I SENATORI ITALEXIT : «VUOLE SACRIFICARE IL FUTURO DI 700 LAVORATORI PER NON SCONTENTARE L’EUROPA?»
Nella giornata di mercoledì 10 novembre, il Sen. Martelli (Italexit) ha presentato in Senato, insieme ai Sen. Paragone e Giarrusso, un’interrogazione rivolta al Ministro dello Sviluppo Economico per richiedere urgenti aggiornamenti sulla questione Italcomp.
Italcomp è la società che avrebbe dovuto raccogliere l’eredità dell’ex Embraco di Riva di Chieri e dell’ACC di Belluno creando un polo italiano della componentistica per frigoriferi in grado di competere a livello internazionale e, soprattutto, garantire un posto di lavoro ai 700 dipendenti delle due aziende. Il piano strategico, pronto da più di un anno, è stato tuttavia apertamente e ripetutamente boicottato dal Ministro Giorgetti, che in un’occasione ne ha addirittura negato l’esistenza: «Il dubbio – sostiene Italexit – è che Giorgetti sia pronto a sacrificare il futuro di questi lavoratori pur di non scontentare i diktat dell’Unione Europea contro gli aiuti di Stato alle imprese. Italcomp avrebbe infatti bisogno di fondi pubblici nella fase di avvio, dal momento che le banche inizialmente coinvolte si sono tirate indietro usando come scusa la grave condizione di instabilità globale. Questa possibilità ha subito allarmato i burocrati europei e infastidito il governo dell’Austria, ove ha sede un altro produttore di compressori: a questo punto c’è da chiedersi se Giorgetti vuole ancora fare gli interessi del suo “caro vecchio Nord” oppure se ha già giurato eterna fedeltà a Bruxelles».
Italexit ha quindi concluso con una riflessione sulla situazione del nostro Paese: «Da 30 anni in Italia manca una qualsiasi strategia di sviluppo industriale. Oggi come non mai, lo Stato avrebbe tutto il diritto di tornare a ricoprire un ruolo da protagonista e decisore nelle sorti dell’economia. Si stanno giocando partite importantissime nello scacchiere internazionale in tema di energia, innovazione, mobilità e ricerca scientifica: non si può assolutamente pensare di affidarsi solo all’iniziativa privata, relegando lo Stato a soggetto passivo che al massimo paga la cassa integrazione quando i progetti falliscono».
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