IL COMMENTO Di Pier Franco Quaglieni
E’ stato sicuramente un successo il Salone del libro del Lingotto, ma dire che ha superato il numero di visitatori del Salone di ottobre non significa certo un buon risultato perché il Salone di ottobre, fatto in condizioni di reale emergenza, non è stato sicuramente un successo, al di là dei numeri che a Torino sono sempre stati un po’ ballerini con eccesso di presenze di scolaresche e di invitati, cosa che e’ finita anche in tribunale. Sono stato al Salone per qualche evento e debbo dire che le impressioni raccolte sono contraddittorie. Molta folla ( forse troppa se guardiamo alle norme di sicurezza ampiamente violate sia per mancanza di mascherine al chiuso, sia per mancanza del ricambio d’aria) ad esempio, sabato pomeriggio, scarsa partecipazione domenica pomeriggio. I taxisti che mi hanno accompagnato, mi hanno tutti detto che il lavoro per il salone non era significativamente aumentato rispetto alla quotidianità. E’ davvero un Salone internazionale? Se vogliamo dire la verità, non lo è mai stato. Le grandi case editrici europee sono assenti, per non parlare di quelle extra europee. Quando leggo che il direttore Lagioia dichiara in modo trionfale che il Salone “e’ una cosa unica a livello mondiale“ mi viene da sorridere. E quando leggo che il presidente del circolo dei lettori dichiara “di sapere di aver lavorato al meglio” e che attende la rielezione, vorrei consigliare un po’ di modestia. Neppure il presidente “storico“ Rolando Picchioni era così sicuro di se’. Nessuno ricorda quando il Salone chiudeva alle 23, mentre da anni chiude alle 21. Ci sono stati intoppi organizzativi per la lettura dei biglietti e dei pass agli ingressi che hanno provocato code sfaticanti dovute a cattiva organizzazione e incapacità di porre rimedio rapidamente a dei banali guasti tecnici. Il personale avventizio reclutato non è stato fatto oggetto di una benché minima preparazione preventiva. Ragazzi magari volenterosi, ma digiuni del lavoro loro assegnato. Ci sono stati molti incontri di ottimo livello che non hanno però garantito un vero pluralismo perché la parte del leone e’ stata fatta dai soliti vip di un certo orientamento politico che sono stati privilegiati dai giornali, per quanto possa contare oggi una marchetta giornalistica. Che certi personaggi vengano ancora considerati a Torino degli oracoli rivela un provincialismo culturale subalpino che si riflette anche sul Salone. Certo non si può dire che il Salone sia internazionale perché è stato a presentare il suo ennesimo libro un giornalista americano che ha trovato l’America in Italia ed e’ andato prima del Salone a presentare la sua nuova opera a Chieri. L’internazionalità del Salone resta un obiettivo lontano che nessun Lagioia o suo successore sarà in grado di perseguire. Occorrebbero ben altre risorse e, se posso dirlo, ben altri uomini o donne. Se penso alle vicende legate all’assessore regionale Parigi, finite in tribunale, vedo che i problemi del salone sono di altra natura. Onore al merito agli editori piccoli e grandi che si sono rimboccati le maniche e hanno pagato a caro prezzo gli stand forse senza ottenere i risultati sperati. Un elemento informativo che manca è il volume degli affari. Girando, ho notato pochi acquirenti e molti curiosi.
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Ha chiesto ai tassisti!
Ha visto pochi acquirenti e molti curiosi.
Gli espositori FORSE non hanno raggiunto il risultato sperato.
Ma chi è Pier Franco Quaglieni?