Ritorna la manifestazione torinese, il cinema nuovamente sugli schermi
Finalmente stasera si riparte.
Al Regio, alle 19, con una inaugurazione tutta musicale – e non cinematografica, il che la può dir lunga su quell’aria di innovazione che il direttore Steve Della Casa ha voluto imprimere al “suo” festival: ha un ruolo ben preciso e importante la musica nel calendario del festival -, sotto la conduzione chissà se dolcissima o agguerrita, visti i venti di tempi grami che tirano sugli schermi, di Pilar Fogliati (la Delia di “Cuori”, ambiente medico torinese, colei che poco più di un anno fa fece televisivamente fremere i cuori di Daniele Pecci e Matteo Martari), con un vero e proprio spettacolo di 70 minuti dal titolo “C’erano ragazzi che come noi amavano i Beatles e i Rolling Stones – La British invasion al cinema”, ospiti Francesco De Gregori, Vincenzo Mollica, Noemi e il divo Malcom McDowell di “Arancia meccanica”, di “If…” e di “Oh lucky man”, si spalancheranno le porte del 40° Torino Film Festival. In modalità “normali”, al di là del silenzio della pandemia e del surrogato in streaming della passata edizione, ovvero proiezioni, Ghigo e Domenico De Gaetano in fibrillazione, le conferenze stampa, e le feste e la attesissima festa ai Murazzi, un richiamo per il pubblico giovanile ma non soltanto, il western (“Mezzogiorno di fuoco”) e l’horror (“Crazies”) come grumi eccellenti per gli aficionados, fitte code davanti alle sale e ai botteghini (lo speriamo, lo sperano gli appassionati di cinema, tutti), 173 film con cui deliziarci, la sacralità della sala dove godere appieno delle immagini (povero concetto che tutti dovrebbero legarsi al naso!), panini buttati giù quasi di fretta, chiacchiere e discussioni su questo o quel titolo aspettando che la prossima proiezione inizi. Quarant’anni di storia, un appuntamento atteso dove trovano spazio incontri e materclass, da Toni Servillo a Paola Cortellesi, da McDowell (cui verrà pure consegnato il premio “Stella della Mole” il 30 novembre alle 17 sotto la volta dell’Antonelli) a Mario Martone ad un immancabile Paolo Sorrentino (all’Astra, il 2 dicembre alle 19, in compagnia di Andrea De Rosa, direttore del TPE, a raccontare l’importanza del monologo all’interno del suo cinema).
Ricorda Della Casa: “Sono passati 40 anni da quando Gianni Rondolino e Ansano Giannarelli riunirono attorno a sé un gruppo di giovani studiosi e organizzatori di manifestazioni culturali e diedero vita al “Festival Internazionale Cinema Giovani” poi diventato nel ’98 “Torino Film Festival”. Uno sguardo al passato e soprattutto un pensiero verso il futuro, un tener conto di canoni ormai prestabiliti ma pure una “sensibilità che si dirige verso la ricerca senza però penalizzare il pubblico: insomma, fare di questa occasione un festival curioso, elegante, compatto, una punta di eccellenza in una città e in una regione che tanto hanno investito nel cinema e che dal cinema hanno avuto molto in termini d’immagine e di ricchezza collettiva.”
Il manifesto della manifestazione è firmato da Ugo Nespolo, un’incastonatura all’interno di “quel quaranta” di immagini e di ricordi, da Uma Thurman come La Sposa a Totò, da “Sabrina” per le strade di Roma al sottomarino giallo, da Marilyn a James Bond, da “ET” ai “Blues Brothers” all’Alex del capolavoro di Stanley Kubrick. Quattro cinema ad accogliere il pubblico, il Massimo, il Greenwich Village, il Romano ad accogliere il pubblico e il Centrale per le proiezioni per la stampa, un totale di dieci sale, un’unica zona, contenuta per non correre in tempi risicati ad occupare una poltrona per il prossimo spettacolo, via Po eletto a decumano maximo: e poi, per altri eventi, la Mole, le Gallerie d’Italia, la nuova Aula Magna di via Verdi. La creazione della Casa Festival (via Verdi 5), all’interno della Cavallerizza, a far incontrare l’esercito di addetti ai lavori, di giornalisti e di attori, di pubblico che abbia desiderio di bersi un bicchiere e di scambiarsi idee, di incontrare beniamini.
Sorvolando il programma, si colgono titoli e autori che non potranno non interessare il pubblico.
Bertrand Bonello propone “Coma”, una lettera aperta alla figlia adolescente prigioniera del lockdown e Alain Cavalier coniuga tre ritratti guidati dal piacere della condivisione, Maria Schneider affronta con “She said” l’indagine che tolse il coperchio nel cinema degli States e non soltanto alla piaga delle violenze sessuali e delle tante attrici (e di qualche attore) che denunciarono il dietro le quinte capeggiato dal produttore Harvey Weinsten; e Aleksandr Sokurov a immaginare in “Fairytale” che Stalin, Hitler, Mussolini e Churchill si ritrovino alle porte del paradiso; di Jerzy Skolimowski arriva da Cannes, dove ha vInto il Premio della Giuria, “EO”, storia di un asino che ha parecchi punti in comune con il “vecchio” Balthazar di Bresson (eravamo nel 1966), Mike Kaplan che racconta in “The sharpest girl in town” di Ann Sothern, attrice degli anni Trenta che concluse la propria carriera con “Le balene d’agosto” di Lindsay Anderson, Werner Herzog che omaggia una coppia di vulcanologi, perfetta incarnazione dell’eroe herzoghiano, in “The fire within: A requiem for Katia and Maurice Krafft”, Sam Mendes che offre al premio Oscar Olivia Colman una eccezionale performance con “Empire of light”, lettera d’amore al cinema.
Il cinema italiano può contare sui nomi del già Leone d’oro per il teatro Antonio Rezza (“Il Cristo in gola”, un film “tragico, comico, satirico, religioso”), sul debutto di Nicola Rondolino, “Tre punto sei”, “che sa trasformare Torino in un perfetto scenario neo-noir”, su Marco D’Amore con “Napoli magica” e su Marco Bocci con “La caccia”, su “The bad guy” diretto da Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi, con Luigi Lo Cascio e Claudia Pandolfi, ovvero “la mafia può distruggere completamente gli uomini che le danno la caccia?”. E ancora: di Daniele Vicari “Orlando” con Michele Placido, “La memoria del mondo” di Mirko Locatelli, un giallo attorno alla scomparsa di una donna, l’opera seconda (in concorso) di Andrea Magnani, “La lunga corsa”, surreale fiaba carceraria, “Svegliami a mezzanotte” di Francesco Patierno, tra memoria e inconscio. E molto altro ancora, per un’intera settimana di sguardi cinematografici.
Elio Rabbione
Di seguito, l’immagine-guida del 40° TFF dovuta a Ugo Nespolo; Olivia Colman in “Empire of Light” di Sam Mendes; Malcom McDowell in “Oh lucky man” di Lindsay Anderson; il regista Jerzy Skolimowski, autore di “EO”; una scena di “Napoli magica”, diretto da Marco D’Amore.
Leggi qui le ultime notizie: IL TORINESE