IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Lo storico Gianni Oliva, uno dei più lucidi studiosi che abbia oggi l’Italia , ci ha richiamato ad un aspetto del tutto sottovalutato nella riflessione sugli anni piombo: le responsabilità morali della lotta armata, evidenziando le complicità e gli ammiccamenti verso il terrorismo che si manifestarono in Italia negli Anni 70.Oliva parla di una “verità etica“ che va oltre a quella giudiziaria e a quella storica.
Con grande onestà intellettuale ricorda la sua personale partecipazione ai cortei in cui si urlava la violenza e arriva a scrivere che nessuno di quei giovani può dirsi completamente innocente, anche se non ha mai sparato, non ha mai scagliato le molotov o i cubetti di porfido. E’ vero che hanno una qualche responsabilità morale e anche politica perchè – contrariamente a quanto è stato autorevolmente detto- non è affatto vero che non ci siano stati dei nessi tra ‘68, autunno caldo e la stagione successiva della violenza terroristica. L’ultrasinistra è nata nelle università in fiamme e nelle fabbriche in cui il sabotaggio era considerato più che legittimo legittimo. C’è stato un rapporto evidente tra la iniziale violenza verbale e il ricorso progressivo alla teorizzazione e alla pratica della violenza più o meno rivoluzionaria . Fino ad un certo punto lo stesso Pci che fu un prediletto bersaglio di certa contestazione , non ha avuto almenoper un certo tempo le idee chiare su cosa stava accadendo. Alcuni suoi iscritti finirono nelle Br. Sarebbe persino fastidioso ricordare i “compagni che sbagliano“ e le “sedicenti Br”, ma anche quelle frasi appartengono a quella storia. Mi ha stupito apprendere una vulgata ufficiale sul ‘68 che non credo corrisponda al vero. Certo non va criminalizzata la contestazione in quanto tale, ma la sua esaltazione acritica suscita qualche lecito dubbio. Non è possibile scindere il ‘68 rispetto a quanto accadde dopo perché per una parte di contestatori la militanza, ad esempio, in Lotta Continua fu una scelta naturale e scontata. Oliva ,parlando di verità etica, mette in evidenza che anche chi non ha commesso reati, ha una qualche responsabilità, una responsabilità che non si può giustificare con il giovanilismo degli anni formidabili. Aver indossato o non indossato l’eskimo fa una qualche differenza.
Ma certo non si tratta solo di responsabilità giovanili. Un libro coraggioso come “L’eskimo in redazione “ di Michele Brambilla rappresenta una testimonianza che ha un indiscusso valore storico perché la più grossa responsabilità morale la ebbero i cosiddetti intellettuali a partire dai firmatari del manifesto contro Calabresi per giungere a quelli che pazzamente teorizzarono “Ne’ con lo Stato ne’ con le Br”. I Carlo Casalegno e i Walter Tobagi che denunciarono la violenza che stava montando e pagarono con la vita furono pochi . Anche certa borghesia radical – chic simpatizzò con il terrorismo e l’esempio non solo di Gian Giacomo Feltrinelli lo sta a dimostrare . Il teorizzare che la violenza del sistema imponeva il ricorso alla violenza fu più frequente di quanto si creda. E venne incredibilmente dimenticato da molti che la violenza eversiva in un regime democratico è sempre ingiustificabile e che il richiamo ad una nuova Resistenza in nome di un presunto tradimento di quella vera, fu un errore in cui caddero anche studiosi come Guido Quazza per citare il più noto e autorevole. C’è un libro che non ha avuto la dovuta diffusione ed e ‘ stato boicottato perché documentava verità scomode: “La zona grigia “ di Massimiliano Griner che ebbi il piacere di presentare in una sala molto affollata, in assenza del volume che la casa editrice non aveva incredibilmente fatto arrivare. In quel libro con rigore storico si documentano le responsabilità etiche e non soltanto etiche di intellettuali, professori, cantanti, giornalisti, avvocati, magistrati, sindacalisti. In una parola ci furono cattivi maestri e cattivi allievi che furono protagonisti di una stagione nella quale il sonno della ragione genero ‘ mostri che misero in pericolo le libere istituzioni. Ma anche molto tempo dopo la fine del terrorismo, ad esempio Roberto Saviano, nel 2004 aderì ad un manifesto a favore di Cesare Battisti da cui si dissociò successivamente. Erri De Luca ha collezionato dichiarazioni allucinanti non solo su Battisti che il magistrato Armando Spataro definì un”assassino puro”.
Ci sono pagine recenti che fanno davvero rabbrividire. La mia scelta liberal-democratica che data dal 1967 mi preservo ‘ dalle seduzioni della violenza. Forse ha giocato in primis la formazione che ho avuto nella mia famiglia, ma giunto all’Università ,mi legai subito ad Aldo Garosci , mitico combattente antifascista , ma altrettanto fermissimo anticomunista Fu lui a preservarmi dal virus dell’estremismo. Poi arrivo ‘ il Centro Pannunzio nel 1968 e la mia vita prese una piega che mi condannò ad una certa serietà fin dall’adolescenza. Non ebbi nessun merito particolare a non fare certe scelte . Pagai qualche prezzo a non seguire la corrente , ma non mi lamento . Sento, senza vantarmi di nulla, sia chiaro, di aver fatto ciò che era più coerente con la mia famiglia liberale . Ho commesso anch’io molti errori che non ripeterei più, ma ho anche un qualche piccolo orgoglio nel dire che ho sempre cercato di servire le libere istituzioni. Il giuramento solenne che ho pronunciato quando sono diventato professore ordinario di fronte al Tricolore, non fu per me una mera formalità come per tanti colleghi che obiettavano su quel giuramento, ma fu un impegno che ho cercato di mantenere negli anni.
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