La notte del 31 ottobre tra le maschere più diffuse per festeggiare Halloween esorcizzando le paure, accanto a un infinità di streghe, zombi e mostriciattoli vari , ci sono certamente quelle dei vampiri. E tra queste spiccano quelle del Principe delle Tenebre, figura che ha le sue radici nella realtà storica e personaggio reso leggendario grazie a opere letterarie e cinematografiche dal Nosferatu di Murnau a Francis Ford Coppola.
Il famigerato e crudele conte vampiro della Transilvania conobbe il primo, grande successo di pubblico nel maggio del 1897 quando, a Londra, venne pubblicato il più famoso dei libri dell’irlandese Bram Stoker. Si trattava di “Dracula”, un romanzo dalle atmosfere gotiche. In verità l’idea venne concepita da Stoker qualche anno prima, esattamente 131 anni fa, tra il luglio e l’agosto del 1890. “La bocca, per quel che si scorgeva sotto i folti baffi, era rigida e con un profilo quasi crudele. I denti bianchi e stranamente aguzzi, sporgevano dalle labbra, il colore acceso rivelava una vitalità stupefacente per un uomo dei suoi anni. Le orecchie erano pallide, appuntite; il mento ampio e forte, le guance sode anche se scavate. Tutto il suo volto era soffuso d’un incredibile pallore”. Una descrizione che non lascia dubbi sull’identità del personaggio e sulla sua natura sinistra, offrendo l’occasione al tema del vampirismo di acquisire, forse per la prima volta, una certa dignità letteraria.
Alle credenze popolari e alle superstizioni diffuse soprattutto nei paesi dell’Est e nei Balcani, il letterato irlandese – che nella Londra vittoriana alternava all’attività di giornalista quella di scrittore – venne introdotto dal professore ungherese Arminius Vambéry. Fu quest’ultimo a parlargli della Transilvania, raccontando la storia del principe Vlad III di Valacchia, noto con l’appellativo di Draculea (che si può tradurre come “figlio del dragone”, riferito al padre Vlad II, membro dell’Ordine del Dragone). Il principe Vlad Tepes, passato alla storia come Vlad l’Impalatore per i violenti e sadici metodi di tortura che riservava non solo agli odiati turchi ma anche ai cristiani, nell’immaginario di Stoker si sovrappose al protagonista del suo romanzo. Tra l’altro, nella lingua rumena, le parole “dragone” e “diavolo” (“drac”) sono molto simili. Così, Vlad vide trasformare il suo soprannome Draculea in Dracul il cui significato equivale a “figlio del Diavolo”. Stoker trovò anche un’altra fonte d’ispirazione in diversi articoli comparsi sui giornali dell’epoca in relazione a un fatto di cronaca realmente accaduto nel 1892, nella cittadina di Exter, nel New England.
La morte di una ragazza diciannovenne scatenò l’immaginazione dei suoi concittadini sia per gli strani sintomi, pallore e inappetenza, sia per il fatto che a poca distanza morirono nello stesso modo madre, sorella e fratello. Ciò che per la medicina non poteva che trattarsi di tubercolosi, per la gente era un chiaro caso di vampirismo. Sommando una suggestione dopo l’altra, mescolando abilmente storia e immaginazione, lo scrittore costruì il romanzo come una raccolta di pagine di diario scritte dai protagonisti della vicenda. Dal giovane avvocato inglese Jonathan Harker, che si reca in Transilvania per definire l’acquisto di una casa londinese da parte del Conte Dracula, alla sua fidanzata Mina Murray, oggetto del desiderio del vampiro che in lei rivede la moglie morta, fino al professore olandese Abraham Van Helsing, scienziato e filosofo che crede nell’esistenza del soprannaturale. Fatto circolare prima tra gli amici e successivamente modificato, il libro venne stampato e posto in vendita nella tarda primavera del 1897.
