Come rallentare la SLA, una scoperta scientifica straordinaria alle Molinette

Il professor Adriano Chiò, direttore del Centro regionale esperto per la SLA dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino e facente parte del Dipartimento di Neuroscienze ‘Rita Levi Montalcini’ dell’Università di Torino, annuncia  la straordinaria scoperta scientifica a cui il Centro regionale ha contribuito, partecipando, unico in Italia e tra i pochi al mondo, a uno studio internazionale sul Tofersen, che ha dimostrato un rallentamento ed in alcuni casi addirittura un’inversione della progressione clinica della Sclerosi laterale amiotrofica (SLA).

Il trattamento è efficace nelle persone portatrici della mutazione nel gene SOD1. L’effetto positivo del farmaco si manifesta in modo netto nel corso del primo anno di trattamento e successivamente persiste nel tempo, un risultato clinico senza precedenti nel trattamento della SLA.

Il Tofersen è un oligonucleotide antisenso (ASO) che agisce selettivamente sull’RNA messaggero, bloccando la sintesi della proteina alterata. La terapia viene somministrata mediante puntura lombare, e tale metodica è molto ben tollerata.

Seppur non applicabile a tutti i malati di SLA (solo in Piemonte sono circa 400), la scoperta apre nuovi e rivoluzionari percorsi di studio su questa grave malattia neurodegenerativa, perché per la prima volta si è di fronte a un principio attivo che è in grado di arrestarla.

Un lavoro, annuncia l’assessore alla Sanità del Piemonte, Luigi Icardi,  che tra appena due mesi troverà continuazione in una nuova sperimentazione internazionale, questa volta sul gene FUS, sempre con il coinvolgimento in primo piano del Centro regionale esperto per la SLA dell’ospedale Molinette, che lavorerà al progetto a trazione statunitense, insieme a soli altri tre centri di alta specializzazione in Europa.

L’assessore richiama l’attenzione sull’eccellenza della ricerca sanitaria in Piemonte, che ha saputo conquistarsi, con i risultati, un posto di assoluta importanza in campo internazionale.

Nel caso di quest’ultima ricerca, avviatasi all’inizio del 2020, gli scienziati dello staff del professor Chiò sono riusciti a portare a termine lo studio, grazie allo specifico supporto fornito dalla Città della Salute di Torino per superare le limitazioni legate alla pandemia.

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