Il Consorzio dell’Asti Docg alla conquista dei mercati emergenti e sempre al fianco delle Atp di Torino

Di MAURIZIO TROPEANO

“Siamo al fianco delle Atp Final di Torino e lo saremo anche in futuro”. Stefano Ricagno, presidente del Consorzio dell’Asti Docg, conferma  la volontà di continuare la collaborazione con gli organizzatori dell’evento in attesa di capire se il capoluogo del Piemonte continuerà ad ospitare il torneo tennistico. Dal suo punto di vista “la nostra partecipazione rappresenta uno degli strumenti che per rafforzare il legame con questa terra ma anche sicuramente un veicolo di promozione a livello internazionale”. Lorenzo Sonego, che aprirà gli eventi del Consorzio alla Douja d’or, rappresenta al meglio il concetto di una visione glocal per un Consorzio che esporta il 93% delle sue bottiglie sui mercati esteri ma che nasce tra i vigneti di 51 comuni delle province di Asti, Alessandria e Cuneo che rientrano nelle aree paesaggistiche riconosciute dall’Unesco.

Il vitigno Moscato Bianco che dà vita alla Docg piemontese rappresentata dal Consorzio, tra i più antichi d’Italia, nasce dal lavoro di 50 case spumantistiche, 778 aziende viticole, 153 vitivinicole, 17 vinificatrici e 15 cooperative.
Il raccolto previsto dalla vendemmia, appena iniziata, sarà leggermente al di sotto del milione di quintali, con un ritorno al disciplinare produttivo in termini di resa media/ettaro che, quest’anno, si avvicina ai 100 quintali. Le previsioni ipotizzano un raccolto abbondante, più dodici per cento sul 2023, e con un’alta qualità – : “Tra il buono e l’ottimo”, spiega Guido Bezzo responsabile del laboratorio del Consorzio – anche perché, almeno quest’anno, risparmiata dagli effetti negativi del cambiamento climatico. Il Consorzio sta mettendo a punto una strategia per contrastare gli effetti del cambiamento climatico che potrebbe anche portare ad una modifica del disciplinare ampliando la coltivazione ai versanti che presentano una conformazione geomorfologica più resiliente.


Questo però è il futuro prossimo. Il presente è legato anche alla necessità di potenziare la lotta alla contraffazione e al contrasto dell’italian sounding. Il Consorzio spende ogni anno 250 mila euro per le azioni di prevenzione e contrasto, spiega Giacomo Pondini, il direttore del consorzio che ha appena dato mandato all’ufficio legale di cercare di bloccare l’uso del marchio Asti da parte di una società cinese che commercializza bevande e additivi aromatici in quel mercato. “Noi facciamo la nostra parte ma per combattere l’italian sounding ma anche gli effetti negativi del cambiamento climatico servirebbe un’azione coordinata con il sostegno dello Stato”.
Ma ci sono anche problemi congiunturali. “Un eventuale blocco del mercato russo per un possibile aumento della tassazione potrebbe creare non pochi problemi alla nostra denominazione”, spiega ancora Ricagno. Il presidente del consorzio dell’Asti Docg non può nascondere le preoccupazioni per le incertezze che potrebbero frenare le vendite in un mercato strategico che nei primi sei messi dell’anno ha continuato a crescere trainando le ottime performance della denominazione sui mercati dell’Europa dell’est e su quelli asiatici. La crescita della domanda russa sia di Spumante che di Moscato (+11%) compensa i cali degli Usa – che restano comunque il primo mercato – e di Germania e Italia.

In crescita la Gran Bretagna mentre si registra un forte incremento su mercati emergenti a partire dalla Polonia, a quasi 2 milioni di bottiglie e un balzo tendenziale del 55%, fino alla Corea del Sud (+28%) e alla Francia (+27%). Ancora Ricagno: “Il nostro mercato rimane in linea di galleggiamento e, visto il periodo complicato a livello globale per il vino, è di per sé già una buona. Rispetto alla media-mercato del vino italiano, la denominazione si conferma molto più aperta verso le piazze emergenti”

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