La giornata per le vittime del Covid evoca una sconfitta

Nessuno avrebbe  mai pensato nel 1917 di dedicare una giornata alla rotta di  Caporetto . I nostri nonni attesero Vittorio Veneto nel 1918 per festeggiare la Vittoria del 4 novembre.

In questa Italia  “scombinata“, come la definiva Salvemini, tutto è diventato possibile, anche le assurdità più incredibili. Ricordare nel pieno della pandemia con centomila mila vittime e una media di 500 morti al giorno con una giornata dedicata alle  Vittime del Covid con particolare riferimento a quelle  di  un anno fa con gli effetti macabri e terribili dei camion  carichi di morti a Bergamo appare una vera e propria follia . Un disastro di questo genere , tutt’altro che finito , andrebbe dimenticato dalla retorica occasionale  , perché si è conficcato in modo  indelebile nelle nostre vite e nelle nostri menti nei nostri ricordi più sconvolgenti .” Non urlate“ più scriveva disperato Ungaretti, rivolgendosi a chi esaltava ,alzando la voce,  le giornate della guerra civile perché i morti vanno rispettati con il silenzio e ,aggiungo io, con la preghiera dei credenti . Basta giornate in ricordo di tragedie . I giorni disponibili sono solo 365 e sono quasi tutti occupati dalle giornate più strampalate. Questa nuova giornata del 18 marzo che evoca il disastro del COVID e’ una scelta sbagliata . Servirà a ricordare , ad imperitura memoria , il presidente Conte , il ministro Speranza , il presidente lombardo e il suo tragicomico  assessore . Ogni 18 marzo  ricordero ‘ questi nomi  infausti per la storia italiana e per la nostra vita che è uscita stravolta dal vedere quei camion pieni di morti. Noi abbiamo bisogno di guardare avanti, non sopportiamo più discorsi commemorativi, abbiamo necessità di luce e di vita , non di chiacchiere più o meno paludate che creano terrore , depressione , addirittura altri morti che non hanno più la forza di vivere così.
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