IL PUNTASPILLI di Luca Martina
Oggi vorrei raccontare una piccola storia torinese, milanese… italiana.
Nei giorni scorsi il giovane startupper astigiano Lorenzo Lodigiani ha deciso di spostare i suoi uffici e la sua abitazione da Milano a Torino.
Pare di riascoltare le parole del suo illustre concittadino, Paolo Conte (in “Via con me”): “Via, via / Vieni via di qui / Niente più ti lega a questi luoghi”.
Il ritorno in Piemonte, e con lui la sede della sua società innovativa Ncode, annunciato nel suo profilo Linkedin (“Me ne vado da Milano”) e poi riportato dall’edizione torinese del Corriere della Sera, ha sollevato un autentico vespaio.
Più che la notizia in sé, invero piuttosto modesta, la cosa che ritengo di gran lunga più interessante sono state infatti le reazioni da questa suscitate sui social networks.
Da un lato i torinesi, soddisfatti della conferma della bontà dell’offerta che la nostra città è in grado di presentare al mondo dell’innovazione (dalle Ogr al Talent Garden e all’I3P, l’incubatore del Politecnico) e del piccolo smacco arrecato al capoluogo ambrosiano.
Dall’altro le, un po’ (ed è un eufemismo) piccate, repliche degli amici del capoluogo lombardo: Milano è Milano e gli altri non sono… (il Marchese del Grillo docet).
Di fronte anche al “tradimento” patito dal fuoco amico del Corriere, le levate di scudo provenienti dal campo meneghino si sono fatte dunque sentire con grande fragore.
La distanza tra i due angoli padani del vecchio “triangolo industriale” è andata riducendosi costantemente nell’ultimo decennio grazie anche allo sviluppo delle vie di comunicazione (l’alta velocità ferroviaria li collega ormai in tre quarti d’ora) e la permeabilità tra i loro contesti urbani potrebbe consentire un sano riequilibrio delle risorse e delle potenzialità.
Verrebbe da dire che forse le cose stanno davvero cambiando se a dimostrarsi provinciali sono proprio “loro”, i milanesi, che non ne hanno, ad essere onesti, alcun motivo!
Questo schierarsi “l’un contro l’altro armato”, come scriveva il milanesissimo Alessandro Manzoni ne “Il cinque maggio”, mi pare davvero anacronistico, frutto di un’antica rivalità, esasperata dalla difficile situazione economica, e farebbe bene ad essere, con reciproca soddisfazione, superato.
E’ tempo che noi torinesi mettiamo una pietra sopra alle (da molti percepite come) spoliazioni subite (dalla moda alle grandi banche) o rischiate (il salone del Libro) e che voi, cari milanesi, non trasformiate la giusta consapevolezza della vostra forza economica e delle indubbie capacità imprenditoriali in una sterile ed autolesionistica arroganza.
Dovrebbe essere oggi molto più facile di quanto non sia mai stato in passato localizzare le proprie iniziative imprenditoriali, i propri magazzini, le proprie abitazioni, in funzione della convenienza e dell’offerta di servizi ed infrastrutture.
Sia insomma benvenuta una concorrenza costruttiva, stimolante e sinergica, che consenta all’asse ToMi (o MiTo… poco importa) di supportare sempre di più e meglio la crescita del nostro Paese (e Dio sa quanto ne abbiamo bisogno).
Verrà forse un giorno nel quale i campanili, invece che rappresentare il simbolo di un’Italia divisa da interessi contrastanti, saranno presi a riferimento per la loro capacità di segnare, tutti insieme, l’ora esatta, quella della rinascita e della ripartenza tanto attesa della nostra economia.
Questa sì che sarebbe una novità veramente benvenuta.
Per ora, da torinesi, accontentiamoci di queste piccole buone notizie: possiamo ambire a diventare un polo di attrazione per le tutte le aziende innovative (non solo quelle “milanesi”…).
Ma: “esageruma nen!”. Saremmo davvero troppo, troppo provinciali.
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