Medicina di genere, individuati i referenti per ogni Asl

“Nel 2021 – ha spiegato il referente regionale Marco Musso – è stato richiesto alle Aziende sanitarie regionali di individuare un referente aziendale in possesso di specifica esperienza in medicina di genere, le cui designazioni si sono concluse il 7 gennaio scorso. Ai referenti è affidato in particolare il compito di promuovere lo sviluppo della medicina di genere a livello aziendale attraverso un approccio multidisciplinare per garantire appropriatezza e personalizzazione delle cure, strutturare azioni e attività coerenti con i principi generali del Piano. Ma anche di realizzare un sistema di rete per lo scambio di esperienze e conoscenze, assicurando i collegamenti con gli altri referenti”.

Silvia De Francia dell’Università di Torino ha spiegato che “la medicina di genere è la medicina che cura la persona e non la malattia, con un approccio alla cura di taglio multidisciplinare per comprendere i meccanismi attraverso cui le differenze di sesso e di genere agiscono sullo stato di salute, sull’insorgenza e sul decorso di numerose malattie e sulla risposta ai farmaci”. “Non si tratta – ha aggiunto – di prendere in considerazione il genere maschile o femminile, ma il genere: costruzione poliedrica che include ruolo sociale, comportamenti, valori, attitudini, fattori legati all’ambiente e le interazioni che essi hanno con i fattori biologici”.

Un problema che affonda le proprie radici nel passato ma che è stato normato di recente, se si pensa che la medicina di genere nasce nel 1995 con la Conferenza di Pechino, nel 2016 il Ministero della Salute italiano emana la normativa sul genere come determinante della salute e nel 2019 viene approvato il Piano per la diffusione della medicina di genere.

“Il Piano per la diffusione della medicina di genere – ha osservato Gianluca Aimaretti dell’Università del Piemonte orientale – rappresenta una rivoluzione che le Università stanno in parte cominciando ad affrontare, anche se l’interdisciplinarietà è ancora scarsamente praticata. Si continua ancora troppo ad occuparsi del paziente ‘in generale’ anziché differenziando le terapie in base al genere”.

Musso ed Elsa Basili, referenti del Tavolo regionale, hanno spiegato che nel 2019 la pandemia ha in parte ostacolato un’adeguata programmazione ma nel 2020 la medicina generale è stata confermata tra gli obiettivi formativi prioritari per le Aziende sanitarie regionali ed è stata effettuata una raccolta dati: “Una ricerca – ha sottolineato Musso – che ha consentito di fotografare una realtà ricca e articolata”.

Con la deliberazione della Giunta 17-4075 del novembre scorso, la Regione Piemonte ha recepito il Piano per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere e dato il via all’istituzione del Gruppo tecnico regionale che dovrà predisporre e proporre alla Giunta il piano per la sua applicazione e diffusione.

Rispondendo a Domenico Rossi – intervenuto per il Pd con Monica Canalis e Diego Sarno – Di Francia ha spiegato che “proprio perché diverse malattie cambiano per incidenza da regione a regione, il Piano regionale per la medicina di genere potrà far fronte alle criticità specifiche presenti in Piemonte”.

Marco Grimaldi (Luv), Musso ha risposto che “le Case di comunità sono, per definizione, aperte alla comunità e dovranno prevedere al proprio interno aree per l’interazione e l’integrazione sociosanitaria”.

Di Francia – infine – ha convenuto con Sarah Disabato (M5s) e Sara Zambaia (Lega) sulla necessità di tenere in maggiore considerazione, sia a livello di studio e comunicazione dei dati, per esempio per quanto riguarda la pandemia, sia a livello di ricerca, le variabili e le eventuali criticità legate al genere.

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