Quali sono gli effetti psicologici del Covid-19?

La pandemia da Covid-19 che stiamo vivendo sta provocando diverse conseguenze dal punto di vista psicologico, a prescindere che si contragga o non si contragga il virus.

Viviamo in uno stato di costante allerta, avvolti nell’incertezza di un futuro che non riusciamo ad immaginare e confinati all’interno dei nostri rifugi domestici non sempre così sicuri, come dimostra il significativo incremento delle chiamate effettuate al numero 1522 (numero antiviolenza da comporre per richiedere aiuto o segnalare casi di violenza domestica): questo stile di vita, che snatura gli elementi essenziali di un’esistenza funzionale, ci sta richiedendo un forte spirito di adattamento che spesso dobbiamo pagare a caro prezzo in termini di benessere psicologico.

In questo scenario così complesso, risulta evidente come un evento pandemico possa causare numerosi effetti anche sul piano della psiche.

Spesso il malessere provato dalle persone viene descritto come uno stato costellato da molteplici sensazioni confuse, in cui albergano prevalentemente emozioni di ansia, tristezza, abulia e frustrazione, spesso apparentemente immotivato e al quale le persone non riescono a dare un significato preciso.

L’emozione che ricorre con maggiore frequenza è la paura del contagio, che può portare a sperimentare stati d’ansia più o meno intensi; a quest’ansia si può poi aggiungere quella che nasce dall’incertezza verso un futuro che non riusciamo ad immaginare, soprattutto se si vive già in una situazione economicamente precaria; inoltre, i cambiamenti adattivi che abbiamo dovuto affrontare all’interno delle nostre giornate possono ulteriormente incrementare lo stato d’ansia, portando a sperimentare una sensazione di irrequietezza causata dalla mancata possibilità di utilizzare le proprie risorse in modo funzionale poichè viviamo ricorrentemente confinati all’interno delle nostre case.

Quest’ansia spesso ci accompagna fino al momento del sonno e spesso ne conseguono difficoltà ad addormentarsi, frequenti risvegli notturni e veri e propri cambiamenti nei ritmi sonno-veglia fino a sperimentare il bisogno di dormire durante il giorno.

Inoltre, questo confinamento domiciliare può provocare frustrazione e rabbia per l’impossibilità di vivere la vita secondo i propri bisogni, soprattutto in quelle persone che in questa condizione si sentono ostacolate nel raggiungere degli obbiettivi personali e/o lavorativi.

Un altro aspetto molto importante è caratterizzato dall’impossibilità di mantenere una vita sociale significativa e dal dover ricorrere ai dispositivi digitali per sopperire a tale mancanza, ritrovandoci costantemente connessi e disponibili digitalmente ma emotivamente sempre più svuotati e carenti: un vuoto affettivo non trascurabile provocato proprio dalla mancanza della presenza fisica dell’altro e dall’impossibilità di poter vivere quello scambio di sensazioni ed emozioni che caratterizzano e rendono unici gli incontri di persona.

Ed è proprio in questo vuoto affettivo che le nostre emozioni si sono appiattite sino a diventare assenti, dal momento che non è più possibile poter celebrare dignitosamente né la vita, né la morte: compleanni, funerali e ogni sorta di cerimonia che segna un momento di passaggio per le nostre vite viene a sterilizzarsi emotivamente incrementando il senso di vuoto e di tristezza. In alcuni casi, come accade per molti matrimoni, l’evento stesso viene rimandato ad una data ipotetica, generando smarrimento e delusione.

In queste giornate accompagnate dallo stesso ritmo, dove la musica sembra quasi sospesa, ci mancano quegli spazi e quelle abitudini “rigeneranti” cui eravamo soliti nei momenti di tempo libero e lo stress ha assunto sempre più un ruolo da solista all’interno delle nostre sinfonie.

Pertanto, è importante trovare dei momenti e degli spazi vitali che diano un significato alle nostre giornate, sfruttando al meglio tutto ciò che la nostra creatività ci suggerisce.

Ora più che mai è necessario resistere dal lasciarsi andare alla rassegnazione, la pandemia ci richiede di pazientare ancora un po’ e di continuare a costruire speranza, soprattutto verso quelle generazioni più giovani che di questo evento traumatico ne conserveranno a lungo la memoria.

Irene Cane

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