Quindici dipinti di Pier Francesco Guala (1698-1757) e una pala d’altare attribuita ad Aimo Volpi (1491-1528) sono stati recuperati, a conclusione di un’articolata attività investigativa, dai Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale di Torino, coordinati dalla Procura della Repubblica di Vercelli.
I dipinti, che ritraggono i maggiori esponenti della famiglia Scarampi, erano in origine incassati nelle pareti – e assicurati a esse con apposite cornici di stucco – del salone d’onore del castello di Camino (la prima costruzione risale all’XI secolo).
Gli ultimi intestatari però, prima di vendere la proprietà, li hanno sottratti e scambiati con fotografie ad alta definizione e di pari dimensione, tanto da indurre in inganno gli ignari visitatori della prestigiosa dimora nobiliare, sottoposta a vincolo amministrativo dal 1937, in quanto di interesse storico e artistico particolarmente importante.
I Carabinieri, in collaborazione con i funzionari della Soprintendenza Archeologia e Belle Arti e Paesaggio delle Province di Alessandria, Asti e Cuneo, oltre a rivelare la sostituzione delle opere, hanno documentato la violazione delleprescrizioni inerenti il vincolo di legge sull’immobile, poiché le opere pittoriche, inscindibili dal contesto architettonico, in particolare dalla sala di cui erano parte integrante e principale attrattiva, non potevano essere distaccate senza autorizzazione.
Le tele originali, di notevole valore storico-artistico ed economico, sono state rinvenute nel corso delle indagini all’interno di un’abitazione privata di Milano e sequestrate su decreto emesso dall’Autorità Giudiziaria vercellese.
Anche la pala d’altare, attribuita ad Aimo Volpi, è stata sostituita con una pittura raffigurante l’Assunzione della Vergine.
Il trittico raffigura la Crocifissione di Cristo: sin dal 1950 è inseparabile dall’edificio e definita “immobile per destinazione”. Nel 2014 è stata sottoposta a procedimento individuale per il riconoscimento dell’interesse storico–artistico, essendo tra lepoche opere a testimoniare la modernità e la ricchezza delle scelte artistiche durante il Cinquecento nel Monferrato.
L’opera è stata rimossa dall’altare della cappella gentilizia del castello senza l’autorizzazione della Soprintendenza e venduta, nel 2017, a un acquirente svizzero al prezzo di 100.000 euro. Il tempestivo intervento dei Carabinieri ne ha consentito il ritrovamento in un laboratorio di restauro lombardo da dove, smembrata, era in procinto di essere trasportata all’estero.
Su disposizione del Tribunale di Vercelli, le quindici tele sono state confiscate e restituite alla Soprintendenza, che effettuerà gli opportuni interventi di tutela e valorizzazione.
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