“Mutazioni furtive”. L’arte astratta dello svizzero – langarolo René Mayer

Negli spazi suggestivi della “SAB-Spazio Arte Bubbio” della Langa astigiana

Fino al 18 agosto

Bubbio (Asti)

Mettete un artista di buona scuola. Un artista che è anche figlio d’arte. Mettete che quell’artista sia anche un saggio imprenditore. E mettete che nel cuore porti costante e profondo l’amore per le nostre terre di Langa, tanto da farne, soprattutto nei mesi estivi, luogo del suo “buen retiro”. Dove ormeggiare la “nave dei desideri”, in arrivo dalla non lontana, ma assai diversa sua terra elvetica, in cui nasce oltre settant’anni fa. Mettete tutto insieme e il gioco torna. Eccovi a tu per tu con l’arte e l’umanità – umanità vera e capace di regalare buoni insegnamenti a chi sa e vuole ascoltarla – di René Mayer. Imprenditore e artista svizzero capace, rigoroso e meticoloso che, un bel dì, decide di concretizzare il suo amore per la Langa nientemeno che acquistando a Bubbio, nel Sud del Piemonte, un ex impianto di imbottigliamento abbandonato da decenni, trasformandolo nel “suo” luogo prediletto di lavoro. Lavoro a metà artigiano e per intero artistico. Quella che per anni era stata l’ex Cantina sociale di Bubbio, Langa astigiana, sfugge così dal possibile triste destino di trasformarsi nell’ennesimo Centro Commerciale di zona, per diventare “SAB-Spazio Arte Bubbio”, studio immerso nel silenzio produttivo di un paesaggio da favola e luogo espositivo del lungimirante René. Che qui espone oggi, e fino a domenica 18 agosto, una trentina di sue opere, di grandi dimensioni e tra le sue realizzazioni più recenti, appartenenti alla serie dal titolo – lo stesso dato all’esposizione, curata da Luca Beatrice“Mutazioni furtive”. Cifra stilistica decisamente astratta e, sotto sotto, un po’ “Pop” per la reiterazione di oggetti che sono strumento costruttivo dei suoi lavori, i quadri di Mayer giocano sul gusto acceso, quasi parossistico, del colore steso in ampie campiture alla Kandinsky o in minuti effetti “optical” (Vasarely docet) alla cui base è sottesa un’inventiva e un’abilità artigiana non indifferente. Supportata, in gran quantità da un impensabile e unico oggetto reale ripetuto in modo seriale e dalla forma rotonda. Cosa? Le “fiches” in plastica (!) usate nei “casinò” al posto del denaro. Questo il processo esecutivo dei quadri di Mayer. L’artista affronta il legno del telaio, stende il tessuto e prepara la vernice con operazioni artigianali, poi pone il supporto in orizzontale e utilizza l’acrilico mescolato a pigmenti in polvere e realizza le sue opere strato dopo strato, passaggio dopo passaggio.

 

I “gettoni” da gioco vengono gradualmente coperti da un secondo colore, in modo quasi impercettibile e posizionati sulla tela con certosina precisione. Ma cosa simboleggiano quelle “fiches”? “L’irresponsabilità – spiega Mayer – della nostra civiltà. Noi giochiamo con la Terra come se fosse un casinò, ma in questo gioco saremo sempre perdenti”. Al centro della sua riflessione c’è dunque l’“ambiente” e, allora, le impercettibili “Mutazioni furtive” sono quei piccoli comportamenti quotidiani cui non si presta attenzione ma che invece, a metterli in fila ordinati come “fiches”, risultano la concausa di numerosi ed evitabili disastri. L’artista ci chiama dunque all’autoresponsabilità.  “Mayer– spiega Luca Beatriceci presenta un universo luminoso, colorato, piacevole, i suoi lavori appagano chi è alla ricerca di buona pittura. Potrebbe bastare e invece no, sotto sotto (neanche troppo sotto) ci invita a vigilare utilizzando condotte etiche”. E, attenzione! Per riuscirci, prosegue “non c’è bisogno di una tempesta o di un maremoto, bastano piccoli e colorati gettoni da gioco messi in fila per farci venire il dubbio che si può essere meglio di così”.


Per chi visiterà la mostra, è utile ricordare che, al “SAB” di Bubbio, i quadri di Mayer sono posti in dialogo armonioso con una serie di sculture astratte dai colori accesi, in alluminio laccato e in plexiglass, installate permanentemente nella parte superiore dello “Spazio”, a firma di Quirin Mayer (Zurigo, 1927 – 2020), padre di René. Padre e figlio.

 

Due prestigiose figure dell’arte contemporanea internazionale e “nomi di casa”, figli prediletti della langarola Bubbio, capace, per altro, di restituire loro tutto l’amore su di essa copiosamente riversato dai due grandi “svizzeri”.

Gianni Milani

“Mutazioni furtive”

“SAB-Spazio Arte Bubbio”, Regione Giarone, Bubbio (Asti); tel. 349/5760288 o www.spazioartebubbio.com

Fino al 18 agosto

Orari:  mart. – dom. 10/12 e 15/18

Nelle foto di Enrico Pestalozzi: Immagini dall’allestimento e Mayer al lavoro

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