Pd: dare risposte ai problemi delle carceri

“Oggi nelle audizioni dei rappresentanti della polizia penitenziaria è emerso chiaramente un grido d’allarme rispetto alle condizioni delle carceri italiane e alla assoluta mancanza di una visione complessiva per affrontare l’emergenza. Agli agenti della polizia penitenziaria che operano, quotidianamente, in condizioni difficilissime e con turni massacranti, al pari di tutti gli altri lavoratori e lavoratrici degli istituti di detenzione, va la nostra solidarietà. Il quadro emerso oggi è quello di un peggioramento rispetto ad un anno di tutti i problemi che affliggono il “sistema carcere: il sovraffollamento che ha superato il migliaio di unità in Piemonte, la assoluta carenza di personale a tutti i livelli, organizzazione precaria, mancanza delle misure alternative alla detenzione, carenze strutturali” rilevano la Presidente del Gruppo Pd in Consiglio regionale Gianna Pentenero e le Consigliere regionali Pd Nadia Conticelli Emanuela Verzella.

“La cronica carenza di personale – proseguono le esponenti dem – rende spesso insostenibile il lavoro degli agenti penitenziari che si trovano a dover operare, nella maggior parte dei casi, in strutture fatiscenti e sovraffollate, in istituti di pena costruiti parecchi anni fa che si caratterizzano per la vetustà, la mancanza di interventi di manutenzione e celle e spazi comuni dedicati alla socialità inadeguati e spesso in condizioni igienico-sanitarie discutibili e spazi verdi insufficienti. In generale, il sovraffollamento influenza negativamente la vita di agenti e detenuti, e si deve provvedere a risolverlo tempestivamente. E’ necessario, quindi, elaborare al più presto un piano di manutenzione straordinaria del patrimonio edilizio carcerario esistente, adeguandolo agli standard europei. Servono assunzioni e occorrono anche investimenti nella formazione continua della polizia penitenziaria impegnata in un ruolo tanto difficile e delicato. Non possiamo pensare di inserire, all’interno delle carceri, ragazzi giovanissimi senza alcuna esperienza o formazione e soprattutto senza che vengano affiancati da personale con esperienza”.

“Inoltre – precisano Pentenero, Conticelli e Verzella – molti istituti sono privi di direttore e vengono retti “ad interim” da dirigenti di altre sedi. In una sede vasta come quella di Torino mancano da tempo anche i vicedirettori, da considerarsi supporto indispensabile per la direzione di un carcere con una popolazione ingente quanto quella di un piccolo Comune. Negli altri istituti la carenza di ruoli intermedi rende caotica e inadeguata l’organizzazione anche della quotidianità, come oggi è emerso drammaticamente nelle parole dei rappresentanti della polizia penitenziaria”.

“Un altro tema è quello dell’educazione. Il carcere, infatti, ha per sua natura, un intento riabilitativo e rieducativo, non deve umiliare e abbruttire chi vi è recluso. Investire sull’offerta educativa e formativa significa garantire migliori condizioni di vita ai detenuti e, di conseguenza, migliorare il lavoro degli agenti che vivono nella struttura. I programmi di istruzione e formazione nelle carceri, in particolare quelli rivolti ai giovani detenuti, possono aiutare a facilitarne il reinserimento nella società, prevenendo la recidiva fornendo loro le competenze necessarie per poter entrare nel mondo del lavoro. E’, inoltre, importante prevedere corsi per l’apprendimento dell’italiano dedicati ai detenuti stranieri: la cattiva comunicazione (dei bisogni, dei disagi, delle esigenze, anche di salute) pregiudica e rende difficoltoso anche il lavoro degli agenti. E, altrettanto, necessario è che ci siano agenti dedicati a seguire, nelle apposite sezioni carcerarie, il lavoro dei docenti e dei detenuti-studenti. Occorrono più fondi da dedicare a queste attività altrimenti la detenzione non avrà assolto al dettato stabilito dalla Costituzione di consentirne un effettivo reinserimento lavorativo e sociale, una volta scontata la pena. Purtroppo il numero degli educatori è decisamente insufficiente: basti pensare che in un istituto come quello di Torino, ad esempio, sono previsti in pianta organica 18 educatori e, dai dati forniti dal direttore dell’istituto, nell’agosto scorso ne risultavano in servizio solo 16, con la conseguenza che ogni educatore deve seguire in media 85-90 detenuti” proseguono le Consigliere regionali Pd.

“Un punto sul quale concentrare l’attenzione – spiegano le esponenti dem – è l’aspetto sanitario fuori e dentro le carceri. Da troppo tempo si ripete che la sanità carceraria deve essere potenziata, ma le risorse sono scarse e pochi gli addetti. Occorrerebbe rafforzare il servizio sanitario all’interno del carcere per evitare che qualsiasi problema di salute di un detenuto ne richieda l’invio alle strutture ospedaliere. All’interno degli ospedali, inoltre, dovrebbero essere previsti percorsi specifici dedicati ai detenuti e aree interne prive di promiscuità con gli altri pazienti. Infine, bisogna trovare una soluzione concreta e definitiva alle difficoltà che la polizia penitenziaria incontra nella gestione dei detenuti problematici, dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari”.

“Servono dunque impegni concreti, per questo abbiamo presentato una mozione che chiediamo sia discussa al più presto, affinché il Consiglio regionale per dare coerenza alla giornata di oggi assuma una posizione chiara per assicurare la necessaria dotazione di organico in tutti i ruoli all’interno degli istituti con l’assunzione di personale sia di polizia, che civile – sottolineano le consigliere dem –  e con indicazioni operative e progettuali per la realizzazione di spazi idonei,  rispettosi dei diritti di tutte le persone presenti nella struttura. Anche a questo fine, è necessario e urgente considerare fondi straordinari per dotare il capoluogo piemontese di una struttura completamente nuova che sostituisca il Lorusso e Cotugno, sul medesimo sito, che possa garantire il trattamento dei e delle ristrette in modo adeguato alle esigenze penali e sanitarie, anche accedendo a linee di finanziamento europee”.

 “Se è vero che il grado di civiltà di un popolo – aggiungono Pentenero, Conticelli e Verzella – si misura anche attraverso il sistema carcerario, allora dobbiamo, tempestivamente, ridisegnarne uno finalizzato alla rieducazione e al reinserimento e all’interno del quale la polizia penitenziaria possa svolgere il proprio lavoro senza doversi confrontare, ogni giorno, con una situazione insostenibile”.

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