Otis Taylor torna in Italia: unica data al Folk Club di Torino

XXXIV Stagione

 Prima Parte: 25 settembre – 23 dicembre 2022

DOMENICA 16 OTTOBRE 2022 ORE 21.30
TORNA IN ITALIA DOPO 16 ANNI – UNICA DATA ITALIANA
OTIS TAYLOR
Ingresso Intero 30 € | Ridotto Under 30 15 € | Streaming 6 €

A 16 anni dal suo ultimo concerto in Italia, proprio al FolkClub, finalmente, dopo innumerevoli tentativi, ritorna finalmente al Club questo gigante del Blues e della musica mondiale. Definito il più rilevante bluesman del nostro tempo dall’autorevole rivista Guitar Player. Qualunque sia lo strumento da lui suonato, ciò che rimane impresso dei suoi show è l’immediatezza e la spontaneità nel rendere vivide vicende basate su storia e verità. Ritenuto uno degli artisti blues più innovativi e impegnati socialmente degli ultimi 20 anni, il suo repertorio è basato essenzialmente su brani emotivamente carichi, spaziando dal politico al personale. Otis Taylor è considerato uno degli artisti blues più affermati dei nostri tempi; vanta numerose collaborazioni con artisti di altissimo livello come il chitarrista inglese rock-blues Gary Moore, l’armonicista Charlie Musselwhite e il pianista jazz Hiromi Uehara. Tantissime le sue nomination e i premi ricevuti nei più prestigiosi Awards come “Miglior Artista Blues”, “Miglior Album Blues” e “Best Instrumentalist” nella categoria banjo.
Con Otis Taylor è sempre meglio aspettarsi l’inaspettato. Mentre la sua musica – una fusione di stili che affonda le proprie radici nella loro forma più grezza – discetta di questioni forti come omicidio, senzatetto, tirannia e ingiustizia, il suo stile personale è spensierato. “Io sono bravo con l’oscurità, ma non sono una persona particolarmente infelice“, dice di sé. Parte del fascino di Taylor sono i suoi tratti caratteriali contrastanti. Ma è proprio questo elemento sorprendente che lo rende uno degli artisti più avvincenti affermatisi in questi ultimi 20 anni. In effetti, la rivista Guitar Player scrive: “Otis Taylor è probabilmente l’artista blues più rilevante del nostro tempo.” Che si tratti della sua strumentazione unica (spesso alterna banjo e violoncello), o del suono improvviso di una voce femminile, o di una canzone apparentemente ottimista che prende improvvisamente una svolta pessimista, ciò che rimane coerente nella musica di Otis è una narrazione commovente, basata sulla verità e sulla storia. Al suo sesto album, “Double V”, Taylor si lascia andare in racconti intimi mentre la sua musica è un’escursione uditiva ispirata a un’infanzia non convenzionale. Otis Mark Taylor nasce a Chicago nel 1948. Dopo che suo zio viene ucciso a colpi di arma da fuoco, la sua famiglia si trasferisce a Denver, dove nasce e coltiva il suo interesse di adolescente per il blues e il folk. Entrambi i suoi genitori sono grandi appassionati di musica; “Sono cresciuto con musicisti jazz” racconta. “Mio padre lavorava per le ferrovie e conosceva un sacco di jazzisti. Era un socialista e un vero bebopper.” Sua madre, Sarah, una donna dura come le unghie, di tendenze liberali, aveva un debole per Etta James e Pat Boone. Il giovane Otis spende il proprio tempo al Denver Folklore Center, dove acquista il suo primo strumento, un banjo. Lo suona mentre va al liceo in sella al suo monociclo. Il Denver Folklore Center è anche il luogo in cui ascolta per la prima volta Mississippi John Hurt e il country blues. Impara anche a suonare chitarra e armonica e forma i suoi primi gruppi: The Butterscotch Fire Department Blues Band e successivamente la Otis Taylor Blues Band. Si avventura per un breve periodo a Londra per fare ritorno negli Stati Uniti alla fine degli anni ’60. Il suo successivo progetto è il T&O Short Line con il leggendario cantante/chitarrista dei Deep Purple Tommy Bolin. Dopo un periodo con i 4-Nikators e gli Zephyr, nel 1977 Otis si prende una pausa dal mondo della musica e dà il via ad una carriera di successo come antiquario e come allenatore fonda una affermata squadra di ciclisti professionisti. Dopo anni di sollecitazioni dal suo mentore musicale -il bassista Kenny Passarelli- nel 1995 Otis torna infine sul palco, in un’intima saletta del Boulder Colorado’s “Hill” district, e viene raggiunto dal sideman delle stelle, Kenny Passarelli, e dall’asso della chitarra Eddie Turner. Un giornalista scrive: “…la combinazione era magica, lo stile di canto unico di Taylor si fondeva perfettamente con il virtuosismo rock di Passarelli e i riff tinti rock-roll di Turnet.” I rimandi rispetto a questa comparsata sono così forti che Taylor decide di tornare sulla scena musicale, suonando date scelte accuratamente con Passarelli e Turner. Due anni dopo pubblica “Blue Eyed Monster”, che convince il pubblico del blues e segna