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C’è un lui e c’è una lei, perché questo è un intreccio d’amore che si esalta nella fusione di due anime talmente distanti da risultare combaciabili. La passione è il loro filo conduttore, passione che si travasa dall’impegno sociale al sesso e viceversa.
DALLA KELETI ALL’ASTORIA Il ciliegio di Csala
L’atmosfera è quella di un universo lontano – seppure geograficamente vicino – e il ritmo è incalzante, come quello della giovinezza – per qualcuno reale, per altri riacquistata nella maturità.
Romanzo storico, perché i fatti e il loro preciso contorno sono quelli della Cortina di ferro con le sue violente contraddizioni fuori dal tempo e dall’Europa del XX secolo. Siamo nell’Ungheria sul finire del 1956, nei tre mesi paradossalmente più caldi dell’anno, dove si incontrano i due popoli che l’autrice oggi frequenta nella sua esistenza reale: veneto e magiaro, per cui nulla dei profumi, dei sapori, dei luoghi è inventato e tutto si amalgama con vicende in qualche modo conosciute o comunque narrate da chi le ha vissute. C’è un lui e c’è una lei, perché questo è un intreccio d’amore che si esalta nella fusione di due anime talmente distanti da risultare combaciabili. La passione è il loro filo conduttore, passione che si travasa dall’impegno sociale al sesso e viceversa.
Ritmo incalzante, spezzato a tratti dall’immersione nel calendario politico dell’anno del Turbine (nome in codice dell’occupazione sovietica dell’Ungheria), con protagonisti lontani eppure vicini: il premier Nagy, Andropov capo del Cremlino, Nenni con le sue proteste e Togliatti e Ingrao che borbottano per i 110 intellettuali comunisti italiani critici verso il colpo di mano di Mosca.
Chi parla nel linguaggio secco ed essenziale in questa sorta di diario emozionante, è l’italiano che viene dalla drammatica esperienza di minatore in Belgio; chi lo avvince e ossessiona è l’irrequieta creatura “rocciosa come un uccellino”. La danza erotica si concede delle pause o avviene piuttosto viceversa; e si respirano l’incanto dei riflessi del Balaton, il profumo del pan di zenzero e del carbone fumante, la scodella di latte di capra da bere in fretta prima che il treno riparta, le marce militari alla radio di stato, le parole proibite sussurrate in biblioteca o nelle sontuose terme Szekenyi o nei caffè letterari che tanto ricordano gli incontri clandestini del nostro Risorgimento.
Un nuovo senso della vita riappare improvvisamente con gli occhi e il cuore di una ragazzina di vent’anni. Ci sono i vicini che ascoltano, ci sono le spie, l’Armata Rossa che staziona in città già prima della rivoluzione gentile e i soldati ungheresi che si strappano dai berretti la stella rossa per solidarizzare con i fratelli smaniosi di libertà. Eppure non è raro incontrare un cervo che si aggira tra le case, perché lì la natura mostra ancora i suoi segni. E c’è un segreto, il terribile segreto. Non voluta, dalle macerie di quel sogno di indipendenza, vedrete emergere quell’immagine che Eugène Delacroix dipinse nel suo La libertà che guida il popolo: la donna, personificazione dello spirito nazionale, che sulle barricate offre indomita al nemico il petto scamiciato. E poi c’è il ciliegio, il ciliegio di Csala.
L’AUTRICE
Sabrina Tonin nasce nel 1957 in un paesino da sempre dedito a commerci con i Paesi dell’Est, che diventano una sua seconda Patria. Lavora e vive infatti tra il Veneto e Budapest. Dopo il liceo si diploma alla Scuola Politecnica di Milano sotto la guida di Bruno Munari. Appassionata di letteratura, pittura, architettura e musica lirica, ama la scrittura che pratica per diletto personale fino al 2020, quando decide di partecipare a numerosi Concorsi letterari, ottenendo riconoscimenti anche internazionali. Nell’anno trascorso dal suo debutto vengono pubblicati quattro romanzi, Dalla Keleti all’Astoria è il suo primo lavoro, che lega la sua Patria natia a quella adottiva.
Pagina fb:
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