Il futuro della montagna non può dipendere solo dall’industria della neve

I riflettori tornano ad essere puntati sulle montagne torinesi e sul loro futuro.

Ha ravvivato il dibattito  alcune settimane fa il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, quando ha riproposto di concedere alle Olimpiadi invernali di Milano e Cortina alcuni degli impianti dei Giochi olimpici torinesi del 2006. Un modo elegante per rimettere in pista il capoluogo piemontese nelle gare olimpiche del 2024 alle quali non si è candidato per il “gran rifiuto” della ex sindaca Appendino.

Poi la montagna torna protagonista suo malgrado per i cambiamenti del clima: il 2023 è iniziato con temperature  miti a causa di un afflusso di aria subtropicale da ovest tiepida e umida. Così in Piemonte – non solo in pianura, ma anche in montagna – le gelate non si sono viste fino ai 1.500 metri e la neve è piuttosto scarsa sulle montagne torinesi. Mentre la Regione vara nuove misure per il rilancio della montagna, sia dal punto di vista turistico, sia per evitare la desertificazione commerciale, alcune proposte  di sviluppo  e richieste di maggiore attenzione sulla montagna giungono anche dalle forze politiche e dagli amministratori locali.

Una di queste è di Giorgio Merlo, Sindaco di Pragelato e Consigliere Nazionale Anci.  Dice Merlo: “adesso va studiato un nuovo modello di sviluppo. L’industria della neve non è più sufficiente. A cominciare dalla Via Lattea”. Per il sindaco di Pragelato serve “nuovo modello di sviluppo per quei territori montani che sino ad oggi, in Piemonte, hanno avuto come fulcro e perno della loro vocazione il turismo legato alla neve. Sono molteplici gli elementi che impongono questa riflessione e questo rinnovato impegno programmatico coinvolgendo, innanzitutto, gli enti locali sovra comunali e gli stessi operatori del settore che sono stati protagonisti. Oltre ai gestori degli impianti e ai consorzi turistici del settore”.
“Del resto,  – osserva Merlo – quando le condizioni legate all’ambiente diventano progressivamente ostative per confermare una situazione che abbiamo conosciuto e sperimentato sino ad oggi anche con successo e con risultati ragguardevoli – a cominciare, ad esempio, dai costi sempre più consistenti e massicci per garantire l’innevamento delle varie piste – la riconversione di un territorio, peraltro qualificato e prestigioso sotto il profilo turistico e sportivo come quello dell’alta Val Susa, è quasi d’obbligo”.

“Ed è proprio a partire dal futuro della vocazione turistica, e quindi produttiva, del comprensorio territoriale della Via Lattea – conclude- che deve iniziare questa riflessione legata direttamente ad un nuovo modello di sviluppo. Non si può più basare il tutto sul turismo della neve della stagione invernale. E questo non è solo un compito, oltrechè un dovere, degli amministratori locali di questi territorio. Dev’essere un impegno politico preciso e non più eludibile anche della Regione Piemonte e della Città Metropolitana. E cioè, anticipare i tempi prima che sia troppo tardi. Questo, del resto, dovrebbe essere anche, e sempre, la funzione precipua della politica e di una credibile ed autorevole classe dirigente”.

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