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Giustizia, “Mani Pulite” è solo un ricordo

Non credo che possiamo dire che ci troviamo di fronte ad una nuova ed inedita “questione
morale” nel nostro paese. E non si percepisce, almeno per il momento, quella furia giustizialista
che ha caratterizzato la stagione di “mani pulite”. Certo, persiste la tentazione in alcuni settori
politici di dare una “spallata giudiziaria” alla maggioranza politica sgradita di turno appoggiata da
alcuni organi di informazione contigui alla sinistra. Come, del resto, non è facilmente smontabile la
tesi dei soliti noti di percorrere la “via giudiziaria” per conquistare il parere. Era una prassi
perseguita ieri e, purtroppo, continua ad essere praticata anche oggi. È una sub cultura che
accomuna tutti coloro che hanno la singolare concezione di coltivare una “superiorità morale” nei
confronti degli avversari/nemici politici da un lato e un approccio populista nei confronti delle
istituzioni democratiche e della politica in generale dall’altro. E il dibattito di questi ultimi giorni lo
conferma in modo persin plateale, al di là dei singoli casi che sono sotto le lenti di ingrandimento
della magistratura.
Ma dobbiamo dire con altrettanta chiarezza che non siamo di fronte ad uno scenario che prelude
ad una furia giustizialista che potrebbe portare ad un rivolgimento del quadro politico generale.
Proprio in questi giorni abbiamo riletto, dopo la scomparsa dell’ultimo grande leader della Dc,
Arnaldo Forlani, i passi salienti di quella drammatica stagione. E, su tutti, la liquidazione di una
intera e storica classe dirigente accompagnata da una liquidazione di tutti i partiti di governo. Una
pagina che, al di là del mistero che ancora la avvolge, difficilmente si può ripetere a cuor leggero.
Ma è indubbio, almeno così pare, che quella stagione dei primi anni ‘90 è destinata ad essere
collocata in quella precisa fase storica della politica italiana e che non può essere replicata
banalmente. Una osservazione che mi porta a dire che “mani pulite” va storicizzata e che non può
ripetersi, seppur sotto altre sembianze.
Ora, però, credo che, al di là dell’azione della magistratura e dei suoi rapporti con la politica e i
vari governi, quello che va sottolineato e fortemente richiamato è che va spezzata quella spirale
che porta alcuni settori della politica italiana a perseguire con tenacia la scorciatoia della “via
giudiziaria al potere”. Perchè anche se non viene predicata apertamente, è noto a tutti che chi
continuamente trasmette alla pubblica opinione la propria “superiorità morale” nei confronti dei
propri avversari – che, di conseguenza, sono dei nemici da abbattere e da annientare – non fa altro
che strumentalizzare la stessa azione della magistratura a fini politici. Una tesi, questa, che
storicamente appartiene al campo della sinistra e alle sue 100 sfumature di rosso e, per una certa
fase, anche ad alcuni settori della destra italiana. Al riguardo, forse è bene sottolineare con forza
che l’unico modo per evitare che si ripropongano corto circuiti tra il ruolo della magistratura e il
compito della politica e dei partiti, è quello di piantarla di finalizzare il tutto alla conquista del
potere. Perchè è di tutta evidenza che così facendo, oltre ad alterare la normale e fisiologica
dialettica politica, si corre anche il rischio di perpetuare una profonda distorsione nello stesso
rapporto tra la magistratura e la politica nella sua complessità.
Ecco perchè, come sempre, molto se non tutto dipende anche dal concreto comportamento delle
forze politiche. Soprattutto di quei partiti e di quelle culture che pensano che il potere si possa
conquistare a prescindere dalla politica e dai programmi ma solo attraverso le disgrazie altrui,
opportunamente e volgarmente strumentalizzate.

Giorgio Merlo

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