Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Nguyên Phan Quê’ Mai “Dove vola la polvere” -Editrice Nord- euro 19,00
Nuova splendida saga dell’autrice del precedente “Quando le montagne cantano”. Questa volta al centro c’è un tragico capitolo della guerra in Vietnam, quello dei figli dei soldati americani e delle giovani vietnamite. Bambini amerasiatici che spesso venivano abbandonati in istituti di accoglienza quando i padri tornavano negli States.
E’ forse una delle eredità meno note del conflitto: i “figli della polvere”, termine dispregiativo nella lingua vietnamita che sottolineava la consanguineità col nemico. Erano piccoli allo sbando, che il più delle volte le madri-bambine non potevano crescere e sfamare. Diventavano una minoranza etnica segnata dal disonore e sospesa tra due mondi opposti, sempre in bilico su un precipizio fatto di miseria e abbandono.
Questo splendido romanzo è frutto di 7 anni di approfondite ricerche svolte dall’autrice durante il suo dottorato alla Lancaster University. Un capolavoro che affonda le radici nella storia cruda e disperata del paese indocinese.
Le vicende narrate sono fondamentalmente tre.
L’amerasiatico Phong, meticcio nero e vietnamita, abbandonato nel 1972 in un orfanotrofio nel delta del Mekong. Nel 2016 è un adulto che, approfittando dell’American Homecoming act (che permetteva ai cittadini amerasiatici di andare in America), va alla ricerca del padre, un soldato afroamericano che aveva combattuto in Vietnam.
Il veterano Dan invece è un ex pilota di elicotteri, dopo 20 anni torna a Ho Chi Min con la moglie e le confessa di aver avuto una relazione con una giovane vietnamita, alla quale non aveva detto di essere già sposato. Sa di aver avuto un figlio ed ora tenta di rintracciare lui e la madre per rimediare al danno fatto.
Lei era la giovanissima contadina Trang che –insieme alla sorella- per pagare i debiti della famiglia si era vista costretta a intrattenere i soldati americani in uno dei tanti locali per militari. E’ lì che aveva incontrato Dan e se ne era perdutamente innamorata, convinta di poter avere un futuro con lui in America.
Rimasta incinta l’aveva cercato, ma inutilmente, perché lui era tornato in patria senza più voltarsi indietro.
Queste tre traiettorie di vita finiranno per intersecarsi, componendo un toccante e meraviglioso affresco tra lo storico e il romanzo. Indimenticabile e assolutamente consigliato…..
Yann Andréa “Questo amore” -FVEeditori- euro 18,00
E’ semplicemente struggente il breve e intensissimo libro che il compagno di Marguerite Duras dedica al suo amore per la grande scrittrice.
La loro storia durata 16 anni (dal 1980 al 1996 quando lei muore) è anche quella di una “folies à deux” in cui si cercano, si amano, si respingono, si attraggono, si avvinghiano in un rapporto fuori da ogni schema, si feriscono, insultano e picchiano. Ma di fatto non possono rinunciare l’uno all’altro, in una continua spirale di intesa e ferocia.
Lei è la famosissima autrice francese dell’autobiografico “L’amante”, capolavoro pubblicato nel 1984, che le valse il premio Goncourt. Nata a Saigon (Indocina francese) nel 1914 è stata anche sceneggiatrice e regista.
Lui è Yann Lemèe, nato nel 1952, giovane studente di filosofia dalla sessualità incerta e tendenzialmente omosessuale, che ha appena 23 anni quando incontra la matura Duras e stravolge totalmente la sua vita per lei.
Da quel momento per Yan niente conta più di quell’amore pazzo, impetuoso e assoluto per la gran dama della cultura francese. Lei lo ribattezza Yan Andrèa e lo seduce totalmente con il suo ingegno, il culto delle parole, dando fuoco a un’alchimia misteriosa in cui lui diventa “un figlio, un compagno, ma anche schiavo e al contempo carceriere”. Si prendono e si lasciano, lei lo caccia e lui ritorna, accudendola fino all’ultimo respiro.
Questo libro racconta la passione e lo strazio che restano
nell’ “amante impossibile” (come lo definiva Marguerite) dopo che l’ha accompagnata nella malattia e nell’agonia, fino alle 8 del mattino del 3 marzo 1996. Una morte annunciata dalla battaglia contro il cancro: esalando l’ultimo respiro, Marguerite, di fatto mette una pietra tombale anche sulla vita dell’amante.
L’anima di Yan si schianta definitivamente. Dopo averla sepolta al cimitero di Montparnasse si chiude nella casa che ha condiviso con lei, autodistruggendosi con l’alcol e pensando ripetutamente al suicidio.
Scorrono pagine in cui si intuisce come l’ingegno della Duras abbia stregato il giovane per sempre, diventando il centro della sua vita. Quando lei -che è il baricentro di Yan- lascia questo mondo, lui perde irrimediabilmente la sua bussola. Verrà trovato morto in totale solitudine a soli 61 anni, dopo aver inseguito da sempre il sonno eterno.
