C’è spazio per la pace?
“Non è un momento in cui le ragioni della pace hanno molto spazio, credo certamente alla pace, ma fotografo con realismo una fase in cui si parla più di armi che di disarmo, si parla più di guerra che di negoziato ma non dobbiamo smettere di crederci e rimanere idealisti con i piedi per terra e realisti senza sprofondare nel cinismo”. È pessimista Paolo Magri, vicepresidente e direttore dell’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale, analista e noto opinionista televisivo su scenari globali, politica estera americana, Medio Oriente e terrorismo. È pessimista ma lascia aperta la porta alla speranza quando si rivolge ai giovani del Sermig che l’hanno invitato a discutere sul tema “Le ragioni della pace”, una serie di incontri promossi dall’Università del Dialogo.
D Gli scenari di crisi che spaventano il mondo, in particolare la guerra in Ucraina, riecheggiano con forza proprio al Sermig, una vecchia fabbrica di armi che negli anni Ottanta migliaia di persone hanno trasformato in Arsenale della Pace, in un luogo di incontro e di dialogo
R Dobbiamo essere onesti, stiamo vivendo una stagione di grande riarmo, l’obiettivo finale è chiaro, basta vedere il riarmo della Germania e della Gran Bretagna e la stessa Italia si pone il problema di riarmare. L’Europa parla di esercito europeo, il dibattito da mesi è su questo, parliamo di rinascita della Nato e di sviluppo della difesa europea, ma tutto ciò non sarà possibile perché non abbiamo abbastanza denaro da investire nella difesa nei prossimi anni
D E poi c’è una grave crisi economica mondiale, le prospettive non sono rosee
R Il clima è davvero cupo. I grandi economisti del mondo riuniti di recente a Washington hanno detto che l’ora più buia deve ancora arrivare nell’economia per le tensioni internazionali nel mondo e per il concatenarsi delle crisi che avvolgono il pianeta. Si fa una grande fatica in questo momento a parlare e a pensare alla pace perché siamo nel pieno della tragedia ucraina nel cuore dell’Europa senza tralasciare il fatto che ci sono tante altre guerre in corso nel mondo, con un Medio Oriente in perenne fibrillazione, dalla Siria allo Yemen e alle guerre africane
D È un momento molto complicato…
R Lo stesso Papa ha parlato più volte di guerra mondiale a pezzi con tutti in conflitti ancora in corso e oggi c’è una guerra in più in cui, da una parte, c’è una potenza nucleare che attacca un Paese indipendente e dall’altra parte ci sono la Nato e l’Europa che armano il Paese aggredito e quindi in qualche modo sono in guerra contro la Russia che ha attaccato l’Ucraina con il rischio di una guerra nucleare per cui le ragioni della pace vanno sottolineate con più forza e con un po’ di ottimismo
D Un’altra guerra, dove sono finite le Nazioni Unite?
R L’Onu, in modo clamoroso, ma non è questa la prima volta, interviene solo sulla questione del grano e dei cereali, dimostrando tutta la sua impotenza nell’imporre la pace tra i belligeranti e lasciando a uno come Erdogan, non proprio così affidabile, il ruolo di mediatore tra le parti
D Ma è giusto armare l’Ucraina?
R Una guerra di aggressione è immorale, ha detto il Segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin, “chi è aggredito ha il dovere di organizzare la difesa anche usando le armi ma il ricorso alle armi non provochi però mali e disordini più gravi”. Secondo il cardinale Parolin quindi armare gli ucraini è giusto ma la sua è una posizione un po’ diversa da quella del Papa che non ha mai negato il diritto degli ucraini a difendersi ma ha sottolineato con forza l’importanza di arrivare a una soluzione pacifica e a tenere una posizione più equilibrata tra russi e ucraini nonostante tutto
D C’è la guerra, un giorno tornerà la pace ma resteranno le conseguenze del conflitto Ucraina
R Una Russia anche clamorosamente sconfitta potrebbe continuare a creare problemi in nord Africa e in Medio Oriente. Sperando ovviamente che una terza guerra mondiale sia da escludere malgrado i folli pensieri atomici di Putin, uno scenario probabile potrebbe essere una seconda guerra fredda con un mondo nuovamente diviso tra blocchi, da un lato le democrazie e dall’altro i sistema non democratici. Quindi un mondo più regionalizzato anche a livello economico e non globalizzato dove si fanno affari con tutti.
Filippo Re
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