“Celti, fate e altre storie nella tradizione popolare piemontese”

LIBRI   Fra storia, leggende, arte e archeologia prosegue l’indagine sulle radici preromane del Piemonte nel nuovo libro della torinese Donatella Taverna

Ritorna in libreria. Ritorno felice e più che mai gradito. E che bello ripercorrerne la passione e la compiutezza e la curiosità delle indagini e degli studi che sempre troviamo nelle sue pù recenti opere dedicate a sondare (attraverso le numerose tracce, ancora oggi ben vive, lasciate dalle antiche popolazioni celtiche o da quei Salassi fondatori di Eporedia-Ivrea o dalle genti che abitavano la Gallia dalla Provenza fino alla Bretagna) le antiche radici preromane del nostro Piemonte.

Parliamo di Donatella Taverna – scrittrice, giornalista, notissima critica d’arte e organizzatrice di mostre e convegni in Italia e all’estero – e del suo ultimo libro, edito ancora una volta per i tipi di “Atene del Canavese” e dedicato a “Celti, fate e altre storie nella tradizione popolare piemontese”. Un centinaio abbondante di pagine e una suggestiva prima di copertina in cui “navigano” le figure, la presenze e le forme tanto misteriose quanto rigorosamente perfette realizzate da Luisa Porporato, il volume della Taverna continua idealmente la serie di studi di carattere storico-folklorico-antropologico già sviluppato nei precedenti “L’ombra d’argento”, “Trittico al femminile” e, pochi mesi fa, in “Esseri misteriosi della tradizione popolare piemontese”. L’idea nasce, ancora una volta, “dal lavoro di ricerca – spiega la Taverna – che negli ultimi dieci anni circa ho svolto sulla tradizione popolare della nostra regione, cioè su ritualità, tracce fiabesche o mitologiche di genti lontane, resti archeologici spesso sottovalutati o dimenticati, e tutto ciò che mi pareva rischiasse l’oblio, pur costituendo ancora in parte la radice profonda del nostro quotidiano, una specie di tesoro sepolto da riportare in luce”. “Credo che in Piemonte – prosegue – resti ancora moltissimo da scoprire e da disseppellire.

Ho notato un aumento di interesse all’incirca nell’ultimo decennio, periodo in cui si sono studiate archeologicamente anche aree come il Canavese occidentale o le valli di Lanzo, oltre agli studi già approfonditi sui substrati rappresentati da popoli quali gli Stazielli, i Bagienni e i Merici, già oggetto di mostre e comunicazioni anche in anni recentissimi”. Meandri profondi dell’avventura umana localizzata in un territorio ben preciso, caro a Donatella, che in quegli anfratti narrativi s’intrufola con esperta competenza e quella voglia di scoperta che non guasta mai, lasciandosi accalappiare con enorme piacere (per lei e per noi) fra storia, leggende, arte ed archeologia. In prima istanza, per la sua stessa formazione, familiare e di studi: “Per approfondire argomenti come questi – spiega – ci vuole una formazione piuttosto strutturata. Nella mia infanzia ha agito molto la presenza di un padre illustre scultore appassionato anche di archeologia e di una madre pittrice e appassionata di storia; più avanti, la scuola di specializzazione in archeologia orientale a Torino, nel periodo glorioso in cui vi insegnavano Gullini e Invernizzi. Ancora oggi tutto questo rappresenta gran parte del mio presente e delle mie passioni, insieme a un bisogno istintivo di conservare la traccia di tutto ciò che è avvenuto, eventi e soprattutto persone”.

Il libro, magnificamente illustrato da artisti di fama nazionale, si articola in sei capitoli più un’appendice (illustrata da un pesce fantastico di Giovanni Macciotta evocante il “disseppelimento” di realà fossilizzate in leggende dalle remote origini) e narra, fra l’altro, di regine benigne o perfide, del Grande padre Serpente che rappresenta una spiegazione della creazione del Mondo così come della leggenda di Mezzomerico della Chioccia d’oro e dei suoi sviluppi longobardi, per arrivare alla storia della fata-sirena Melusina ( fondatrice della casata dei Lusignano ) fino alla narrazione delle grandi città perdute del Piemonte – Bessinia, Mazzé, Caristium e altre – distrutte dai Romani, “fiabesche o sommerse come l’antica Atlantide”, di templi dimenticati, di megaliti con poteri magici e così via. E la storia continuerà? “Non lo so: certo mi piacerebbe, e certo- conclude Donatella – sto trovando altro materiale. Dipenderà dalla pazienza del pubblico e soprattutto da quella del mio attuale editore, che ha lavorato in modo straordinariamente attento, amicale e solerte, con una ideazione grafica a mio avviso ottima”.

Gianni Milani

– Guido De Bonis: “Gli idoli del mare bretone”
– Cover illustrata da Luisa Porporato
– Giovanni Macciotta: “Senza titolo”
– Donatella Taverna

 

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