“Se un colosso che vale come il Pil italiano sfrutta i lavoratori”
“Nei magazzini Amazon i lavoratori raccontano di controlli ossessivi e pressioni intollerabili, mentre ai driver vengono consegnati fino a più di 200 pacchi per un turno di nove ore, con 110-120 fermate al giorno. Le misure di sicurezza, che dovrebbero diventare stringenti in tempi di Covid, sui furgoni utilizzati in modo promiscuo non sono sufficienti” – dichiara il Capogruppo di Liberi e Uguali Verdi in merito allo sciopero indetto per il 22 marzo, quando per la prima volta in tutta Italia (e nel mondo) si fermeranno per 24 ore i lavoratori e le lavoratrici dell’intera filiera produttiva della multinazionale Amazon.
Da chi il pacco lo consegna, a chi ancora prima lo prepara per la spedizione a bordo di furgoncini, la catena conta più di 40.000 tra dipendenti diretti, interinali e autisti, per circa un milione di pacchi che ogni giorno viaggiano lungo il Paese.
I sindacati chiedono ritmi e carichi di lavoro sostenibili, la stabilizzazione dei precari e dei lavoratori interinali, il rispetto delle normative sulla salute e sulla sicurezza, continuità occupazionale per tutti i lavoratori nel caso in cui cambi l’appalto o il fornitore. Eppure, il tavolo di confronto con Amazon è fermo.
Oggi i vertici di Assoimprese e Confetta scrivono a Cgil, Cisl e Uil chiedendo di revocare lo sciopero e parlano di “reciproca comprensione” e della ricerca di un “giusto equilibrio” che eviti lo scontro.
“Con che coraggio” – prosegue Grimaldi – “ci si appella al ‘giusto equilibrio’, di fronte a una multinazionale che nel 2019 ha guadagnato 4,5 miliardi di euro, pagato al fisco italiano 11 milioni (quanto un’azienda di medie dimensioni) e si permette ancora di sfruttare i lavoratori? Un colosso che vale come il Pil italiano e che, grazie ai lockdown che hanno bloccato i negozi tradizionali, durante la pandemia ha visto le sue vendite salire del 40% in pochi mesi e raddoppiare il suo valore di borsa. Nel frattempo, la crisi Covid ha fatto slittare il primo versamento della web tax da parte delle big tech. Per fortuna” – conclude Grimaldi – “lo sciopero ci sarà e questa lotta avrà ragione d’essere fino a quando di giusto equilibrio non si potrà parlare, davvero”.