IL PUNTASPILLI di Luca Martina
Il rispettato economista Rudi Dornbusch è famoso per avere detto che i cicli di crescita economica non muoiono di vecchiaia ma sono “assassinati” dalla Federal Reserve (la banca centrale americana).
Si tratterebbe dell’eccessivo castigo (ben oltre la legittima difesa) di chi vuole rimettere in riga, dopo una fase di eccessi (troppa domanda di beni e servizi), l’economia che, sfuggita di mano, genera incontrollati e pericolosi aumenti dei prezzi.
E’ quanto stanno incominciando a temere gli analisti ora che anche la governatrice della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, dopo il suo omologo statunitense Jerome Powell, ha lasciato intendere che la politica monetaria, fatta di abbondanti acquisti di titoli e di tassi di interesse a zero, ha i giorni (mesi) contati.
I mercati finanziari non hanno tardato a reagire e la correzione subita dalle borse è stata sinora in linea con quanto storicamente è successo ogni qualvolta i tassi di interesse si sono mossi al rialzo ma senza provocare alcuna recessione.
Se questo si confermerà il caso. il calo del 15% subito dai mercati azionari potrebbe avere già in buona parte incorporato il cambiamento, dopo molti anni, di atteggiamento dei governatori delle banche centrali.
La correzione potrebbe essere solo un anticipo di quanto ci attende se, invece, dovessimo avviarci (anche a causa di una politica monetaria, fatta di tassi ufficiali in forte salita) ad un ciclo economico recessivo: in questi casi la discesa è stata mediamente superiore al 30%.
Per ora lo scenario principale rimane quello di un riassestamento delle elevate, valutazioni raggiunte dalle borse e dalle obbligazioni (frutto dei tassi vicini o addirittura inferiori allo zero).
Quello che è certo è che l’inflazione è uno “spettro” che si aggira anche in Europa (e non solo negli USA) es una BCE meno generosa rende la situazione italiana particolarmente delicata.
E’ noto che il nostro debito pubblico rapportato al PIL (il Prodotto interno lordo, la produzione nazionale) si colloca ai vertici mondiali (secondo solo a quello del Giappone) e una buona parte dei titoli obbligazionari emessi per finanziarlo (il 30%, era solo il 5% nel 2015) è nella cassaforte della BCE che con i suoi acquisti ha contribuito a mantenerne il costo sotto controllo.
A partire da marzo però la Banca europea comprerà quantità inferiori di BTP e diminuirà così anche la capacità (e la volontà) di mantenere i tassi di interesse di mercato vicini ai minimi storici.
Dopo il sospiro di sollievo tirato dopo l’elezione del capo dello Stato (dovuto alla ridotta incertezza sul futuro immediato) lo spread (il rendimento aggiuntivo richiesto per investire nei nostri titoli rispetto a quelli tedeschi) è tornato a salire, seppur di poco, reagendo al nuovo corso della politica monetaria.
Si tratta di un segnale da non ignorare: l’inflazione per sé potrebbe anche consentire di ridurre il valore reale del nostro debito (l’aumento del costo della vita erode il potere di acquisto dei redditi ma anche quello delle somme dovute) ma solo se riusciremo a mantenerne ad un livello inferiore i tassi che saremo chiamati a pagare.
E’ una sfida ardua che da un lato ci trova a combattere contro un nemico infido e che non possiamo controllare, l’inflazione, che in buona parte è frutto di variabili esterne come il prezzo delle materie prime, e dall’altro deve esserci di monito per quella che sarà la condotta di questo e dei prossimi futuri governi.
L’inflazione si può combattere e sconfiggere, la storia lo ha dimostrato, ma quello che non ci possiamo permettere è la perdita di credibilità nei confronti degli impegni presi con il PNRR.
Il ghiaccio sul quale stiamo pattinando è sottile e occorrerà muoverci con grande attenzione per evitare una dolorosissima rottura.
La situazione potrebbe migliorare con l’inizio del prossimo trimestre, finita la stagione fredda, quando i prezzi delle risorse energetiche dovrebbero stabilizzarsi e con loro il livello dell’inflazione (e la pandemia tornare a ritirarsi).
Sarà proprio nella riunione di marzo che nell’Eurotower di Francoforte la BCE deciderà i prossimi passi, sulla base dei dati che saranno stati pubblicati nel frattempo.
La responsabilità sulle spalle dei governatori delle banche centrali è pesante e ci vorrà tutta la loro attenzione per evitare di raffreddare troppo la crescita, alzando troppo i tassi proprio quando le pressioni inflazionistiche (dopo la forte accelerazione) potrebbero essere già in una fase di riduzione.
Il potenziale assassino può ancora decidere di non sparare al cuore della ripresa economica.
Proprio come Raskolnikov nel romanzo di Dostoevskij, esiste il rischio di compiere un delitto peggiore (l’uccisione della sorella della vittima designata/della ripresa economica) di quello inizialmente architettato (l’uccisione della vicina usuraia/dell’inflazione) e di doverne poi scontare il castigo.
Solo con l’arrivo della bella stagione saremo in grado di comprendere meglio l’evoluzione della situazione.
Potremmo allora davvero concludere, per citare José Saramago, che la forza della primavera non sarebbe niente se non avesse dormito l’inverno.
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