Stefano Lo Russo, sindaco di Torino

Astensionismo patologico, vittorie e sconfitte a Torino

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IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

L’astensione  dal voto al ballottaggio di quasi il  60 per cento dei torinesi  è forse il dato più evidente e anche  più preoccupante perché rivela una crisi democratica profonda che evoca quasi i “ludi cartacei”  di mussoliniana memoria. La gente non ha più fiducia nei politici e nei partiti e ha deciso di astenersi. E protesta astenendosi dall’andare ai seggi. Damilano tra il primo e il secondo turno ha perso ben 8000 voti. Una scelta pienamente legittima.

Già al primo turno la disaffezione al voto era evidente, ma essa è diventata macroscopica al ballottaggio e non c’è neppure la scusa del fine settimana al mare in quanto esso si è svolto in autunno. I due candidati non hanno saputo appassionare ,anche se la competenza e l’apparato esperto e collaudato  di Lo Russo hanno avuto la meglio sulla inesperienza, in verità un po’  boriosa, di Damilano che credeva di vincere al primo turno e non ha evitato l’ineleganza di avere prima eletta nella sua lista la cugina, una caduta di stile senza precedenti. Si è notata anche la differenza di cultura politica, amministrativa e giuridica  tra un docente del Politecnico e già assessore e un ragioniere ed imprenditore che ha insistito, ripetendolo come un mantra di essere figlio di un partigiano, pur essendo alleato dei nipoti dei reduci di Salò che certo non hanno apprezzato questo costante richiamo ad una scelta che riguardava il padre, ma non necessariamente il figlio. Io ho conosciuto ad esempio,  figli di partigiani diventati ferventi neo- fascisti. Mi auguro che il nuovo Sindaco, che mi sembra persona seria e non incline alla demagogia, sappia partire dal fatto che il consenso  con cui ha vinto è nei fatti molto limitato, anche se ha stravinto  in termini percentuali su Damilano che continua a vantare un 12 per cento di consensi personali, una percentuale troppo esile per consacrarlo leader. Se posso dire, Lo Russo deve guardare all’esempio di Castellani e di Fassino e non a Chiamparino che si montò la testa per aver battuto Buttiglione, la peggiore candidatura del centro-destra che oggi esce a pezzi e clamorosamente battuto. Senza le capacità del federatore Berlusconi , esso è un’alleanza perdente in partenza perché conflittuale e perché guidata da persone senza carisma, anzi senza la benché minima qualità politica. Mi auguro che Lo Russo sappia aprirsi anche a chi non l’ha votato come seppe fare Fassino e mi auguro altresì che tenga a bada gli estremisti di sinistra che lo hanno sostenuto al ballottaggio come Angelo D’Orsi che si ritiene il nuovo Gramsci. Ci sono dei moderati che possono guardare a Lo Russo con simpatia soprattutto per la sua esperienza e per la sua cultura. Ma dev’essere chiaro che la prima

Paolo Damilano

condizione è  quella di mantenere fuori dalla maggioranza e da ogni incarico i grillini che hanno paralizzato la Città per cinque  anni e che Lo Russo ha combattuto coerentemente  in Consiglio Comunale, mentre il centro – destra si rivelò del tutto inesistente, anche per le persone che lo rappresentavano e sulle quali è meglio stendere un velo pietoso. La parabola di Damilano ha avuto termine e forse la cosa migliore che potrebbe fare è quella di rinunciare al seggio e di tornare a dedicarsi con successo ai suoi affari. Sarebbe impensabile un Damilano bis tra cinque anni in una situazione politica che c’è da sperare possa cambiare radicalmente.  Si troverebbe insieme a persone del tutto disomogenee.  Vorrei dire  con franchezza a Damilano  (che non ho mai avuto il piacere  di conoscere  di persona)  che il compianto Domenico  Carpanini, straordinario leader dell’opposizione al Pentapartito in Comune, passava i sabati e le domeniche a studiare le delibere in discussione il lunedì in Consigli , un lavoro ciclopico a cui Damilano non sarebbe mai disposto (e lo capisco e lo giustifico) a sottoporsi. Fare l’opposizione è cosa ardua e difficile  che richiede un impegno che solo Carpanini  seppe mettere in gioco, anche a scapito della serenità  della vita famigliare, come era tipico dei vecchi comunisti che mettevano il partito al primo posto  della loro vita. Mi spiace che tre miei amici abbiano gettato  inutilmente tempo, disinteresse personale  ed autentica  passione  civile a sostegno di Damilano. Quei miei amici, ma anche altri, rigorosamente non eletti, potrebbero essere una speranza per il futuro. Sono invece contento che i trasformisti che erano nel listino di Chiamparino e passarono dalla parte opposta, siano rimasti clamorosamente battuti. Quegli alleati dell’ultima ora hanno fatto perdere voti a Damilano che ha pensato per un momento di essere diventato  un federatore come lo fu  Berlusconi, che è stato un esempio inimitabile  e non ripetibile.

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