A.K. Blakemore “Le streghe di Manningtree” -Fazi Editore- euro 18,50
Amy Katrina Blakemore è una poetessa e traduttrice inglese che esordisce nella narrativa con questo romanzo vincitore del Desmond Elliot Prize nel Regno Unito.
E’ ambientato in Inghilterra tra 1643 e 1647, nel paesino di Manningtree. Un’epoca buia di caccia alle streghe in cui il popolo stenta a sopravvivere tra lotte intestine, miseria, abbandono, tonnellate di ignoranza e superstizione.
E’ la storia corale di un processo per stregoneria con al centro la giovane Rebecca West, figlia di una delle donne più bellicose della contea dell’Essex. Nucleo della vicenda è il serpeggiante sospetto e la ricerca del maligno da stanare. Il potere maschile prevarica sulle donne sempre più sottomesse. A Manningtree gli uomini sono partiti per combattere, le donne restano sole, senza protezione, additate come fattucchiere al minimo atteggiamento che si discosti dalla norma.
Il clima di caccia alle streghe si fa incandescente quando arriva un giovane ammantato di nero, Matthew Hopkins, per gestire la locanda del paese. In realtà raccoglie soprattutto informazioni su ogni apparente stranezza e presunta magia nera. Ogni minimo avvenimento finisce per prestarsi alla persecuzione delle donne.
Rebecca finisce accusata di stregoneria insieme ad altre 6 donne, compresa sua madre, ed imprigionata per un anno. Tra gelo, fame, sete e sevizie per estorcere confessioni alle poverette.
Un avvincente quadro storico che trasmette al lettore tutto l’orrore di quell’epoca.
Julia Margaret Cameron “Capturer la beauté” -Silvana Editoriale- euro 35,00
Questo prezioso volume è anche il catalogo della mostra “Julia Margaret Cameron. Capturer la beauté” allestita al Jeu De Paume (1 Place de la Concorde) a Parigi fino al 28 gennaio 2024.
Julia Margaret Cameron, aristocratica britannica, prozia di Virginia Woolf, è stata un’esponente di spicco del pittorialismo inglese. Fotografa vittoriana che, agli albori della fotografia, era stata tanto grande da riuscire a produrre un corpus fotografico oggi tra i più osannati.
Nata Julia Pattle, in India a Calcutta l’11 giugno 1815, è la figlia di un potente funzionario della Compagnia delle Indie (che Virginia Woolf definì “il più grande bugiardo dell’India”).
Sposa Charles Hay Cameron, ricchissimo proprietario di piantagioni di caffè e caucciù a Ceylon, nonché potente funzionario dell’impero Coloniale britannico. Dopo aver vissuto in India insieme al marito e ai 6 figli rientra in Gran Bretagna nel 1845.
Sull’isola di Wight, in mezzo alla Manica, riadatta un cottage e si annoia, almeno fino a quando per il suo 48esimo compleanno riceve in regalo la magica scatola che permetteva di fissare le immagini. Nella sua Glass House trasforma la serra dei polli in studio fotografico, poi converte la carbonaia adiacente in camera oscura.
E’ la svolta della sua vita, tra 1864 e 1875 per lei fotografare si tramuta da passatempo in una sorta di ossessione. Magnifico assillo grazie al quale ci ha lasciato oltre 1200 immagini, mentre molte altre purtroppo le ha distrutte perché non la soddisfacevano.
Da autodidatta dotatissima si è trasformata in una pioniera della fotografia: solo ritratti, nessun paesaggio, unicamente la bellezza che coglieva nei volti delle persone. E che persone! Davanti al suo obiettivo sfilano illustri personaggi; da Darwin a Tennyson, Browning e Carlyle, ed altri eminenti vittoriani come Dickens.
Album “Julia Margaret Cameron, Lewis Carrol e la fotografia vittoriana” -Abscondita- euro 23,00
Questo libro aggiunge ulteriori notizie sul carattere e l’epoca della fotografa. Ed è corredato da altre splendide immagini. Una carrellata di foto e aneddoti che ci trasmettono in modo più esaustivo e approfondito alcuni aspetti dell’Inghilterra degli anni 60 e 70 dell’Ottocento; una fase improntata ad un forte individualismo che le foto della Cameron esprimono molto bene.
Il prerafaellitismo aveva alimentato nella società colta una straordinaria passione per la bellezza e un fortissimo senso di sé. Per Julia Margaret Cameron e le sue incantevoli modelle la bellezza era una questione molto seria e prioritaria.
Nel mondo protetto del giardino della fotografa le figure femminili che immortala sono di rara bellezza; mentre gli uomini sembrano affermare e rafforzare le loro personalità… da notare quanti scrittori e artisti si prestavano volentieri all’obiettivo.
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