L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Paulina Bren “Barbizon Hotel” -Neri Pozza- euro 19,00
Le giovanissime Grace Kelly, Rita Hayworth, Sylvia Plath, Joan Didion, Nora Ephron, agli inizi delle loro carriere a New York vissero al Barbizon Hotel; «il posto dove andavano le ragazze che arrivavano da tutto il paese per dare una possibilità ai loro sogni».
Già solo questi nomi annunciano quanto sia interessante, emozionante e splendido questo libro dell’americana Paulina Bren, docente del famoso Vassar College. Si legge come un romanzo e racconta nascita, importanza, e declino del Barbizon Hotel di New York; “per donne sole”, porto sicuro, protetto e rigorosamente precluso agli uomini. Ma soprattutto racconta le storie delle sue ospiti.

L’hotel fu costruito nel 1927, epoca in cui le donne -che avevano ottenuto il diritto al voto nel 1920- iniziavano ad essere più indipendenti. Ma per una ragazza sola era ancora sconveniente affittare un appartamento, ed è allora che nell ‘Upper East Side apre il Barbizon. Raggiungerà l’apice della sua fama tra gli anni Quaranta e Cinquanta, quando l’agenzia Ford Models iniziò ad affittare stanze per le sue modelle, tra le quali Carmen dell’Orefice, diventata mitica top model.

Dove potevano alloggiare giovani di buona famiglia che dalla provincia planavano nella Big Apple sognando di costruirsi un futuro professionale nel mondo del cinema, dell’editoria, della letteratura e dell’arte? O semplicemente volevano intraprendere carriere alternative al ruolo di mogli, madri o al massimo insegnanti?
Di hotel per donne sole ce n’erano, ma nessuno mai eguagliò la fama del Barbizon, garanzia di sistemazione appropriata e sicura.
Tanto per dire, Grace Kelly arrivo nel 1947 dopo aver convinto il ricco padre che le concesse di frequentare l’American Academy of Dramatic Art, solo a patto che risiedesse al Barbizon.

Alcune di loro ce la faranno diventando famose attrici, scrittrici e firme di punta del giornalismo. Altre troveranno comunque la loro strada, come le studentesse della rinomata scuola per segretarie di Katie Gibbs. Tutte avranno grandi sogno di futuro; alcune anche solo quello di trovare il marito giusto nella Grande Mela.
Interessanti le storie delle giovani che avevano vinto un mese di stage presso la blasonata rivista “Mademoiselle” che sarà palestra e trampolino di lancio per giovani colte, preparate e ambiziose che volevano sfondare nel mondo del lavoro. Praticante nella redazione fu anche Ali MacGraw, che abitò al Barbizon nell’estate del 1958, conquistò la copertina e diventò l’indimenticabile protagonista di “Love Story”

Un vero monumento il Barbizon. Situato tra la Lexington e la 63esima strada, architettura neogotica, 23 piani, 700 stanze. Alcune ampie e con bagno in camera; la maggioranza piccole (circa 2 metri per 3) arredate tutte allo stesso identico modo con copriletto e tende a fiori e abbinati. Aveva anche piscina, bagno turco, palestra, solarium e un roof garden; luoghi di aggregazione in cui le ospiti si conoscevano e in molti casi diventavano amiche. Tutte dovevano rispettare rigorosamente un dress code che prevedeva gonne longuette e bandiva i pantaloni.
Mentre le più gettonate la sera uscivano con cavalieri, quelle che lo erano meno si adattavano a trascorrere tranquille serate insieme al Barbizon, diventata la loro casa comune. Poi c’era la lobby al primo piano con un palcoscenico e 300 posti a sedere per le attività di intrattenimento e culturali che l’hotel organizzava. L’unica area consentita agli uomini; le uniche eccezioni erano medici e manutentori ai quali era concesso superare quel confine.
E’ sul finire degli anni Sessanta che la funzione dell’hotel inizia ad essere anacronistica. Nel 1981 apre le porte agli uomini trasformandosi in un hotel come gli altri.
Dopo vari cambi di proprietà, nel 2005 è stato ristrutturato, diviso in appartamenti in vendita a 13 milioni di dollari l’uno e trasformato in un condominio di lusso, il Barbizon 63.

