La Regione incontra i Distretti del Cibo

Primo incontro, ieri, a Palazzo Piemonte fra l’Assessore al Commercio, Agricoltura e Cibo, Caccia e Pesca e Parchi della Regione Piemonte Paolo Bongioanni e gli otto Distretti del Cibo attivi in Piemonte. Un incontro di cui l’assessore ha voluto sottolineare l’importanza: «La delega specifica al Cibo è stata voluta esplicitamente dal ministro Lollobrigida: sono il primo in Italia ad averla. Intendo dare vita alla filiera agroalimentare corta per il cibo piemontese, che parta dai prodotti che identificano i territori e coinvolga i produttori, il settore del commercio anche di vicinato, i mercati, la ristorazione e la promozione locale, nazionale e internazionale delle nostre eccellenze. Presenteremo a fine mese la nostra offerta di prodotti ambasciatori del territorio al G7 dell’agricoltura di Ortigia, al Salone del Gusto e Terra Madre e il 6 aprile prossimo a Vinitaly. È l’avvio di un percorso di costruzione complesso che vedrà un cambio profondo di paradigmi, in cui soggetti come i Distretti del Cibo devono diventare attori fondamentali».

All’incontro sono intervenuti gli 8 Distretti nati in Piemonte fra il 2022 e il 2024 e operativi sul territorio regionale (sono oltre 250 in tutta Italia): il Distretto del Cibo Chierese-Carmagnolese rappresentato daRoberto Ghio, il Distretto del Cibo Monregalese-Cebano a indirizzo biologico (Renato Suria e Franco Parola), il Distretto del Cibo del Roero (Roberto Cerrato), il Distretto del Cibo e del Vino Langhe Monferrato (Lorenzo Barbero, Giuseppe Giordano e Mario Damerio), il Distretto del Cibo della Frutta del Saluzzese (Roberto Dalmazzo), il Distretto del Cibo Terre da Tastè del Pinerolese (Marta Ardusso e Francesca Costarelli), il Distretto del Cibo e del Vino Mombarone, Serra Morenica e Naviglio di Ivrea(Franco Cominetto e Giorgio Magrini) e il Distretto del Cibo dell’Alta Langa e del Cebano (Gian Mario Mina, Romana D’Aniello).

Cosa sono i Distretti del Cibo? Sono soggetti di varia natura giuridica (associazioni, società, consorzi, enti del terzo settore), che nascono per libera aggregazione di attori operanti su un territorio omogeneo e caratterizzato da una specifica identità storica e territoriale, integrando attività agricole e altre attività imprenditoriali a vocazione agroalimentare. In Piemonte vengono introdotti con il Testo Unico sull’Agricoltura, la legge regionale 1 del 2019. I loro obiettivi spaziano dal favorire la valorizzazione delle produzioni agricole ed agroalimentari e del paesaggio rurale piemontese alla promozione di buone pratiche ambientali e di filiere locali, il sostegno all’agricoltura biologica, il recupero di antiche colture e terreni abbandonati, la formazione e la ricerca.

Fra i soci, i Distretti annoverano variamente aziende Comuni e altri enti locali, aziende agricole e produttori, consorzi di prodotto, enti di ricerca, associazioni di categoria. Tutti hanno chiesto alla Regione di facilitare l’accesso ai finanziamenti, l’accompagnamento nei bandi e la costituzione di un tavolo regionale di coordinamento anche per l’attività e gestione ordinaria e non solo nella fase di costituzione. È già in programma da parte della Regione un nuovo regolamento per l’ammissione che aggiorna quello vigente dal 2020.

«Dobbiamo trasformare questa eterogeneità in un punto di forza», è il progetto di Bongioanni. «I Distretti devono avviare al loro interno una seria riflessione sull’adeguatezza della loro rispettiva natura giuridica rispetto agli obiettivi che intendono raggiungere e al ruolo che possono rivestire. La Regione istituirà un tavolo di coordinamento, ma per sviluppare la filiera corta dobbiamo pensare seriamente alla costituzione di una partecipata regionale destinata esclusivamente alla promozione del prodotto-cibo. Una realtà strutturata, eventualmente dotata di una struttura manageriale. Lo strumento legislativo potrebbe essere una nuova legge regionale che garantisca la possibilità di stanziare in anticipo a bilancio le risorse necessarie ai Distretti al di là della rigidità della programmazione europea e senza costringerli a dipendere totalmente dai bandi, permettendo loro di lavorare con un’adeguata progettualità. Per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari del Piemonte, i distretti possono fare quello che i Consorzi fanno per i nostri vini e le Atl per i territori turistici: così anche il cibo piemontese potrà camminare per il mondo in modo strutturato e godere della promozione che merita».

Nonostante siano attivi da pochi anni, le esperienze dei Distretti sono molteplici e interessanti. Da quello dellaFrutta di Manta che lavora a stretto contatto con la fondazione Agrion per la Ricerca e ha aggregato proprio in questi giorni 10 nuovi Comuni del Saluzzese nel progetto di sistemazione dei 12.000 lavoratori stagionali, a quello biologico del Cebano che recupera antiche colture del Sei e Settecento e terreni dismessi, ed è stato riconosciuto recentemente fra i tre migliori Distretti del Cibo di tutta Europa; da Terre da Tastè che sta lavorando per portare nelle mense scolastiche e aziendali del suo territorio i cibi a km 0 dei suoi produttori, fino al Distretto del Cibo del Roero con il progetto 2.0 del nuovo Mercato di Canale come luogo che unisce antica socialità e nuova attenzione per il cibo di qualità.

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