l’emergere di un cantautore che ha, usando le sue parole “…un modo per dire qualcosa che pare essere più intenso“. Nel 1998 fa sollevare più di un sopracciglio con l’album “When Negroes Walked the Earth”, pieno di testi impenitenti, strumentazione cruda e messaggi strazianti. La rivista Playboy lo descrive come “blues minimalista coi modi di John Lee Hooker.” I critici e gli appassionati di musica notano che il suo talento di vivido narratore e chitarrista affermato si sono solidificati. Nell’estate del 2000 ottiene una borsa di studio in composizione al Sundance Institute di Park City, nello Utah. Se le prime due registrazioni di Taylor hanno incantato il mondo della musica, il pubblico viene letteralmente rapito da “White African” (2001), il suo album più diretto e una dichiarazione personale sulle esperienze degli afroamericani, tra cui il linciaggio del bisnonno e la morte dello zio. La brutalità diventa la principale tematica delle sue canzoni che esplorano senza timori la storia delle ingiustizie nelle relazioni razziali e sociali. Con questo disco Taylor apre ufficialmente una via. Guadagna quattro W.C. Nomination e vince il premio come “Best New Artist Debut”. “White African” è a malapena uscito nei negozi di dischi quando Otis inizia a scrivere le canzoni che finiranno nell’album “Respect The Dead”, pubblicato nel 2002, che lo rende un contendente per due Handy Awards nel 2003: “Miglior artista acustico” e “Album di blues contemporaneo”. L’anno successivo piega di nuovo le convenzioni con il suo debutto per Telarc Records, “Truth Is Not Fiction” che porta Taylor in una direzione decisamente elettrica, quasi psichedelica, forgiando un suono che viene descritto come “trance-blues”. I critici musicali restano davvero affascinati e il disco riceve elogi sontuosi da USA Today, New York Times, Washington Post, NPR e viene nominato nel sondaggio dei critici di Downbeat come “Album Blues dell’anno”. L’album viene rapidamente seguito da “Double V”, che segna il suo esordio come produttore e una collaborazione con sua figlia Cassie, che canta meravigliosamente e suona il basso. L’album gli vale una seconda vittoria nel sondaggio dei critici di Downbeat come “Album Blues dell’anno”, per il secondo anno consecutivo (è l’unico caso!), mentre Rolling Stone, The New Yorker, Blender e CNN danno tutti il loro “pollice-in-su”. Ma forse il riconoscimento più significativo quell’anno arriva da Living Blues Reader’s Poll, che premia Taylor (insieme a Etta James) con il premio “Best Blues Entertainer” nel 2004. Telarc pubblica “Below the Fold” -settimo CD di Taylor- nell’estate del 2005. L’album è un insieme di canzoni stilisticamente variegate che puntano a un centro basato sul blues ma inondato di sfumature del country degli Appalachi e di un rock lunatico e psichedelico. Una volta ancora, i critici sono entusiasti e Downbeat dà all’album quattro stelle, sottolineando che Taylor “ha un’anima da poeta, con un profondo rispetto per la storia dei neri d’America e una curiosità incrollabile per la condizione umana.” The New Yorker soprannomina il suo sound “Velvet Underground Railroad” e prosegue proclamando che “Otis può ronzare ma non sta mai fermo, e quando si muove si dirige sempre verso posti che non hai mai visto.” A fine anno, “Below the Fold” arriva alla posizione numero 12 nella lista dei 20 migliori album del Chicago Tribune. E nel caso che il suo brillante stile di scrittura e la sua voce dannata non fossero stati sufficienti ad attirare l’attenzione di pubblico e critica, Taylor ha anche dimostrato le sue sopraffine doti strumentali con due nomination consecutive ai Blues Music Awards (2005 e 2006) come Migliore Strumentista nella categoria banjo. Oltre ai tradizionali tour e registrazioni, attualmente Taylor guida un programma scolastico dedicato al blues chiamato “Writing the Blues”. Concepito dalla moglie, è rivolto alle scuole di ogni ordine e grado di tutto il paese, fino alle università, per offrire consigli, illuminare e guidare gli studenti rispetto alla musica blues. “Comincio sempre chiedendo loro di scrivere cosa li rende tristi; paure, delusioni, perdite… qualunque cosa. È semplicemente fantastico leggere alcune di queste pepite, di questi pensieri incredibili. Sono spesso frasi semplici ma così reali, così tristi, così vere, così pure.” Per Taylor, è una squisita opportunità per entrare in contatto con altri e aiuta gli altri a connettersi con il proprio io, permettendo loro di fare la propria parte nel garantire che il blues e la capacità di condividere esperienze di vita continuino nelle prossime generazioni. Taylor risiede a Boulder, in Colorado, dove vive con la moglie.
www.otistaylor.com
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