Torna ad esporre alla torinese Galleria “metroquadro” il giovane artista giapponese Shinya Sakurai
Fino al 22 giugno
Quando approda a Torino, è fisso di casa (artisticamente, s’intende!) alla “metroquadro” di Marco Sassone. Anche perché Marco, il più che perspicace gallerista di corso San Maurizio, ha avuto l’occhio giusto e un sottile fiuto nell’intenderne, da subito, le indubbie capacità artistiche e il giusto tratto umano, quando anni fa iniziò a seguirne le vicende creative e il percorso espositivo. Così, eccocelo di nuovo (che bello!), con i suoi odierni “Marks and Traces”, “Segni e Tracce”, raccontati con il solito amalgama di colore – composto e scomposto – in venti opere esposte, fino a sabato 22 giugno, negli spazi della “metroquadro”, al civico 73/F di corso San Maurizio a Torino.
Giusto due anni fa, nell’aprile del 2022, visitai da Sassone la sua “Terrific Colors” o “Colori Eccezionali”, puzzles cromatici, attraverso i quali (dopo le opere cicliche “Love and Peace” e “United Colors”, titoli apertamente echeggianti alle battaglie pacifiste anni Sessanta, nonché all’Oliviero Toscani impegnato per Benetton) Shinya Sakurai intendeva “esorcizzare il lato terrifico nascosto – e sempre in agguato – della realtà”. Nato nel 1981 a Hiroshima (con a fior di pelle e in fondo al cuore quella pesante eredità “omaggiata” a tante generazioni dal terribile “mostro” atomico lanciato da cieli che ancora oggi piangono fiumi di sangue), Shinya si laurea ad Osaka in “Belle Arti” – attratto dai Maestri “concreti” del “Gutai” – e oggi si divide fra l’isola di Honshu e la nostra (ma anche sua) Torino, dove ha modo di studiare “Scenografia” all’“Accademia Albertina”, portando avanti la sua ricerca nell’ambito di un’“astrazione”, in cui s’intrecciano, con suggestive citazioni stilistiche, oriente e occidente, tradizione e contemporaneità.
Nell’attuale mostra alla “metroquadro”(che segna fra l’altro il ventennale del suo arrivo sotto la Mole), il racconto pittorico di Sakurai si fa più cupo, denso di ombre e toni grigiastri o dai blu intensi, ben lontani dalle “colorate ed iridescenti geometrie” “neo-pop” o post-moderne proprie degli anni passati. La narrazione si fa più pacata e riflessiva. Inutile tentare gli agganci, già un tempo ipotizzati, con le opere di Schifano o con i “planisferi colorati” e ai “Tutto” di Boetti. Inutile. Perché ancora sono convinto e sto con Francesco Polinel ritenere che “Shinya Sakurai assomiglia soprattutto a sé stesso”. Anni fa, esattamente come oggi. In tempi umanamente non facili e ad alto potenziale di rischio sociale e politico che “lasciano nelle sue tele – si è scritto – tracce e segni inequivocabilmente e indelebilmente densi e carichi, simboli rivelatori della complessità del presente”. Una complessità espressa, nelle più recenti opere, attraverso il supporto (con risultati di maggior eleganza e raffinatezza, fra sfumature di blu e oro nero) del “velluto”, superfici monocrome su cui scorrono pennellate fluide, realizzate con colori a olio, resine e colle traslucide “a formare squarci di luce e stelle abbaglianti, che illuminano ed evocano armoniose simmetrie, simboli di fiducia e speranza per il futuro”. Stelle abbaglianti, reiterate in un gioco di “arte seriale”, in cui l’oggetto perde il proprio originale significato per diventare “immagine pura”. Simbolo. Forma fine a sé stessa. E in Sakurai, ancora oggi, voce di transizione, sempre “à la recherce” di strade in discesa, verso tempi più facili e più benevoli verso la specie umana.
Gianni Milani
“Shinya Sakurai. Marks and Traces”
Galleria “metroquadro”, corso San Maurizio 73/F, Torino; www.metroquadroarte.com
Fino al 22 giugno
Orari: giov. – sab. 16/19
Nelle foto: Shinya Sakurai “Marks & Traces”, tecniche miste, 2023
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