Il “tasteur de vin” da ristorante dice sempre “sì”

Ascoltare e vedere per credere

“Siamo in Liguria, perbacco, beviamo ligure!”.
“Allora consiglierei un fresco, gradevolissimo Pigato”. Troppo accattivante la proposta dell’elegante, baffetto da sparviero, direttore di sala. “E dunque sia per il Pigato!”. L’hotel é fra quelli storici e più blasonati non solo del Finalese ma credo di tutta la Riviera del Ponente Ligure. Trascorre una manciata di minuti ed ecco in arrivo, comodamente adagiato (collo in fuori) nell’apposito “seau a glace”, il prezioso “nettare” dal color giallo paglierino, arrivato in terra ligure da una colonia greca dell’Egeo nientemeno che in epoca medievale. “Tirabuscion” alla mano il quasi english direttore di sala libera dal tappo la preziosa (visto anche il prezzo) bottiglia. E, il rito é d’obbligo, ne versa due dita nel mio calice. Perché non in quello di mia moglie? Sessismo vitivinicolo? O, fra i due, sono io ad avere la faccia giusta del vero conoscitor di vini? O del buon beone? Non sono né l’uno né l’altro. Ma per fortuna conosco bene (e spesso mi ha fatto un po’ sorridere) il teatral rito dell’assaggio. Primo: annusare ben bene, a mo’ di cane da tartufo, dentro il calice. Secondo: roteare in giusta misura il mirabile dono di Cielo e Terra. Terzo: degustare con la dovuta lentezza, papillare, schioccare con saggia delicatezza lingua e palato. A piacere, socchiudere beatamente gli occhi. E poi, un secondo di suspence. Oh, cribbio! Il decantato nettare mi sa che “sa un po’ di tappo”. La sala ristorante é piena fino all’ultimo tavolo. Che fare? Certo non posso rispedirlo al mittente. Che figura sarebbe, per me e il pur notevole hotel? Quindi : “Ottimo”, sorrido con malcelato compiacimento. Eh, no! Adesso non datemi del pavido, non ditemi che avrei dovuto buttare in tavola la carta del “gran rifiuto”. Quanti di voi lo avrebbero fatto? Siate sinceri! E chi mai ha assistito a scene analoghe con finale diverso? Pochi, pochissimi… forse nessuno. Il tutto rientra nel gioco. Fatto sta che con quell’ “ottimo” mi sono sorbito tutta la bottiglia al “vago sentor di tappo” e al prezzo “modico” di oltre venti euro. A consolarmi, la scena che poco dopo mi si ripropone a fianco. L’affabile Maitre porge (che goduria!) un similare Pigato all’ingioiellata signora con tanto di consorte seduti al tavolo vicino. A lei e non a lui. Niente sessismo vitivinicolo, dunque. E il teatral copione dell’assaggio si ripete, passaggio per passaggio. Ahi! Lieve smorfia! E trepida attesa. Ma, niente da fare. E l’ “ottimo” diventa un bel ” perfetto”. Sorrido e mi guardo intorno. Avanti il prossimo. Non c’è niente da fare. Il “tasteur de vin” da ristorante dice sempre “sì”. Del resto, l’importante nel gioco dell’assaggio non é tanto il risultato, ma la perfetta esecuzione di tutto il godibilissimo rituale. Vero? Yes sir.

Gianni Milani

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