti teorici o pratici. Ci sono quindi intelligenze che abbiamo in misura più o meno rilevante.

Tra queste l’intelligenza emotiva ha una grande importanza. Essa consiste nel gestire nel modo migliore le proprie emozioni e quelle delle altre persone, avendo la capacità di percepire con precisione le emozioni, di generarle e di comprenderle.

Con la conseguente possibilità di regolarle in maniera riflessiva, anche allo scopo di promuovere la nostra crescita emotiva e intellettuale. L’intelligenza emotiva (o emozionale) include un insieme di cinque competenze e abilità principali.

Che ci sostengono nelle nostre relazioni sia interpersonali, cioè nelle relazioni con le altre persone, che intrapersonali, cioè nella relazione che abbiamo con noi stessi. Ne riparliamo domenica prossima su Il Torinese.

Roberto Tentoni
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Difendiamoci da chi ci vuole manipolare / 3

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STARE BENE CON NOI STESSI

 

Facciamo quindi attenzione a non farci troppo manipolare e condizionare dalla pubblicità, che ha, tra i molti effetti negativi, anche quello perverso di indurci a svalutare tutto ciò che siamo e che abbiamo.

Per portarci a desiderare ardentemente ciò che non siamo e che non abbiamo. Soltanto una buona fiducia in noi stessi, supportata da una equilibrata autostima, può dunque preservarci dalle varie azioni condizionatrici dei manipolatori.

Più siamo in grado di sapere ciò che vogliamo e non vogliamo, più possiamo contrastare le azioni manipolatorie, e siamo capaci di non farci agire dall’esterno. Cerchiamo poi di intuire e percepire con chiarezza dove il manipolatore vuole arrivare e perché.

Comprendendo nel modo migliore e più profondo le emozioni, i bisogni, le intenzioni, gli obiettivi e i comportamenti di chi ci sta di fronte. E ascoltando le emozioni che percepiamo in noi, i segnali che il nostro corpo ci invia.

Spesso tanto chiari e inequivocabili quanto sovente da noi inascoltati o trascurati… Un segnale di disagio, di fastidio, di “schiacciamento”, è spesso la più chiara evidenza che qualcosa non va nel comportamento altrui.

Più avremo consapevolezza delle dinamiche manipolatorie, più difficile sarà per i potenziali manipolatori condizionarci nelle nostre intenzioni e nei nostri comportamenti, e più saremo veri artefici delle nostre decisioni.

Roberto Tentoni
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