Riceviamo e pubblichiamo
Cristina Zaccanti, Coordinatrice del PdF Piemonte: “Il Popolo della Famiglia è nato per sostenere il primato educativo dei genitori e la salvaguardia di una scuola a servizio della verità”
Il Popolo della Famiglia, dopo il recente congresso nazionale di Pomezia 14 e 15 dicembre u.s., ribadisce la propria identità e, nello specifico, il suo ruolo esplicitato nello slogan “No al gender nella scuola”. Si ripropone come spazio di osservazione, studio e azione politica al servizio di una conoscenza consapevole dei fatti e di una lettura intelligente dei progetti.
Si propone di seguire episodi del territorio che meritino approfondimento per favorire appunto una riflessione ed una conseguente azione contro il rischio di assuefarsi, come la nota finestra di Overton conferma, ad una visione distorta ed ideologizzata della realtà.
È la volta di Caluso, da dove riceviamo una segnalazione interessante. Nell’istituto comprensivo di questa fiorente cittadina (7362 abitanti) in provincia di Torino, presso la Scuola secondaria di Primo grado “G. Gozzano”, si terrà un corso con oggetto la prevenzione del bullismo e cyberbullismo (cfr. la circolare interna n. 84 del 13-12-2024). Per esservi ammessi, essendo il corso a numero chiuso, si stabilisce che, qualora non ci sarà posto per tutti, “si favorirà in particolare la partecipazione delle studentesse al fine di superare i divari di genere”.
È legittimo chiedersi perché stabilire questo criterio che con ogni evidenza rischia di alimentare a scuola l’antagonismo ideologico tra i sessi anziché favorire un clima di effettiva valorizzazione della tanto conclamata diversità, a partire da quella che la natura stabilisce, a vantaggio di una spontanea ed equilibrata relazione tra i nostri bambini e ragazzi di entrambi i sessi.
Teniamo anche conto che, come è purtroppo noto, protagoniste di tale esecrabile fenomeno sono frequentemente proprio le ragazze. Ammesso tuttavia che siano i maschi ad essere i massimi, e più evidenti, responsabili, non dovrebbero essere piuttosto proprio loro i primi destinatari?
Perché la scuola si piega così esplicitamente al politicamente corretto? Connotare le studentesse come categoria protetta è davvero il percorso più idoneo per aiutare i nostri bambini, giovani a stabilire serene reciproche relazioni di rispetto e collaborazione? Non rischiamo di essere noi adulti, intimiditi dalla moda woke, dei “risvegliati”, a seminare la convinzione che esistano “divari di genere” e non piuttosto naturali differenze tra i sessi?
Anziché favorire la reciprocità tra i sessi e l’equilibrio rispettoso dei ruoli sociali non si rischia di indurre la convinzione che si debba ricercare piuttosto l’omologazione fluida tra i generi, snaturalizzando il dato biologico, secondo i dettami dell’autodeterminazione? Decido io a che genere appartengo, a prescindere dal dato biologico! Questo l’obiettivo della cosiddetta “carriera alias”, che impone la promiscuità nei bagni, negli spogliatoi, nelle palestre, nello sport, nelle carceri… a favore di cosa? Prime vittime i nostri giovani, le nostre ragazze. È evidente che se ai maschi sarà fatto balenare il vantaggio di autodeterminarsi femmina perché non dovrebbero stare al gioco?
Si esorta pertanto la Dirigenza della scuola a rivedere i criteri di ammissione (il sorteggio, ad esempio, sarebbe senz’altro più oggettivo). Rischiamo altrimenti, al di là dell’intenzione, di veder dilagare conflitti che non troverebbero più la causa della violenza sulle donne nel patriarcato quanto piuttosto in un uso riduttivo e autolesivo della femminilità, che deve per forza mascolinizzarsi per sconfiggere il maschio.
Almeno a scuola, come in famiglia, si difenda la verità usando ragione e buon senso.
Per informazioni e segnalazioni scrivere a nogendernellescuole@gmail.com
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