Tragedia del Mottarone: alla ricerca della cause

Un drammatico e tragico evento annichilisce l’apertura domenicale e la voglia di libertà negata fino ad oggi causa pandemia. La funivia che da Stresa conduce fino alle pendici del Monte Mottarone è precipitata nel vuoto togliendo la vita a 14 dei 15 passeggeri presenti in quel momento in cabina.

L’unico superstite è un bimbo, in gravissime condizioni, ricoverato al Regina Margherita di Torino, l’Ospedale di riferimento per i piccoli futuri uomini. Fin qui la cronaca. Da qui in poi le perizie, le responsabilità, la dinamica dei fatti, le cause e le conseguenze. Sui fatti indaga la procura e, da lontano, in assenza di sopralluoghi diretti, possiamo soltanto supporre delle ipotesi tecniche sull’accaduto.

Ciò che si conosce dalle ultime ricostruzioni e dalle informazioni dei principali telegiornali nazionali è che la causa del tutto sia stato il cedimento della fune traente della cabina nel tratto in salita alla stazione di Mottarone.

Per i non addetti ai lavori, anche se ormai sono cose riportate da ogni voce giunta sul luogo dell’incidente, proviamo a fare chiarezza su cosa sono e come funzionano questi sistemi di trasporto a fune.

Il pensiero di queste nozioni mi porta indietro nel tempo, molto indietro. Da studente all’ultimo anno di ingegneria, al Politecnico di Torino, avevo preso la specializzazione in Trasporti e Strade, Ferrovie e Aeroporti. All’interno di quel pacchetto di esami avevo inserito anche gli impianti a fune, proprio quelli del tipo di cui oggi parliamo, e ricordo che, all’Esame di Stato, uno dei temi della nostra specializzazione era proprio il progetto di un impianto a fune. Argomento che toccai ancora da vicino quando, qualche anno fa, venni chiamato dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Torino a fare da commissario agli Esami di Stato per la sezione trasporti e un tema d’esame che proponemmo riguardava proprio questa tipologia di impianti.

La funivia oggetto di studio è del tipo a “va e vieni. Le funivie a va e vieni sono impianti a fune ideali per terreni impervi. In questo sistema, le cabine viaggiano in servizio alternato tra le stazioni terminali e vengono movimentate da una fune traente. Normalmente scorrono su una o due funi portanti e, in alcuni casi possono essere monofuni.

Per essere più chiari si immagini un sistema in cui una (due nel caso di specie) corda ancorata ai due poli con particolari sistemi (si spiega il concetto, non la tecnologia ovviamente) trattiene il peso della cabina con i passeggeri mentre un’altra fune, detta traente,“tira” letteralmente la cabina verso la stazione a monte. Non me ne vogliano i puristi e gli altri colleghi ingegneri per la estrema semplificazione ma è per meglio permettere la comprensione del concetto della struttura del sistema. Stando alle dichiarazioni, se veramente si fosse tranciata la traente, sarebbe venuta a mancare la forza motrice e quindi la cabina avrebbe cominciato a ridiscendere il pendio in senso opposto a quello di progetto (in quel tratto la percorrenza è in salita verso la stazione di monte). Conoscendo gli impianti ci si aspetterebbe che il freno di emergenza, in assenza di altri fattori di segnalazione delle eventuali anomalie, intervenga e freni la cabina fino ad arrestarla e permettere l’intervento dei soccorsi in sicurezza, seppure in emergenza. Invece, la più triste e angosciante delle ipotesi si avvera e, oltre ai sistemi di monitoraggio, anche il freno di emergenza non interviene. La cabina scivola sempre più velocemente all’indietro fino a impattare il traliccio appena percorso, venendo quindi sbalzata fuori dai cavi di sostegno. Come riportano le Autorità intervenute sul luogo questi i due motivi principali dell’evento: rottura del cavo traente e mancato funzionamento del freno di emergenza che, pare, sia invece intervenuto sulla cabina a valle, in discesa, la quale, infatti, si è fermata appesa al cavo portante. La prima cosa che verrebbe da pensare è la manutenzione che questi impianti devono subire per essere eserciti in sicurezza. Da questo punto di vista posso assicurare che la normativa di settore è molto severa ed è anche applicata con diversi e importanti livelli di controllo. Altro punto fondamentale è che la funivia è stata sottoposta nel 2016 a importanti lavori di manutenzione da Azienda leader mondiale nel settore per la progettazione e la realizzazione di questo tipo di sistemi di trasporto a fune. Non solo, l’ultima verifica dei cavi e delle funi è avvenuta a novembre scorso. Eppure, è successo. Accavallamento della traente sui rulli o lungo la scarpata dell’ultimo sostegno, sensori di controllo che non rilevano anomalie di funzionamento, fune che si rompe…questo è un elemento importante per poterne comprendere meglio le cause. Si è tranciata di netto, quindi per effetto di un oggetto contundente capace di tanto oppure la rottura è da ricercarsi in una impalmatura della fune che ha ceduto? Un altro elemento da verificare è se il cedimento della fune sia stato causato dall’arresto del sistema (blocco della ruota a valle o di qualche elemento/ingranaggio non perfettamente lubrificato) per cause ancora da definire con il motore che, funzionando a pieno regime, abbia sforzato a tal punto da stressare la fune fino a farla cedere, sottoponendola ad una tensione maggiore rispetto alle sue capacità meccaniche. Supposizioni al buio evidentemente…però. Tre tipi di cavi: quello traente, quello portante e quello di soccorso. Il cavo portante è fisso, realizzato interamente in trefoli di acciaio, ancorato nelle due stazioni di monte e di valle. Anche l’anello portante è realizzato in trefoli di acciaio e si muove in senso orario e antiorario mentre il carrello è la struttura che tiene la cabina ancorata al cavo ed è agganciata al cavo portante. Revisione nel 2016 eseguita dalla Leitner costata quattro milioni di euro. Controlli non distruttivi recenti sulle funi (esame magnetoscopico ad esempio) che non fanno rilevare difetti o non conformità. Sistemi di controllo lungo la linea e sul quadro comando che non rilevano anomalie di alcun genere. Cavo traente che si rompe. Freni automatici che non intervengono. Sembra impossibile che non ci sia stato un segnale di cedimento e che tutta la catena tecnica di controllo e comando di emergenza non sia intervenuta per spezzare la continuità di questa drammatica vicenda. Veramente umiliante, per un tecnico, non riuscire a rispondere o a fare supposizioni su una tragedia così sconvolgente. Rimangono i luoghi comuni di queste morti che, forse si potevano evitare. Errore umano nelle varie fasi della manutenzione delle strutture e dei sistemi elettronici ed elettromeccanici, eventi atmosferici particolari (fulmini), mancanza dei controlli, atto doloso (da elencare ma, speriamo, sicuramente da escludere)? Non possiamo rispondere, oggi, ma rimaniamo in attesa che la Procura di Verbania, incaricata delle indagini, faccia il suo lavoro con la speranza che tutte queste morti bianche, dal Ponte Morandi, alle morti sul lavoro, non vedano sommarsi le altre morti delle vacanze. In questo caso tutto si può dire ma, stando alle prime informazioni, non che fosse una tragedia annunciata.

Ing. Massimo Rivalta

Consulente del Giudice
Presidente ANIMAC

Associazione Nazionale Installatori e Manutentori Aria Compressa

 

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