Sport, storia e memoria si incontrano a Casa Tennis

Martedì 15 novembre Casa Tennis ha ospitato un interessante dialogo tra Christian Greco, direttore del Museo Egizio, e Marco Albano, direttore del Juventus Museum.

Dopo aver raccontato il percorso che li ha portati a dirigere due tra i più importanti e visitati musei torinesi, i due direttori hanno dialogato tra loro esponendo al pubblico la loro idea di spazio museale e presentando le specificità dei rispettivi musei, più vicini di quello che si potrebbe pensare nella loro missione di recupero di una memoria collettiva.

Christian Greco ha raccontato l’evoluzione del Museo Egizio dal momento in cui ne ha assunto la direzione, nel 2014, pochi mesi prima dalla sua riapertura in una veste completamente rinnovata. Dopo un attento confronto con la comunità internazionale e dopo aver studiato i casi di riapertura di altri prestigiosi musei, il museo Egizio è diventato “un luogo in cui tornare”, grazie all’apertura continua di nuove sale, alle mostre temporanee, all’attività costante di ricerca, anche resa visibile al pubbllico, che per Greco “deve essere è il sale di qualsiasi museo”. Efficace la metafora proposta dal direttore per descrivere il museo, che è un po’ come la vetrina di un negozio: può essere ricca, bella e scenografica all’inizio, ma deve essere continuamente rinnovata per continuare ad essere attrattiva al pubblico. 

Molto interessanti le riflessioni relative ai “ruoli” e alle specificità dei rispettivi musei. 

Parlando del JMuseum Marco Albano ha sottolineato come si sia voluto creare un museo che rendesse onore a 120 anni di storia del club calcistico bianconero (che poi è anche il racconto della storia di un paese) anche attraverso allestimenti tecnologici e inclusivi: il museo infatti non ha barriere architettoniche e sensoriali e ha percorsi per non vedenti e non udenti. “Non raccontiamo soltanto una storia contemporanea – ha evidenziato Albano -,  da noi si rivive un po’ la storia della propria vita, per questo la visita ai nostri spazi emoziona e commuove più che in altri musei, perché permette di rivivere un’epoca che il visitatore conosce e che ha vissuto. Si tratta di una memoria collettiva ancora più forte, perché persone diverse tra loro vengono accomunate da quel ricordo, sportivo, che si intreccia con il proprio vissuto e la propria storia personale.” 

Il tema della memoria è centrale anche per Christian Greco, perché i musei devono assolvere a due funzioni fondamentali: la “conservazione” della memoria come ruolo passivo, con frammenti di memoria – oggetti – che ci permettono di ricostruire quello che manca, le storie degli uomini, ma anche luogo di “innovazione” attraverso l’attività di ricerca che ci aiuta a capire il presente studiando il passato. Per Greco “i Musei creano la memoria attraverso le loro collezioni, frammenti parziali attraverso cui riusciamo a creare una memoria che dialoga con il nostro tempo, e che chi verrà dopo di noi magari potrà cambiare. Nessun luogo più del museo  è così democratico, aperto a tutti, perché la memoria collettiva è di tutti”.

In termini di pubblico, il Juventus Museum è il secondo museo sportivo in Italia, ed è tra i primi 50 musei italiani più visitati. Il direttore Albano ha evidenziato come ci sia stata una crescita importante negli anni: “la promozione migliore è stata il passaparola, e abbiamo potuto contare sulla congiunzione astrale legata ai risultati sportivi della  Juventus, che nei primi dieci anni di apertura del museo ha vinto quanto mai prima nella sua storia. Tutto questo ha fatto sì che JMuseum sia oggi un riferimento anche per i musei sportivi stranieri”. Anche per un museo sportivo, legato ad una squadra specifica in un paese dove la fede calcistica per alcuni è una religione, “lo sforzo che stiamo facendo va nella direzione di allargare la base e di aprirci anche a chi non è tifoso della Juventus, cosa non semplice ma che stiamo cercando di fare anche attraverso attività culturali e sinergie con altri musei”.

Il direttore Christian Greco ha ricordato come il pubblico del Museo Egizio sia estremamente variegato. Luogo amatissimo dai bambini, per molti è stato il primo museo visitato in gita in quarta elementare: “una sorta di memoria collettiva di cui come museo andiamo molto fieri”. Pur essendo una grande collezione che non proviene dall’Italia, il Museo Egizio ha da sempre un legame fortissimo con la città, gli stessi torinesi ne vanno fieri, fa parte da tempo della loro identità.  “In questi ultimi anni siamo riusciti a conquistare sempre più giovani – continua Greco – anche grazie a nuove modalità di narrazione che hanno conquistato le nuove generazioni”. 

In chiusura Greco ha evidenziato come il periodo drammatico del Covid abbia portato a riflettere sulla necessità di sviluppare un museo digitale, che non sia il semplice surrogato di quello fisico: ”Ci stiamo attivando per effettuare la trasformazione in digitale del museo, che offra contenuti che il museo fisico non potrà mai mostrare, ricostruisca paesaggi, metta insieme i reperti presenti nei diversi musei che in origine appartenevano a corredi comuni”. Conclude il direttore: “Non basta fare ricostruzioni 3D, bisogna anche saper raccontare e il digitale offrirà opportunità enormi per parlare al mondo, anche a chi per vari motivi non verrà mai a visitarci fisicamente, ed è un’opportunità che dobbiamo cogliere”.

di Francesco Tamburello

 

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