Una chicca nostalgica. Nello storico Hotel avevano vissuto anche donne adulte; tra le quali Molly Brown, sopravvissuta alla tragedia del Titanic e appartenente all’alta società, che morì nel 1932 nella sua stanza al Barbizon.
Lei era la più famosa, ma alla fine degli anni Novanta “le Donne” erano rimaste in 29, chiamate “The perms”, le permanenti, ed erano un mistero ancorato agli anni d’oro del Barbizon. Sopravvissute a tutti i cambiamenti, non si erano mai spostate; dal quarto all’undicesimo piano al fondo del corridoio c’era una porta che celava dove vivevano «…una macchina del tempo, con corridoi stretti, bagni in comune e stanze minuscole».
Fino al 2006 lì hanno vissuto 14 donne che pagavano un affitto calmierato in base agli accordi precedenti con l’hotel. Mandarle via era impossibile perché tutelate dalla legge. Ne sono rimaste 5 che hanno accettato di vivere al quarto piano del Barbizon/63, in piccoli appartamenti rifatti e in stile con il resto.

Sylvia Plath
Tra le giovani residenti del Barbizon c’era anche Sylvia Plath che vi giunse nel 1953, dopo aver vinto il concorso come praticante presso la rivista “Mademoiselle”. Era il primo magazine rivolto a giovani lettrici; diretto con piglio sicuro e visione geniale dalla leggendaria Betsy Talbot Blackwell, che pubblicava racconti di autori della levatura di Truman Capote.
Sylvia arriva con la carica dei suoi 20 anni, bella e piena di talento.
Al Barbizon alloggiava al quindicesimo piano in una «…graziosissima stanzetta con moquette, muri beige chiaro, copriletto verde scuro con increspature a forma di rosa, tende intonate, scrivania, cassettone…..». Traendo spunto proprio dai suoi giorni newyorkesi scrisse il romanzo semi-autobiografico “La campana di vetro” -Mondadori- euro 12,00
Protagonista e suo alter ego è Esther Greenwood, una ragazza che come lei lavora in una rivista femminile. Il Barbizon diventa Amazon ed è lì che la giovane risiede. Una studentessa molto brillante che però soffre di depressione durante il tirocinio presso una rivista di moda newyorkese.
La penna caustica della poetessa e scrittrice Sylvia Plath smitizza il luogo. Descrive come Esther si sentisse ingabbiata nell’albergo e durante un black down interiore finisse per scaraventare tutti i suoi vestiti dal tetto: cosa che la Plath aveva davvero fatto dopo una crisi depressiva e circa un decennio prima di scrivere il romanzo.
E’ decisamente graffiante nel descrivere le ospiti del Barbizon /Amazon oltre le aspiranti star e artiste. L’annoiavano in modo particolare le segretarie di dirigenti che si aggiravano per New York nella speranza di accalappiare ricchi uomini d’affari. Con sommo fastidio le vedeva «..sbadigliare e laccarsi le unghie nel solarium, cercando di mantenere l’abbronzatura delle Bermuda..» giusto per sottolineare che non c’erano solo aspiranti star o scrittrici.

Il libro uscì poco meno di un mese dal suo suicidio. Tormentata e divisa tra le spire della condizione femminile dell’epoca -in cui sulle donne incombeva ancora la tradizione che le voleva mogli e madri- e d’altro canto una profonda aspirazione a trovare la sua strada e il senso del suo esistere nella poesia, Sylvia non riuscì a reggere il peso della vita. Ad aggiungere dolore c’era anche il fallimento del suo matrimonio con lo scrittore Ted Hughes. E’ così che stanca di vivere, una mattina si sveglia, prepara la colazione per i due figli e spalanca la finestra della camera in cui dormono; poi sigilla per bene la cucina e infila la testa nel forno a gas. Aveva solo 30 anni.

