La società come si presenta oggi, a due anni di distanza dall’inizio della pandemia, richiama alla mente l’immagine di un edificio intricato e complesso, sotto questo aspetto piuttosto simile a quel “labirinto” di cui il noto scrittore argentino Jorge Luis Borges parlava in alcune sue opere.
Un labirinto inteso quale un “edificio costruito per confondere gli uomini”, la cui tortuosità dei percorsi rinvia, in maniera simbolica, alla stessa insufficienza dello sguardo esclusivamente razionale sul reale, che ne impedisce la comprensione completa. Se l’immagine del labirinto risulta centrale nella poetica di Borges, costituendo un’allegoria della complessità del mondo, la società odierna, che si è dovuta confrontare con un percorso di pandemia durato due anni, appare complessa proprio come un labirinto. Le sue componenti, spesso, sono entrate in crisi e in conflittualità nel rapporto di dialogo reciproco, come quello tra i più giovani e gli adulti che, da sempre, rappresenta un aspetto complesso della vita comunitaria. Se la pandemia ha dovuto necessariamente allontanare fisicamente gli esseri umani tra loro, per evitare il contagio, questo allontanamento si è spesso tradotto in un distanziamento anche psicologico e, in diversi casi, in un disinteresse verso il prossimo. A aggravare questo fenomeno sono intervenuti meccanismi inevitabili cui si è fatto ricorso, quali lo smartworking e la Dad per gli studenti, che ha provocato delle ferite e dei disagi psicologici non da poco tra i componenti più giovani della società. In Borges il labirinto è assurto a simbolo e metafora per esprimere la sua riflessione su alcuni temi universali, quali il tempo, la morte, il dolore, la personalità umana, il suo sdoppiamento e la pazzia, fusi nel sentimento drammatico dell’unicità dell’esperienza individuale e, appunto, in quel labirinto inestricabile di immaginazione e esperienza, svolti stilisticamente sulla base di una classicità e di un’eleganza che, in questo scrittore, risultano davvero unici. Il labirinto è stato il protagonista, infatti, di uno dei racconti più affascinanti di Borges, dal titolo “Il giardino dei sentieri che si biforcano”, in cui l’antenato del protagonista mostra tutte le possibili conseguenze di un evento temporale, la trama delle infinite varianti temporali e le biforcazione che ne possono scaturire. In fondo non soltanto la società appare oggi un labirinto, ma forse anche la vita stessa dell’uomo si può richiamare a questa medesima immagine. Quasi ogni giorno, come in un labirinto, siamo chiamati, infatti, a scegliere un percorso di fronte a un bivio. Ma, come affermava il filosofo e pensatore Norberto Bobbio, “di fronte al cammino storico dell’umanità, sappiamo che esiste una via d’uscita. Tutta la storia umana si può considerare un insieme di tentativi quasi sempre disperati, di uscire dal labirinto […] Conosciamo le vie bloccate, le vie già tentate e esaurite, e che non dovremmo avere la tentazione di ripercorrere”. All’uscita del labirinto non si può sapere se si sarà migliori, ma sicuramente un fatto è certo. Si risulterà diversi e cambiati.
Mara Martellotta
Pannunzio Magazine
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