Da allora, il successo è stato talmente ampio da creare un vero e proprio genere, con adattamenti teatrali e cinematografici come il già citato Nosferatu il vampiro nel 1922, capolavoro del cinema muto espressionista firmato dal tedesco Friedrich Wilhelm Murnau, fino ai più recenti Dracula di Bram Stoker (tre premi Oscar nel 1993 per la pellicola di Coppola), Van Helsing (2004), i vari film d’animazione della serie Hotel Transylvania”, il Dracula 3D di Dario Argento e Dracula Untold del 2014. Ovviamente un lungo discorso andrebbe dedicato anche a due degli interpreti storici del Conte assetato di sangue come i mitici Bela Lugosi e Christopher Lee ma c’è tutta un’altra storia che vale la pena raccontare. E qui dal racconto del libro si passa alla storia, o almeno a qualcosa che gli assomiglia. Il voivoda Vlad III di Valacchia perse la vita in circostanze poco chiare. Si presume che Dracula morì com’era vissuto, cioè combattendo. Secondo alcuni la sua testa, recisa dal corpo, venne portata a Costantinopoli come un trofeo e il suo corpo venne sepolto senza tante cerimonie dal suo rivale e vassallo dei Turchi, Basarab Laiota. Non si conosce l’esatta ubicazione della sua tomba, anche se la tradizione popolare vuole che sia stato sepolto nella chiesa ortodossa dell’Assunzione, nel convento di Snagov, su un’isola nel bel mezzo di un lago situato a una quarantina di chilometri a nord di Bucarest. Alcune ricerche archeologiche risalenti agli anni ’30 del secolo scorso rinvennero in quel sepolcro solo ossa di cavallo.
Il priore di Snagov, ancora qualche tempo fa contestò questa versione, rivelando che la tomba posta di fronte alle porte dell’iconostasi è a tutti gli effetti la vera tomba di Vlad Tepes. Tuttavia, la maggior parte degli storici romeni pensa che il vero luogo di sepoltura sia invece il monastero-fortezza di Comana, fondato e costruito nel 1461 proprio da Vlad Tepes, in quello che oggi è il distretto di Giurgiu, nel sud della Romania, al confine con la Bulgaria. Durante alcuni scavi archeologici eseguiti nel 1970, si diffuse la notizia che il corpo senza testa di Vlad l’Impalatore fosse stato localizzato proprio nei sotterranei del monastero. Persino a Parigi vi è chi sostiene, ma qui siamo nel campo del puro gossip, che il Conte dimori in una cappella sconsacrata al Perè- Lachaise. Ma ecco che, al fine di rendere ancora più aggrovigliata la matassa, si è fatta strada una terza e clamorosa ipotesi: il conte Dracula non morì combattendo in Transilvania ma a Napoli, ed è stato sepolto nel cuore della città partenopea, nel chiostro di Santa Maria La Nova.
A sostenere quest’ardita tesi non sono dei fantasiosi “cacciatori di vampiri” ma alcuni studiosi dell’Università estone di Tallinn che, in collaborazione con studiosi italiani, hanno compiuto ricerche sulla principessa slava Maria Balsa, fuggita a Napoli nel 1479 a causa delle persecuzioni turche e accolta nella città all’ombra del Vesuvio da Ferdinando d’Aragona. La donna, che diventò in seguito moglie del Conte Giacomo Alfonso Ferrillo, sarebbe la figlia del Conte Vlad III di Valacchia, meglio conosciuto ai più come il Conte Dracula. E parrebbe proprio che fosse stato il padre ad accompagnarla nella città sul Golfo, cercando e ottenendo l’anonimato. La prova fornita dagli studiosi a sostegno delle loro tesi è il fatto che il blasone formatosi in seguito alla fusione degli stemmi delle famiglie Balsa e Ferrillo presenta un drago, in tutto e per tutto simile a quello della casata dei principi di Valacchia. Sarà davvero così? Il conte Dracula riposa (?!) a Napoli? La storia è affascinante, ricca di sfumature e di colpi di scena, anche se sembra più la trama di un romanzo d’avventure che una realtà storica. Infatti, almeno per il momento, manca il particolare che la renderebbe clamorosa, il colpo di scena finale: il corpo di Vlad Tepes. Ed è ciò che gli studiosi scesi in campo sperano di ottenere. Nel dubbio, come il professor Van Helsing, attendiamo notizie tenendo ben stretto in una mano un appuntito paletto di frassino e nell’altra una boccetta di acqua benedetta.
Marco Travaglini
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