 

Joan Didion
La letteratura mondiale ha perso una delle sue voci migliori con la recente scomparsa della scrittrice, giornalista e sceneggiatrice Joan Didion, a 87 anni il 23 dicembre 2021.
Da non perdere su Netflix è il magnifico e intenso documentario “Joan Didion il centro non reggerà” girato dal nipote Griffin Dunne; fondamentale excursus intimo e profondo sulla straordinaria carriera, le battaglie e le drammatiche vicissitudini personali della grande scrittrice.
Era nata a Sacramento,in California nel 1934 ed era transitata al Barbizon Hotel quando aveva 20 anni. Giovane, bellissima e talentuosa planò a New York in una pausa dagli studi al Berkeley College, giusto poco prima di iniziare la carriera che l’ha vista diventare una grande celebrità del mondo letterario, vincitrice nel 2005 del National Book award per la saggistica con il libro “L’anno del pensiero magico” -Il Saggiatore- E’ forse il libro più famoso dell’autrice che sminuzzza e analizza con una profondità di pensiero l’immenso dolore nel 2003 per l’improvvisa morte di infarto del marito, lo scrittore John Gregory Dunne col quale era sposata da 40 anni. Tragedia seguita a ruota dal lungo periodo di malattia e morte della figlia adottiva, Quintana, per coma cerebrale a soli 39 anni. Pagine struggenti in cui dialoga con la morte, il vuoto, la malattia, e mette a nudo i nervi più dolenti del suo lutto.

Durante il secondo anno di studi vinse un concorso di saggistica sponsorizzato dalla rivista di moda “Vogue” e divenne assistente alla ricerca. Lavorò lì per due anni passando da copywriter a redattrice, e in quel periodo scrisse il suo primo romanzo

“Run River” -Il Saggiatore- euro 20,00.

Ambientata in una California rurale e bruciata dal sole si narra la saga di una famiglia di discendenti di cercatori d’oro e pionieri e il loro declino.
“Da dove vengo” -Il Saggiatore- euro 24,00. E’ un libro altamente autobiografico in cui racconta non solo la storia dei suoi antenati e della famiglia, ma anche quella della California, tra pionieri, sogni, frontiera e latifondi.

“Verso Betlemme” -Il Saggiatore- euro 15,00.

E’ un ‘eterogenea raccolta di articoli e saggi scritti e pubblicati tra 1961 e 1968, in cui scandaglia a fondo il clima sociale degli Stati Uniti, in particolare della California negli anni 60.
E’ una miscellanea di reportage, analisi profonde e memorie personali.
L’ultimo capitolo “Bei tempi addio” è il resoconto del suo arrivo a New York, per la prima volta a 20 anni e in estate. Una magnifica dichiarazione di amore per La Grande Mela, così carica di promesse per una giovane piena di sogni: «….ero davvero innamorata della città, la amavo come si ama la prima persona che ti tocca e come non amerai più nessun altro…..Capii che ero venuta dall’Ovest e avevo trovato un miraggio..».

 

Terry Newman “Legendary authors and the clothes they wore” -Harper Design- USA & 29,99
Questo è un libro fotografico molto interessante perché colleziona una serie di autori famosi e il loro modo di vestirsi. Uno sguardo nei loro armadi e nei loro stili.
Ritroviamo così una giovane bellissima Joan Didion in copertina, con una lunga tunica e infradito ai piedi. Ma ci sono altre due istantanee di grande intensità: lei magnifica donna nel pieno del fulgore nel 1977, e un’altra dell’anno prima che la ritrae all’esterno della casa a Malibu insieme al marito Gregory Dunne e alla figlia ancora bambina Quintana.
C’è anche una giovanissima Sylvia Plath in due foto, una del 1950 mentre lavora alla macchina da scrivere e l’altra del 1957.
In tutto sono 49 i mostri sacri del mondo delle lettere riuniti nel libro, ognuno con uno scritto in inglese che è breve biografia. Tra i nomi inclusi: Samuel Beckett, George Sand, Gertrund Stein, Virginia Woolf, Proust, Susan Sontag, Hemingway per arrivare a Donna Tartt, Nancy Mitford e Tom Wolfe.

 

 

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